di
Alessandra Coppola e Mara Gergolet
Sull’Ucraina il presidente francese chiede un vertice a 4 che includa anche l’Europa. E con il cancelliere tedesco insiste sulla necessità di fermare prima il conflitto
DALL’INVIATA E DALLA CORRISPONDENTE
PARIGI-BERLINO Prima in tre, poi in quattro. Se gli europei sono a Washington con il presidente Volodymyr Zelensky è per non restare esclusi; perché si parla sì di guerra russa all’Ucraina, ma anche — soprattutto — di noi. E il premier francese Emmanuel Macron lo sottolinea: «L’idea di un incontro trilaterale (Trump-Putin-Zelensky, ndr) è fondamentale, è l’unico modo per risolvere la situazione. A seguire ci vorrà un incontro quadrilaterale, perché se parliamo di sicurezza si parla anche di quella del continente europeo». La condizione, però, per un incontro, dice Macron, e con lui il cancelliere tedesco Friedrich Merz, è una tregua sul campo: «Al prossimo vertice vogliamo vedere un cessate il fuoco». Il britannico Keir Starmer parla di un possibile «passo storico» per l’Ucraina e la «sicurezza dell’Europa».
Erano arrivati a Washington con i ruoli di poliziotto cattivo e poliziotto buono, alla fine l’immagine al tavolo è di un’Europa unita in questa fase iniziale di trattative. Soprattutto nel voler contare.
Macron — che alla vigilia si esprimeva con grande diffidenza nei confronti della volontà di pace di Mosca e con un’apertura cauta sulle intenzioni degli Usa — si è ritrovato a elogiare l’ospite Donald Trump: «Tutti coloro che sono seduti a questo tavolo sono a favore di una pace robusta e duratura, da anni abbiamo lavorato in questa direzione». Con Francia e Germania, l’Italia, la Gran Bretagna, la Finlandia, la presidente della Commissione Ue e il leader Nato.
Le preoccupazioni nei confronti della diplomazia americana da Parigi restano, dietro le quinte continuano a considerarla incostante come «un battello ebbro» (dalla poesia di Rimbaud). Del resto il capo della Casa Bianca era partito per l’Alaska promettendo un cessate il fuoco ed era rientrato alla base convinto della necessità di un’intesa globale. La linea di Putin. Adesso l’asse Macron-Merz sembra aver riportato la trattativa sulla carreggiata iniziale, «rimediando» almeno in parte al summit di Anchorage.
Il presidente francese in particolare si era dato il ruolo di tenere il punto. Con protagonismo, certo, come sospettano gli italiani. Ma anche con la sincera convinzione che l’espansionismo russo vada arginato. Ampio movimento di braccia domenica al briefing con la stampa nella residenza estiva a Bormes-les-Mimosas: è possibile che Zelensky faccia delle dolorose concessioni territoriali, se crede; il ruolo di Parigi e delle altre capitali occidentali è quello di garantire la sicurezza dell’Ucraina. Come? Non basta, secondo l’Eliseo, una sorta di articolo 5 del Trattato Nato, la soluzione all’italiana: intervento in caso di attacco. Serve «sostanza», diceva Macron: «Un esercito ucraino robusto che dovremo dire noi europei e americani come formeremo, equipaggeremo e finanzieremo perché duri». Serve definire i contorni di una «forza di rassicurazione», per garantire la tenuta della pace. Stivali sul terreno, forse, più probabilmente difese aeree e tecnologiche. O addirittura — come ipotizzano alcuni analisti — il peso del deterrente atomico franco-britannico?
Merz ha adottato dall’inizio un approccio più morbido. Dacché si è insediato, ha provato in ogni modo a tenere ancorati gli Stati Uniti all’Europa. La Germania, però, sa bene che l’aspetta un compito immane: quello del primo finanziatore dell’esercito ucraino. Per questo, il cancelliere s’impegna su tre direttrici. Un’azione diplomatica, anche simbolica, centrata però su una tregua come chiede Zelensky. Sabato scorso ha detto di voler proporre alla Casa Bianca che il vertice a tre Putin-Zelensky-Trump «si svolga in Europa». Ci vorrà fantasia e ingegno, visto che su Putin pende il mandato d’arresto internazionale, «ma abbiamo delle idee». In secondo luogo, occorre convincere l’America a fornire l’intelligence — come ieri Trump sembra aver confermato — perché senza i suoi occhi gli europei non sono in grado di offrire difesa aerea a Kiev. In terzo luogo, si comincia a pensare alle truppe da terra. Ufficialmente, la Germania le esclude: ma Merz non dovrebbe aver problemi in Parlamento, se si arrivasse a votare un intervento.
Così, parlando a turno davanti ai microfoni di Trump — secondo ruoli «multilaterali» che solo noi ormai pratichiamo — gli europei hanno provato a raddrizzare l’incontro in Alaska, chiedendo di poter decidere sulla propria sicurezza. Martedì in videoconferenza spiegheranno ai 27, convocati dal presidente del Consiglio Ue António Costa, quali linee sono state varcate e quali difese.
18 agosto 2025 ( modifica il 18 agosto 2025 | 23:38)
© RIPRODUZIONE RISERVATA