Il concerto comincia che non sono ancora scoccate le 21 e 15 e parte con le prime tracce dell’ultimo lavoro, “I’m totally fine with it ???? don’t give a fuck anymore ????“, titolo che manifesta un chiaro disappunto ma che anche è anche la prova che gli Arab Strap hanno ancora tanto da dire.
“Allatonceness”, “Bliss” e “Sociometer blues”, i tre brani che aprono il nuovo disco, spiegano chiaro che agli Arab Strap, questo mondo, così come va, non piace. I brani giocano tra il percepito e ciò che realmente sfugge, che è poi la realtà stessa. Lo fanno portando chi ascolta a confondersi e non capire più se è si è chi guarda o chi fa. Partono quindi arrabbiati i nostri, musicalmente si intende, ma non rassegnati. Anzi. Un album più politico di quanto ci avessero abituati prima, anche se a dirla tutta che mondo vivono e che mondo immaginano non lo hanno mai nascosto neppure prima, sin dagli esordi nel lontano 1997.
Quando si sono affacciati negli anni Novanta con le loro canzoni che raccontavano storie di una piccola comunità che viveva nella periferia industriale di Glasgow, ambientate per lo più al pub o tra delle lenzuola di una camera da letto. Il momento in cui la scena indie scozzese stava emergendo soprattutto grazie a band come Delgados, Belle & Sebastian e Mogwai. Ognuna con una sua proposta musicale ben precisa, ognuna con qualcosa di innovativo da portare. Lo stesso valeva e vale, ancora oggi, per gli Arab Strap che prendono il nome da un modo sbrigativo di chiamare il Viagra, il farmaco dei miracoli.
Canzoni, le loro, mai banali, dove la carne ha spesso il sopravvento sull’anima, che poi inevitabilmente guarda, giudica, si vendica. Canzoni dove l’erotismo ha un suo posto come lo ha nella vita, come lo hanno le bevute, gli amici e le riflessioni su che ci circonda. E questi brani apparentemente minimal tutto attorno nascondono un mondo di suoni e di note, dove l’elettronica è in perfetta sintonia con i tanti strumenti suonati sul palco. Un modo di arrangiare questi brani, con questo tocco che riporta al clubbing più che al pop, ha reso il loro suono unico.
E poi c’è la voce di Aidam Moffat, che si adatta alle canzoni quasi quanto loro si adattano a lei. Brillante come sempre elogia la location, è davvero una meraviglia suonare sotto le stelle con alle spalle, lontane, le luci della città, ma fa notare quanto fastidio dà l’umidità. Ringrazia più volte, anche in italiano, tutti i presenti. «Scusate per il poco preavviso», dice facendo riferimento che la data è stata inserita all’ultimissimo momento. E’ come sempre simpatico e, particolare non da poco, sul palco non si vede una lattina di birra. Solo acqua. Per chi li segue dagli esordi e che ha visto diversi loro concerti, non si può certo non notare. Prima solo birra, ora solo acqua.
Quando parte “Fucking little bastards” l’applauso del pubblico che la riconosce è spontaneo e si sente forte già alle prime note. I dischi da cui pescano di più per questo live che termina alle 23, oltre al già citato ultimo lavoro uscito da poco, ci sono i dischi “Monday at the Hug & Pint” e “Philophobia”, l’album che li consacrò. L’esecuzione di “New birds” di “Islands” sono stati tra i momenti più intensi della serata. Antesignani di The National, ma con possibili parentele anche con LCD Soundsystem che comunque sono arrivati dopo, gli Arab Strap con le loro atmosfere hanno anticipato molto di quanto sarebbe accaduto musicalmente a New York giusto un decennio dopo. Con le loro canzoni d’amore autoreferenziali, fatte di personaggi “comuni” alle prese con i fallimenti quotidiani, con il sesso che non si mischia con l’amore ma guai viceversa, si sono creati uno zoccolo duro di fan che non smette di apprezzarli.
Così, dopo tanti anni, anche interpretando la reazione entusiasta dei presenti, ritrovare Aidam Moffat e Michael Middleton, gli Arab Strap, all’anfiteatro del Venda, è stato davvero un regalo. In una stagione dove in tutta la provincia mai come quest’anno ci sono stati e ci saranno ancora un sacco di concerti da andare a sentire che è impossibile seguire tutto, la performance di ieri notte degli Arab Stap immersi tra i Colli Euganei la si deve per forza annoverare tra le gemme di questa estate.