Proprio in questo giorno, nel 1837, fu presentato il dagherrotipo, processo inventato da Jacques Daguerre sulla base delle idee di Niépce, autore del primo scatto della storia. Dopo l’arrivo del digitale e l’Intelligenza artificiale, questo settore è entrato in una nuova era, con grandi migliorie ma anche deepfake
Oggi è la Giornata mondiale della fotografia, che cade il 19 agosto di ogni anno. In questa ricorrenza il globo celebra l’arte della fotografia allo scopo di promuovere la consapevolezza sul suo valore come forma di espressione artistica e strumento per preservare la memoria storica e culturale dei popoli e dei loro Paesi. Il primo scatto fotografico risale al 1826: si chiama Veduta della finestra a Le Gras, opera di Joseph Nicéphore Niépce. A essere ritratto, come suggerisce il nome, era il panorama visibile dallo studio del fotografo, con vari tetti e fabbricati edilizi. La qualità dell’immagine è ovviamente molto povera, con contorni poco nitidi e messa a fuoco inadeguata. Ma è stata un’opera rivoluzionaria, che ha cambiato la storia dell’umanità.
“Veduta dalla finestra a Le Gras” di Joseph Nicéphore Niépce
Perché si festeggia il 19 agosto
È tuttavia Jacques Daguerre a essere riconosciuto universalmente come l’inventore del processo fotografico, chiamato “dagherrotipo”, nato dall’idea di Niépce e di suo figlio Isidore. Questo processo venne presentato al pubblico presso l’Académie des Sciences e l’Académie des Beaux Arts dallo scienziato François Arago. Era il 19 agosto 1837: è per questo che, ogni anno, nel medesimo giorno, si è deciso di celebrare la Giornata mondiale della fotografia. Come funzionava il dagherrotipo? Si impiegava anzitutto una lastra di rame, sulla quale veniva applicato elettroliticamente uno strato d’argento. La lastra andava esposta entro un’ora, e per un periodo variabile tra i 10 e i 15 minuti. Durante lo sviluppo, che avveniva mediante vapori di mercurio a circa 60 gradi, le zone precedentemente esposte alla luce diventavano biancastre. Infine arrivava il momento del fissaggio conclusivo, tramite una soluzione di tiosolfato di sodio che eliminava gli ultimi residui di ioduro d’argento. Il dagherrotipo ebbe un successo travolgente, perché rendeva accessibile a tutti – o quasi – il ritratto, allora riservato a quanti potevano permettersi l’opera di un pittore.
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I rischi dell’Intelligenza artificiale
Con l’avvento del digitale, ma soprattutto dell’Intelligenza artificiale, la fotografia è entrata in un’altra era completamente diversa da quella analogica. Ed è per questo che gli esperti, sempre più spesso, mettono in guardia dai rischi che possono derivare dall’impiego delle nuove tecnologie in questo settore. Partiamo dal primo rischio, il più evidente: la manipolazione delle immagini che conduce ai deepfake. Con questo termine si intendono foto (ma anche video, o file solo audio) generati o modificati usando l’Ai. Basandosi sull’input umano, le funzionalità d’apprendimento automatico dell’Ai le consentono di adattarsi in base ai dati che forniamo. Come spiegano i siti specializzati, quando si caricano foto su generatori di immagini basati sull’Ai si può perdere il controllo su come tali immagini vengono utilizzate. Tra le informazioni che inconsapevolmente possiamo fornire alla piattaforma, ci sono la posizione in cui ci troviamo, dettagli che possono far desumere l’ambiente in cui si vive, il nostro status socioeconomico, il nostro stato di salute e addiritrura le persone che frequentiamo (il riconoscimento facciale tramite Ai può infatti identificare le eventuali persone nella foto).
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Le conseguenze
Come denunciato dalle testate internazionali e dagli esperti del settore, il deepfake può portare a rischi per la democrazia, derivati principalmente dalla disinformazione basata su immagini completamente false. Come, del resto, ben sintetizzato da Nina Jankowicz, ricercatrice e autrice, nonché ex direttrice esecutiva del Consiglio per il controllo della disinformazione degli Stati Uniti sotto la presidenza di Joe Biden, in un intervento a Sky TG24: “Ora c’è una democratizzazione dell’Ai, qualcosa che prima era solo accessibile a persone molto qualificate è diventato accessibile praticamente a tutti, anche pagando una piccola quota online. Tali strumenti permettono di creare dei deepfake molto convincenti. Sfortunatamente, non siamo ancora arrivati a un punto in cui il watermark – che dovrebbe mostrare se qualcosa è stato alterato o no digitalmente – è molto diffuso”. E ancora: “Arriveremo a un punto in cui le persone non si fideranno più di quello che vedono. E questo può essere idealmente ancora più nocivo degli stessi deepfake, perché queste persone saranno portate a non credere più a nulla”.
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Le opportunità
Sebbene i rischi etici (e non) dell’Ai nella fotografia siano chiari, bisogna riconoscere che l’Intelligenza artificale offre anche strumenti che, se utilizzati in modo responsabile, possono migliorare significativamente il lavoro dei fotografi. Lo spiega in maniera dettaglia la Iapp, ossia l’Associazione internazionale dei fotografi che lavorano per la stampa. “Uno dei vantaggi più immediati dell’Ai risiede nella semplificazione dei flussi di lavoro”, spiegano. I fotografi “spesso tornano dal proprio lavoro con centinaia o migliaia di immagini. Gli strumenti di selezione basati sull’Intelligenza artificiale possono analizzare il contenuto, la composizione, la messa a fuoco e persino gli spunti emotivi nei volti per suggerire quali sono gli scatti d’impatto. Questo accelera il processo di selezione, consentendo ai fotografi di dedicare tempo” ad altre fasi del proprio lavoro. Non solo: “L’Ai svolge un ruolo significativo anche nell’automazione dei tag e nella generazione dei metadati. Invece di inserire manualmente descrizioni, posizioni e timestamp, l’Ai può generare automaticamente metadati accurati”. Un sistema che “migliora anche la reperibilità delle immagini in vasti archivi digitali”. “Un altro ambito in cui l’Intelligenza artificiale offre risultati promettenti è il ripristino e il miglioramento delle immagini . Ad esempio, gli strumenti di Ai possono ridurre la sfocatura da movimento nelle riprese di movimenti rapidi, correggerendo le scarse condizioni di illuminazione” e “migliorando le immagini a bassa risoluzione quando i file originali sono compromessi”. Ma, spiega l’Iapp, “è importante che tali strumenti siano utilizzati in modo trasparente, senza alterare il contenuto fattuale della foto”.
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