La questione delle nomine del Gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni (Nitag) è diventato un boomerang per la maggioranza. Dopo la retromarcia decisa dal ministero della Salute, Orazio Schillaci, si sono rese evidenti le fratture interne all’esecutivo sul tema dei vaccini. Se Forza Italia ha accolto bene la decisione di Schillaci, il partito di Giorgia Meloni, e la stessa premier, giudicano molto negativamente la revoca delle nomine. Per Fratelli d’Italia, il ministro ha agito colpevolmente in maniera autonoma, non tenendo conto del parere della maggioranza e senza confrontarsi con Palazzo Chigi, tanto che la presidente del Consiglio si sarebbe molto infastidita. Dalle pagine de La Verità filtra anche la notizia che il ministro, rimasto isolato, abbia pensato alle dimissioni. E che solo l’intervento del presidente della Repubblica lo abbia dissuaso.
La principale colpa di Schillaci, secondo una parte consistente della maggioranza, è quella di non aver difeso i due “scienziati indipendenti”, il pediatra Eugenio Serravalle e dell’ematologo Paolo Bellavite. Sono i loro profili ad aver maggiormente acceso la polemica sulle nomine di Schillaci, visto che in passato entrambi hanno difeso posizioni critiche nei confronti dei vaccini, compresi quelli contro il Covid. Le proteste della comunità scientifica, e il clamore mediatico che si è creato intorno alla vicenda, hanno messo pressione al ministro, che ha scelto infine di “avviare un nuovo procedimento di nomina dei componenti” del comitato sui vaccini. Senza però, denuncia FdI, confrontarsi con nessuno.
Secondo quanto filtra, Schillaci ha ignorato gli avvertimenti di diversi componenti del partito di governo. Da Elisabetta Gardini, vice capogruppo di Fdi alla Camera, a Lucio Malan, presidente del gruppo Fdi al Senato, passando da Galeazzo Bignami, capogruppo Fdi alla camera, Marco Lisei, presidente della Commissione Covid, e Alice Buonguerrieri, capogruppo Fdi della commissione Covid. Come anche quelli di alcuni membri della Lega, come Claudio Borghi e Alberto Bagnai, della Commissione Covid, e il sottosegretario di Palazzo Chigi Giovanbattista Fazzolari. Secondo quanto riportato da La Verità, questo accerchiamento avrebbe portato Schillaci alla decisione di voler lasciare il suo ruolo. Ma Sergio Mattarella avrebbe rifiutato le dimissioni dell’ex Rettore di Tor Vergata. Che l’eventuale abdicazione di Schillaci non sia un’ipotesi così sgradita al governo lo dimostra anche l’editoriale di Mario Giordano, pubblicato dallo stesso giornale, nel quale – dopo una serie di prese in giro – vengono ampiamente caldeggiate le dimissioni del ministro: “Ora però, caro ministro, per cortesia, già che c’è non potrebbe firmare senza leggere anche un altro documento? Non abbia timore: lei come sempre non sa che cosa fa. Ma noi sì. Sono le sue dimissioni”.
“Non è un bellissimo spettacolo vedere una sorta di compiacenza del ministero verso diktat di ricercatori per alcuni dei quali sinceramente da docente universitario ho difficoltà a capire la piena rilevanza scientifica”, ha commentato a Repubblica Alberto Bagnai, che insieme a Borghi aveva difeso le nomine di Serravalle e Bellavite. “Non so quanto sia critica la loro posizione nei confronti dei vaccini tout court – evidenzia -. Serravalle ha espresso con molta misura delle cautele rispetto alla vaccinazione Covid in età pediatrica e la letteratura scientifica Usa e la prassi anglosassone gli stanno dando ragione. Dalla commissione Covid, inoltre, emerge un inno alla prudenza verso chi ha posizioni molto oltranziste”. “D’altra parte, quelli che negli anni Dieci venivano banalizzati come No Euro mettevano in guardia contro l’austerità. Poi abbiamo visto come è andata a finire. Starei attento ad aggredire voci dissenzienti”, prosegue. “Perché prima nominarli e poi sconfessare la propria decisione? Non lo so – prosegue -. Proporli per ritirarli è un assist a persone la cui legittimazione scientifica è spesso scarsa, i cosiddetti paladini della scienza”. Ora la commissione va fatta rispettando “i principi di equilibrio e apertura al dibattito”, conclude.
Simile la posizione del collega di partito e di commissione, Claudio Borghi: “Quello di Schillaci è stato un errore, l’ho ripetuto in tutte le salse. Così viene legittimato ogni tipo di starnazzamento da parte del Partito democratico”, ha dichiarato al Corriere della Sera. “È stata una decisione politica, spinta da una raccolta di firme senza valore. Anche se quelle 30 mila firme raccolte in un sito farlocco, dove può iscriversi chiunque, fossero state certificate alla fine non varrebbero nulla”, evidenzia. “Schillaci ha fatto tante scelte coraggiose, come il no al trattato sulla pandemia dell’Organizzazione mondiale della sanità. In questo caso non aveva neppure l’appoggio del suo partito, Fratelli d’Italia. Rimango ancora più perplesso”, prosegue. Secondo Borghi “stiamo facendo tanto rumore per un organismo consultivo del cui parere il ministero della Salute potrebbe fregarsene – rimarca -. In ogni contesto è necessaria la presenza di diversi punti di vista sennò che significato ha nominare un gruppo di lavoro? E sui vaccini da discutere c’è, eccome. Ha visto che cosa è successo negli Stati Uniti?” domanda Borgi, che poi conclude: “Il dibattito è apertissimo, tanto che il ministro della Sanità è Robert Kennedy che ha rotto gli schemi coinvolgendo voci pro e contro. Così bisogna fare, altrimenti nominiamo dei cori dove cantano tutti insieme, altro che il Nitag”.