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Elvira Serra, inviata a Roma-Militello, e Ilaria Sacchettoni
Amadeus, Placido e Panarello in visita alla camera ardente. Mercoledì 20 agosto i funerali in diretta
Il sindaco Giovanni Burtone trattiene a stento le lacrime, mentre ricorda davanti a un caffè freddo di aver conosciuto Pippo Baudo quando aveva i calzoni corti: «Avevo 10 anni e nella sala consiliare del Municipio gli avevano consegnato una medaglia d’oro per il successo di Settevoci». Correva la fine degli anni Sessanta e Militello in Val di Catania incoronava il suo cittadino più illustre, nato in piazza Sant’Agata al primo piano di un bel palazzotto giallo, dove oggi Salvatore Bonamico mostra a chi lo chiede la stanza con le mattonelle in terracotta porcellanate che hanno dato i natali al Pippo Nazionale.
Il paesino, seimila abitanti in cima a tornanti che attraversano vigne, uliveti e vallate desolatamente bruciate, è pronto per dare l’ultimo saluto all’uomo che, se non ha inventato la tv, ha inventato tanti dei suoi protagonisti. Il lutto cittadino accompagnerà la camera ardente questa mattina dalle 9 alle 13, mentre per la messa celebrata da monsignor Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, sono state scelte ieri le letture dal Libro della Sapienza e dal Vangelo secondo Matteo, con il brano sulle beatitudini. Un maxischermo trasmetterà le immagini a quanti non riusciranno a entrare nel Santuario della Madonna della Stella, dove già ieri era chiusa con le transenne la strada adiacente.
«Non ha mai voluto recidere il suo cordone ombelicale con il paese e la decisione di essere sepolto qui, assieme ai genitori, nella tomba progettata dal professor Giuseppe Pagnano, è qualcosa che mi commuove», prosegue il sindaco ricordando quando si sentirono dopo la proclamazione di Militello «Borgo dei Borghi 2025». «Era stato il suo testamento: mi aveva detto che il cambiamento doveva arrivare dal basso, dai borghi come il nostro. Lui che aveva fatto della tivù uno strumento per unificare il paese, sapeva quanto era importante il contributo delle persone comuni». Per poi azzardare un paragone con Maradona: «Militello sta a Baudo come Napoli al fuoriclasse argentino».
Ma ieri è stata anche la giornata dell’ultimo saluto in camera ardente a Roma, nel Teatro delle Vittorie. Quel «grazie Pippo» appeso nel foyer sembra indicare la via. Nel secondo giorno di camera ardente, l’omaggio si è tradotto in un riconoscimento corale dell’impegno (generoso) del conduttore. Al mattino era arrivato Amadeus per sottolineare: «Uno come Pippo Baudo è irripetibile. Ha fatto la televisione. I suoi Sanremo erano rivoluzionari e i suoi consigli li porto con me come comandamenti». Molti s’inchinano — con ricordi e aneddoti — al fiuto dell’uomo, al suo prodigioso senso dello spettacolo, al talento dell’intrattenitore.
Ha ricordato Michele Placido, attore e regista, impegnato nella realizzazione della serie sul sacrificio del giudice Rosario Livatino: «Mi telefonò quando seppe che papa Francesco aveva voluto questo progetto e mi aveva incontrato. Era curioso e felice che fossi il regista». Lunedì erano stati Fiorello e Carlo Conti a rammentare l’importanza di Baudo. Ieri è toccato a Giorgio Panariello: «Pippo? È il santo patrono del varietà che purtroppo sta un po’ scomparendo e invece andrebbe rivalutato, perché è una forma di spettacolo di cui abbiamo il copyright. Spero che questa scomparsa possa accendere un faro sul varietà che se ne sta andando». E Marco Masini: «Ha cambiato il modo di interpretare la televisione. È stato il primo a fare tutto. Non fosse stato per lui non sarebbe mai uscita la mia canzone Vaffanculo. Lui l’ha sdoganata dandomi la possibilità di farla arrivare a tutti».
Il feretro è partito in direzione Sicilia dal rione Prati sulle note di Donna Rosa. A seguirlo, su un’altra auto, Dina Minna, angelo custode degli ultimi anni.
19 agosto 2025 ( modifica il 19 agosto 2025 | 23:31)
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