La recente e tragica vicenda che ha coinvolto il collega dott. Antonio Blagano’, il cui corpo senza vita è stato rinvenuto in circostanze che ancora attendono chiarezza, ha profondamente scosso tutta la nostra comunità medica.
Non sappiamo ancora se la sua scomparsa sia legata a un gesto volontario, a un malore improvviso o, ipotesi che non possiamo escludere, a un’aggressione.

Ma questa tragedia ci impone una riflessione urgente: la vulnerabilità in cui quotidianamente viviamo noi medici di continuità assistenziale (ex guardia medica).

Ogni giorno ci rechiamo nelle postazioni, spesso isolate, senza le minime misure di protezione.
Molte sedi non hanno videocitofoni, né telecamere per monitorare l’accesso. Non esistono porte blindate, doppi ingressi o cancelli di sicurezza: talvolta basta una semplice spallata per sfondarle. I telefoni, spesso obsoleti, non mostrano nemmeno l’ID del chiamante, rendendo impossibile identificare chi ci contatta.

Noi medici apriamo la porta a sconosciuti, fidandoci che dall’altra parte ci sia solo chi ha bisogno di aiuto. Ma la cronaca ci insegna che non sempre è così. Nelle postazioni sarebbe indispensabile la presenza di un vigilante.
Siamo professionisti che scelgono di esserci, anche nei giorni e negli orari più difficili, per garantire assistenza sanitaria. Ma non possiamo continuare a farlo in queste condizioni di esposizione e solitudine.
Chiediamo che questa tragedia non resti solo una notizia di cronaca nera, ma diventi l’occasione per un impegno concreto delle Istituzioni: investire in sicurezza significa tutelare noi, ma soprattutto i cittadini che assistiamo.
Perché garantire cure significa prima di tutto garantire un ambiente sicuro a chi le presta.

Giuseppe Dodaro
Medico di continuità assistenziale