Lollobrigida e Salvini hanno attaccato il ministro della Salute per la scelta di sciogliere il Nitag. Si pensa alla sostituzione, ma manca un nome adeguato per sostituire l’ex rettore: il sottosegretario, fedelissimo di Meloni, ci crede nonostante le critiche sui conflitti di interessi
Non è ancora il punto di non ritorno, ma è la tempesta estiva che sta scuotendo il governo. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, è diventato il bersaglio di attacchi pubblici, fatto più unico che raro con Giorgia Meloni a palazzo Chigi. Nemmeno l’ex numero uno della Cultura, Gennaro Sangiuliano, nel pieno dell’affaire-Boccia, era stato così platealmente sbeffeggiato.
L’insolita tenaglia Francesco Lollobrigida-Matteo Salvini si è stretta intorno all’ex rettore dell’università di Tor Vergata dopo lo scioglimento del Nitag, il gruppo consultivo sulle vaccinazioni. C’è insomma aria di sostituzione al dicastero di lungotevere in Ripa.
La commissaria Meloni
A palazzo Chigi sfogliano la margherita della controffensiva. Schillaci non è intenzionato a dare le dimissioni. Vuole portare avanti il mandato e lasciare la propria impronta sul rilancio della sanità, potenziando gli organici. L’alta tensione è uno strumento per logorarlo e capire il da farsi. Il problema è che manca un sostituto adeguato.
Non c’è stato l’accordo per trovare una guida all’Agenas, commissariata con Amedeo Cicchetti, figurarsi quanto possa essere difficile portare al timone della sanità italiana un profilo capace di trovare il gradimento del capo dello stato, Sergio Mattarella. Al Quirinale non prenderebbero in considerazione nomi riconducibili a qualsiasi forma di scetticismo sulle vaccinazioni.
Si cerca nell’area dei tecnici, il rischio è quello di ritrovarsi uno Schillaci-bis. Ci sarebbe Andrea Mandelli, presidente dell’ordine dei farmacisti ed ex deputato di Forza Italia. Ma è appunto riconducibile a FI e in materia di vaccini risulta allineato a Schillaci.
Nella girandola impazzita, rimbalza l’idea di un “commissariamento” di fatto da parte di Arianna Meloni che diventerebbe la ministra-ombra attraverso l’attuale capo segreteria del ministro, Rita Di Quinzio, amica da tempo della premier e della sorella. E già molto influente al ministero. Se Schillaci accetta il ridimensionamento allora può andare avanti: dovrebbe rimangiarsi il gesto di autonomia, altrimenti si dovranno cercare altre rotte.
Il sottosegretario Marcello Gemmato non aspetterebbe altro che la chiamata. Era stata già apparecchiata per lui la poltrona da viceministro, che per ora resta vacante. Il doppio salto sarebbe perfetto.
Peraltro, la promozione del sottosegretario può liberare la casella per Andrea Costa di Noi Moderati, in stand-by da mesi: gli avevano promesso una poltrona alla Salute. Solo che abbondano i detrattori di Gemmato.
Il fedelissimo di Meloni, di professione farmacista, è visto come rappresentante di un gruppo di potere. «Il ministero della Salute deve essere realmente un ministero della Salute, non un luogo di affari né di pressioni personali o di lobby», ha già puntualizzato Mariastella Giorlandino, presidente della Uap, associazione che mette insieme ambulatori e poliambulatori, più volte in rotta di collisione con il sottosegretario.
Il doppio affondo
In attesa di una decisione, la tensione resta alta. Lollobrigida ha indirettamente confermato che l’ex rettore dell’università di Tor Vergata non è più gradito. Schillaci? «Ora gode di un ampio consenso anche tra le opposizioni», ha detto con perfidia il ministro dell’Agricoltura in un colloquio con Il Foglio. Il ministro è stato davvero difeso solo da Forza Italia e dalle opposizioni.
Il ministro dell’Agricoltura ha contestato pure il merito della decisione di Schillaci sullo scioglimento del Nitag: «La storia insegna che non sempre il pensiero scientifico dominante è quello giusto».
Insomma, il titolare della Salute avrebbe sbagliato su tutta linea, secondo il ragionamento che trova d’accordo una buona fetta di FdI, compresi i due capigruppo di Camera e Senato, Galeazzo Bignami e Lucio Malan. Si racconta che Bignami sia quello più irritato da Schillaci. Per questo Meloni, nel bel mezzo delle vacanze e di giorni storici per i colloqui di pace sull’Ucraina, ha trovato il tempo di far trapelare l’irritazione verso il ministro della Salute.
A completare l’accerchiamento è arrivato il vicepremier, Matteo Salvini, che ha ritirato fuori le posizioni accondiscendenti con la galassia No-vax: «Schillaci ha deciso di testa sua, prima ha nominato la commissione, poi se l’è autoazzerata. Evidentemente al ministero c’è qualcosa che non funziona».
Schillaci ostenta serenità. Ritiene di aver agito nel rispetto dei suoi principi e il plauso del mondo scientifico lo conforta, rendendo meno amara la guerriglia scatenata da FdI e Lega. Ha accolto con favore il supporto pubblico di Forza Italia e solo se dovesse riscontrare ostilità negli atti concreti, come gli stanziamenti sulla sanità, allora potrebbe fare delle valutazioni.
Ma è l’extrema ratio, che darebbe la stura alle polemiche delle opposizioni. E al fastidio del Colle.
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