di Valentina Santarpia
Fisica e narratrice di meccanica quantistica, racconta la scienza nei libri e in teatro: «Andai a vivere da sola a 16 anni. Sono dovuta diventare subito grande, adesso sul palco torno bambina. Mai avuto il desiderio di maternità»
«È dall’inferno che nascono gli eroi»: è questo il mantra di Gabriella Greison, 51enne laureata in fisica nucleare, ex ricercatrice all’École Polytechnique di Parigi, divulgatrice scientifica, autrice di 13 libri longseller che si sono trasformati in altrettanti spettacoli teatrali. Ha letto i suoi testi a San Francisco, Zurigo, Vienna, è stata inserita da Forbes nell’elenco delle 100 donne del 2024 ed è diventata punto di riferimento, anche grazie al suo attivismo social, per tutti quei ragazzi e quelle ragazze (soprattutto) che ambiscono a entrare nel mondo stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica).
Qual è l’inferno per la rockstar della fisica quantistica?
«L’inferno è stata la mia famiglia disastrata, ho avuto la stessa storia di Ema Stokholma, una madre violenta e genitori separati, sono andata ad abitare praticamente da sola a sedici anni. Per questo appena vedo i ragazzi delle ultime file, quelli che fanno casino, quelli del 4 in condotta, simpatizzo subito con loro, so che c’è del potenziale».
Come ne è uscita?
«Ho fatto un grande lavoro su me stessa, ma poiché sono diventata grande subito, adesso divento bambina sul palco. Ma non ho mai avuto il desiderio di maternità, mi piacciono tutti i ragazzi che incontro ma non ne voglio uno mio, e, che bello, non mi devo giustificare».
Perché è tornata in Italia e ha iniziato a raccontare la scienza?
«Perché quando ero piccola avevo la passione per le cose piccole, smontavo gli oggetti per capire cosa ci fosse dentro, in terza media ho fatto la tesina sulla bomba atomica e mi sentivo una gran figa, ma facevo domande a tutti e faticavo ad avere risposte. Quando sono tornata dall’estero avevo voglia di far vedere alle ragazze che non esisteva solo il maestro Manzi, vecchio, dietro alla lavagna, ma che esistevano anche donne preparate che potevano diventare un modello di riferimento».
Lo è diventata?
«Non lo so. Non spetta a me dirlo. Ma se ogni tanto una ragazza mi scrive che dopo avermi vista si è iscritta a fisica o ha fatto coming out o si è messa quel vestito che “non osava”, allora forse sto facendo qualcosa di buono».
A proposito di vestiti, quello che ha indossato prima di partire per la cerimonia di laurea dell’università di Messina, che si teneva al teatro antico di Taormina, ha destato scandalo.
«Pare proprio di sì. Io ho portato la mia voce, il mio cervello e un bel discorso da tenere tutti incollati, e sono partita con un vestitino verde estivo che mi metteva allegria, e la metteva anche a chi avevo intorno. Il mondo brucia, i ghiacciai si sciolgono, l’intelligenza artificiale ci legge nel pensiero… e a loro sconvolge una donna che parla di scienza con un bel décolleté? Ma sul serio?».
Cosa ha turbato secondo lei gli haters che le hanno scritto insulti e commenti sessisti sui social?
«Il fatto che una donna possa parlare di fisica quantistica senza ricordare un uomo, e quindi senza chiedere il permesso. Che possa salire su un palco, spiegare la funzione d’onda e Schrödinger, e intanto avere le tette. Ops».
Ma lei ha reagito, e ha risposto a tutti:
«Certo, come dicevo prima: dall’inferno nascono gli eroi. Se parli apri dei varchi, chi ti legge può avere l’opportunità di guardare lateralmente le cose. Dal vivo erano tutti entusiasti del mio discorso, la rettrice, i prorettori, i professori, i ragazzi, il cardinale: perché chi non sapeva nemmeno cosa avrei detto sentiva il bisogno di giudicarmi? Il punto è che nel 2025 una donna bella può parlare di fisica quantistica, emozionare una platea, e scegliere da sola cosa mettersi, anche se è scollato, anche se distrae. Si chiama choc culturale».
Lei ha sottolineato che il suo discorso era molto più provocante del suo vestito…
«Certo, è così, è quella la vera bomba. Perché ai neo laureati, indossando un bel vestito rosso anche più scollato, ho detto quello che avrei voluto sentirmi dire io nel giorno della laurea. Ovvero che per loro è arrivato il momento di fare la rivoluzione, andare oltre certe frasi: è andata sempre così, mettiti in coda, allineati al pensiero comune… Io invoglio i ragazzi alla fantasia, all’ironia, a cercare la loro strada non adeguandosi, ma creando il mondo che hanno in mente. Ma dico anche loro che devono studiare, che il palco si guadagna, che non devono sentirsi legittimati a rimanere ignoranti solo perché ci sono così tanti ignoranti al potere».
Non era la prima volta che gettava la bomba?
«No, in tutti i sensi, anche per il dress code. Quando sono andata all’inaugurazione del Politecnico di Torino, indossavo un tailleur con una canottiera che mi scopriva la pancia. Le ragazze si vestono così, se me la devo coprire io “per decenza”, come scrivono alcuni, se la dovranno coprire anche loro. Quando mi dicono che nei laboratori chiedono alle ragazze di legarsi i capelli, o togliersi i tacchi, divento pazza: non dobbiamo, altrimenti cadiamo nel tranello dell’ingiustizia».
Quanto lavoro c’è ancora da fare perché una donna parli di fisica senza che gli altri pensino solo al suo corpo?
«Tanto. Ma almeno ora lo fanno mentre ascoltano anche la fisica. È già un piccolo upgrade. Poi magari un giorno arriveremo al livello in cui penseranno alle equazioni e basta. Ma lì ci serve il teletrasporto».
Ma del suo aspetto fisico possiamo parlare?
«Certo, io dico sempre che si può parlare di tutto, anche del mio fisico, purché non ci si riduca solo a quello. Ho partecipato ai campionati italiani di nuoto, vado 4 volte a settimana in palestra e per me lo sport è stato fondamentale, insieme alla fisica è quello che mi ha permesso di volare.
Fino a poco tempo fa mi davano 35 anni, adesso 37, devo preoccuparmi?». Ride.
Cosa si può fare per spingere il processo di emancipazione reale delle donne?
«Smettere di chiamarla “emancipazione”. Come se fosse una concessione, un permesso speciale. Basterebbe lasciare spazio, smettere di interrompere, e ascoltare senza correggere».
Però ci sono questioni, come il gap degli stipendi, che sono davvero complesse da affrontare senza interventi…
«Infatti va risolto con leggi chiare, trasparenza sui contratti e punizioni per chi bara. E meno “eh, ma lui ha più esperienza” quando si parla di due persone con lo stesso curriculum, solo che uno ha fatto carriera e l’altra ha fatto anche un figlio. Io quando sono invitata nelle aziende a fare speech motivazionali, prendo di più dei miei colleghi maschi. Serve preparazione, punto».
C’è stato mai qualcuno che le ha fatto proposte indecenti celate da proposte di lavoro?
«Sì. E sono sempre gli stessi: ti parlano di “visibilità”, ti chiedono incontri “informali”, e poi finiscono a commentare le tue scarpe. Ogni donna sa leggere quel copione a memoria».
Qual è stato il momento più emozionante della sua carriera?
«Quando sono stata invitata in Cina perché avevano tradotto i miei libri in cinese, da secchiona quale sono mi sono preparata tantissimo perché il mio discorso fosse adatto alla loro cultura. E poi ogni volta che faccio uno spettacolo dal vivo, non scenderei mai dal palco. L’ultimo è stato Einstein forever, con un quartetto d’archi al femminile che si esibisce nelle musiche che lo scienziato suonava con il violino: tra l’altro, dopo la solidarietà di diverse rettrici per quanto successo, mi è arrivato l’invito a replicarlo al Cern. Ogni spettacolo ha un suo messaggio ed è bellissimo vedere ragazzi che personalmente comprano il biglietto, mi aspettano per la dedica sul libro, e poi mi scrivono quanto aver ascoltato le mie storie ha influenzato le loro scelte di vita».
Le piacerebbe salire sul palco con qualche artista famoso?
«Sì, Gianna Nannini o Piero Pelù, che mi hanno scritto e fatto i complimenti. O Manuel Agnelli. Magari per lo spettacolo che nascerà dall’ultimo libro che sto scrivendo: uso la fisica quantistica per raccontare il mio percorso spirituale, un’esperienza molto intima».
Qual è stata invece la circostanza in cui si è sentita poco rispettata?
«Ogni volta che parlo in pubblico e qualcuno scrive “bella ma arrogante”, oppure “brava però si veste così così”. Come se la valutazione professionale passasse dall’abito. Il rispetto, in certi ambienti, ancora deve imparare a non travestirsi da moralismo».
CHI E’
La vita
Gabriella Greison è nata a Milano il 12 marzo 1974. Si è laureata in fisica nucleare all’Università Statale di Milano con una tesi sullo studio sperimentale della propagazione di elettroni veloci in una camera a vuoto. In seguito, ha lavorato per due anni presso il centro di ricerche a Palaiseau dell’École polytechnique di Parigi.
La carriera
Giornalista professionista dal 2003, ha lavorato in radio, per diverse testate nazionali e internazionali, è stata autrice e conduttrice di programmi, è divulgatrice di meccanica quantistica. I suoi libri vedono protagonisti i fisici del XX secolo come Dove nasce la nuova fisica, Einstein, Hawking e gli altri alla corte di Solvay; alcuni testi sono stati trasposti in monologhi teatrali di cui è interprete. Con Sei donne che hanno cambiato il mondo, un saggio che racconta le scienziate che hanno segnato la storia, è entrata nella cinquina dei finalisti al Premio letterario Galileo ha vinto la medaglia di bronzo
per la divulgazione scientifica 2018.
19 agosto 2025
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