Caricamento player

Lunedì è successa una cosa che sui mercati finanziari non si vedeva da vent’anni: lo spread tra i titoli di Stato italiani e quelli francesi è sceso per un breve momento sotto i 10 punti base, per poi chiudere intorno a 14. I titoli di Stato sono strumenti finanziari con cui i governi si fanno prestare i soldi dagli investitori. In questo caso lo spread misura quanto quelli italiani siano considerati rischiosi rispetto ai titoli francesi. Più è alto e più il rischio è percepito come alto, e il fatto che dopo mesi di calo ora sia vicino a zero implica che gli investitori non fanno quasi più differenza tra un titolo di Stato italiano e uno francese.

È una circostanza che fino a poco tempo fa era impensabile. Esattamente un anno fa lo spread tra Italia e Francia era a 65 punti, due anni fa a 115, tre anni fa a 165, e durante la crisi del 2011 arrivò a superare i 400 punti. Il governo italiano si sta vantando di questo risultato, arrivato a suo dire per il successo delle sue politiche economiche. Le cose stanno solo in parte così, e il sostanziale annullamento dello spread è dovuto soprattutto ai problemi dell’economia francese.

Lo si capisce da come si sono mosse negli ultimi mesi le due componenti dello spread, cioè i tassi di interesse dei titoli di Stato italiani con scadenza a 10 anni, i BTP, e quelli dei titoli francesi con stessa durata, gli OAT. Il tasso di interesse stabilisce quanto gli investitori guadagnano per aver prestato i loro soldi a un paese: è tanto più alto quanto più un paese è considerato rischioso e con un’economia instabile.

In termini semplificati, gli investitori chiedono un tasso più alto per compensare in qualche modo il fatto che stanno rischiando maggiormente di perdere i loro soldi. Succede non solo quando l’economia va davvero male – e quindi c’è il rischio concreto di perdere tutto – ma anche quando un governo approva misure ritenute finanziariamente irresponsabili, nei casi di paesi con un debito pubblico già molto alto, come l’Italia, o anche solo quando c’è instabilità politica e quindi incertezza sulle sorti di un paese. Insomma, i tassi aumentano anche quando il rischio è solo ipotetico. Non è un caso che aumentino sempre in periodo di elezioni.

Lo spread si ottiene sottraendo dai tassi dei titoli di Stato italiani quelli dei titoli francesi: la differenza rappresenta quindi una misura della rischiosità relativa, cioè quanto più rischiosa è percepita l’Italia rispetto alla Francia, in questo caso. Solo in un modo si ritiene che lo spread sia una sorta di misurazione della rischiosità assoluta, cioè quando si fa il paragone col tasso di interesse richiesto sui titoli di Stato della Germania, paese ritenuto il più stabile e sicuro, e che rappresenta da sempre un termine di paragone di “rischio zero” (lo spread di cui in Italia si parla più spesso, e di cui si parlò quotidianamente ai tempi della crisi del 2011, è proprio quello in relazione alla Germania).

In ogni caso il calo dello spread può dipendere da due circostanze: perché migliorano le cose per l’economia italiana oppure perché peggiorano per l’economia con cui si fa il paragone. Quello che è successo negli ultimi mesi tra i titoli italiani e quelli francesi è una combinazione delle due tendenze, ma con un certo sbilanciamento verso la seconda: il contributo maggiore al calo si deve al fatto che gli investitori hanno iniziato a percepire più rischiosa la Francia, per la grave instabilità politica degli ultimi tempi e per i problemi di sostenibilità del debito pubblico, e non meno rischiosa l’Italia.

Si vede anche con l’aritmetica. Rispetto a inizio gennaio del 2024, cioè dal punto in cui sul grafico lo spazio tra le due linee inizia ad assottigliarsi, lo spread oggi è più basso di circa 100 punti: 88 dei quali sono dovuti all’aumento dei tassi di interesse dei titoli francesi – che oggi chiedono 0,88 punti percentuali in più di rendimento – e 12 al calo dei tassi su quelli italiani, che chiedono quindi 0,12 punti di rendimento in meno.

È quindi in gran parte falso che questo consistente calo dello spread tra titoli francesi e italiani sia il risultato delle politiche del governo di Giorgia Meloni, come diversi esponenti della maggioranza hanno rivendicato. Ciononostante è vero che il governo ha qualche merito nel miglioramento della reputazione dell’Italia tra gli investitori.

Negli ultimi mesi i titoli di Stato italiani sono andati particolarmente bene sul mercato, e il loro tasso di interesse è sceso molto più di quanto lo abbiano fatto quelli degli altri paesi paragonabili, come per esempio la Spagna. Al punto che il classico spread con i titoli di Stato tedeschi è sceso di recente sotto la soglia dei 100 punti, un livello che non si vedeva da un po’ (e di cui Meloni stessa si è vantata in modo un po’ goffo).

Il merito è solo in parte delle misure in sé del governo, che pure ha avuto un atteggiamento piuttosto prudente nella gestione del bilancio pubblico: gli investitori ritengono più sicuri i titoli di Stato italiani anche per il solo fatto che questo governo stia durando, cosa che dà all’Italia una stabilità politica tanto insolita quanto gradita a chi deve prestargli i soldi. Il governo Meloni è il quarto più longevo da quando esiste la Repubblica italiana.

Detto questo, l’Italia ha ancora lo spread più alto di tutti se si considerano i titoli di Stato tedeschi (più alto anche della Grecia, paese praticamente fallito nel 2011, e della stessa Francia). È così non solo perché ha uno dei debiti pubblici più alti al mondo, ma anche perché la politica italiana nei decenni si è spesso rivelata poco incline a volerlo davvero ridurre.

– Leggi anche: BOT, BTP, BTP Valore: breve guida ai titoli di Stato