L’art. 32 della Costituzione afferma: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti…». La salute quindi è di tutti. Occorre pertanto riorientare il Servizio sanitario nazionale verso l’universalismo, l’equità, la gratuità perché oggi sta perdendo queste caratteristiche non riuscendo più a rispondere ai bisogni della comunità. Oltre 4 milioni di persone rinunciano alle cure per le lunghe liste di attesa, per l’impossibilità di far fronte alle spese con il ricorso al privato.
Dopo la pandemia è apparsa evidente la necessità di passare da una logica protezionistica ad una fondata sul prendersi cura, in particolare delle fragilità. Il sistema ha mostrato tutta la sua vulnerabilità. Serve una sanità pubblica territoriale, una medicina di prossimità, capace di prevenire il più possibile il ricorso all’ospedale, riservato alle acuzie.
Piano B per rigenerare l’Italia, lanciato da Becchetti, Bruni, Collicelli, Giovannini, Magatti ed altri, ha individuato nel paradigma relazionale il centro di un nuovo modello sanitario, fondato su complessità, sussidiarietà, generatività, sostenibilità. Il nuovo approccio è basato sulla persona e sulla relazione. Il settore della sanità è uno dei primi da prendere in considerazione, insieme a lavoro e transizione energetica, data la rilevanza per la vita di tutti, persone, famiglie, comunità, territori. La tutela della salute è infatti uno dei pilastri fondamentali per la salvaguardia della dignità, del benessere sociale, della giustizia, del diritto al lavoro, dello sviluppo equo e sostenibile.
Dopo la conquista del Servizio sanitario nazionale nel 1978, siamo andati incontro ad una serie di fallimenti. È venuto meno l’universalismo, è aumentato il malessere sociale e psichico date le profonde inadempienze del sistema. È cambiata la domanda di salute, sono intervenuti profondi cambiamenti negli assetti sociali. Registriamo l’invecchiamento della popolazione e crescenti solitudini; la frammentazione sociale e l’indebolimento delle relazioni umane; il crescente individualismo con forme di egoismo corporativo autoreferenziale.

La complessità sociale rappresenta una sfida nuova. Sono nel frattempo, con l’aziendalizzazione della sanità pubblica, prevalsi modelli economicistici, invasione della politica nella gestione, paradigmi che hanno allontanato il settore dagli obiettivi costituzionali. In particolare, sono prevalsi: il paradigma biomedico dello scientismo burocratico, dello sviluppo tecnologico disordinato a danno della relazione terapeutica; il paradigma economicistico che mette al centro il controllo della spesa trascurando l’attivazione di risorse spontanee attivabili; il paradigma burocratico- istituzionale con la separazione delle funzioni, con la contrapposizione tra pubblico e privato, egoismi professionali, sprechi e duplicazioni.

La proposta di Piano B è quella di ricomporre i segmenti del sistema attorno al paradigma relazione. La salute infatti è un evento di senso nella vita di una persona, di una comunità, basato sulla relazione curato-curante. Si tratta allora di passare dalla prestazione alla presa in carico, alla medicina pro-attiva, di narrazione, al budget e progetto di salute della persona, a partire dagli stili di vita. Dobbiamo lavorare a livello micro sulla relazione terapeutica, a livello meso attraverso il monitoraggio della domanda di benessere e di relazionalità nelle Case della comunità, a livello macro nella direzione di One Health, Global Health, con la salute in tutte le politiche nella cooperazione planetaria.

L’esperienza del processo partecipativo spontaneo, dal basso, nelle Marche ed altrove, dopo la pandemia, dimostra che è  possibile avviare processi di trasformazione della realtà, di prendersi cura delle fragilità con una medicina di prossimità. La mission consiste nell’informare, formare, far prendere consapevolezza a cittadini, loro associazioni, amministratori locali, medici, infermieri, dirigenti di Aziende sanitarie territoriali, della necessità di una rivoluzione culturale nel campo della sanità pubblica territoriale.
Si tratta di un patto tra cittadini, società civile organizzata, politica, professionisti ed esperti per rinnovare il Servizio sanitario nazionale. Le reti di associazioni del Terzo settore in campo sociosanitario evidenziano che la messa a terra delle Case della Comunità rappresenta un’occasione di grande cambiamento sulla base del DM 77, nato dalla drammatica esperienza del Covid 19. È possibile tornare tra la gente ascoltando i bisogni, costruendo con metodo partecipativo nuovi centri misurati sulle peculiarità ed esigenze dei territori.
La sanità è da trasformare per fronteggiare le esigenze di una comunità di pazienti che è molto cambiata rispetto al passato e che cambierà ancora entro il 2050. Bisogna ripartire dal territorio, dalla presa in carico della comunità, del cittadino e rendere la Casa primo luogo di cura, e l’ospedale per le acuzie integrato con il territorio per una presa in carico collettiva.
Il tema delle Case della Comunità ex DM 77 merita un approfondimento successivo.