Patrick Coorey ricorda i giorni passati a Jerez nel 2010 con Michael Schumacher

Il ritorno di Michael Schumacher in Formula 1 con Mercedes, nel 2010, fu preceduto da un test a Jerez tanto segreto quanto discusso. Per valutare le sue condizioni fisiche, dopo anni lontano dalle corse e un grave infortunio al collo, il tedesco salì su una monoposto di GP2. A seguirlo da vicino fu l’ingegnere australiano Patrick Coorey, oggi team manager in Formula E con Jaguar, che ha raccontato a The Race i retroscena di quell’esperienza unica.

Nel dicembre 2009, mentre lavorava per il team Super Nova in GP2, Coorey ricevette una telefonata inaspettata da Ron Meadows, team manager Mercedes. “Ci dissero che uno dei loro piloti aveva bisogno di girare per ritrovare la forma. Quando sentii che si trattava di Michael Schumacher pensai: ‘wow, incredibile’. Nessuno voleva seguirlo come ingegnere, io alzai subito la mano,” ricorda.

Il test, però, sollevò subito forti polemiche: in GP2 le regole prevedevano parità assoluta di prove e pneumatici tra i team. Per questo la vettura fu modificata e colorata con una livrea neutra, così da non favorire Super Nova nella stagione 2010.

Dopo giorni frenetici a preparare una monoposto “ibrida”, Coorey incontrò Schumacher per il fitting del sedile a Brackley: “Era ancora con la tuta Ferrari, un po’ surreale. Ross Brawn seguiva tutto da vicino, c’era un’atmosfera speciale.”

L’obiettivo era chiaro: verificare la resistenza del collo del campione. “Michael voleva spingere forte, simulare carichi vicini alla F1. Montammo più downforce del normale per aumentare le sollecitazioni,” racconta l’ingegnere.

Il maltempo complicò il test, che durò tre giorni con pista bagnata quasi sempre. Ma Schumacher non perse occasione di stupire.

Michael Schumacher GP2 Jerez 2010Fonte: The Race.com
Un professionista incredibile

“Era incredibilmente preparato. Potevo parlargli di differenziale, ammortizzatori o mappature: sapeva tutto. Era tecnico quanto un ingegnere,” dice Coorey.

Una scena rimase impressa nella sua memoria: “Michael disse di avvertire un piccolo ‘gradino’ nella parte bassa della mappatura dell’acceleratore. Guardando i dati non si vedeva nulla, poi con un’analisi più dettagliata trovammo davvero una micro-irregolarità, quasi invisibile. La precisione dei suoi sensi era incredibile.”

Anche la mancanza del servosterzo della GP2 lo mise alla prova: “Voleva una sensibilità chirurgica sul volante. Modificammo l’assetto per aiutarlo. Guidava con la precisione di un chirurgo.

Schumacher uomo, non solo campione

Oltre alla sua straordinaria professionalità, colpì anche l’aspetto umano. “Prima di salire in macchina era riservato, quasi freddo. Dopo i primi giri tornava sorridente, rilassato, a suo agio. Era evidente quanto fosse felice di essere di nuovo in macchina. Per lui la monoposto era un’estensione naturale, non solo fisica ma anche emotiva.”

Coorey conclude con una riflessione che riassume l’essenza del Kaiser: “Era tutto ciò che avevi sentito dire su di lui e anche di più. Un professionista totale, ma anche un uomo capace di trasmettere passione ed energia al team.”

Quel test di Jerez fu solo un preludio: poche settimane dopo, Schumacher debuttò con la nuova Mercedes al fianco di Nico Rosberg. Ma quelle giornate di pioggia in Andalusia, tra segretezza e tensione, restano un frammento speciale della carriera del sette volte campione.

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