la graduatoria di milano finanza

Al 110esimo posto i fratelli Bruno, Mario e Sandro. Presenti anche Minali, Bonazzi e la famiglia Riello

Il podio è molto distante e i numeri sono esigui, riflesso di una cultura imprenditoriale veronese che ancora fatica a fidarsi e ad affidarsi alla Borsa. 

Nella tradizionale superclassifica dei «Paperoni» d’Italia stilata, come sempre attorno al periodo di Ferragosto, da Milano Finanza, sono otto le presenze scaligere e, per individuare il primo nome, quello dei fratelli Bruno, Mario e Sandro Boscaini, bisogna scendere alla posizione 110 (lo scorso anno erano alla 100): le loro quote in Masi Agricola al 31 luglio 2025 valgono 107,3 milioni, in calo del 10,7% rispetto al 2024.

Poco più in giù, alla posizione 125 c’è la famiglia Gianolli, che fa capo a Massimo, e che ha scalato 28 posizioni rispetto allo scorso anno: le quote in GeneralFinance (società quotata attiva nel settore finanziario dal 1982) valgono 85,2 milioni di euro e nel giro di 12 mesi sono cresciute del 47,14%. Alberto Minali è una new entry nella classifica, dove occupa la posizione numero 347 grazie alle sue quote in Revo Insurance, che valgono 7,3 milioni. Alla posizione 148 c’è Giulio Bonazzi, veronese, classe 1963, Ceo dell’azienda fondata dai genitori, Aquafil, da sessant’anni leader nella produzione di fibre sintetiche, che oggi ha sede legale ad Ala ed è quotata in borsa: le sue azioni valgono 59,5 milioni. Tra i «Paperoni» veronesi anche alcuni degli azionisti di Creactives Group, società quotata su Euronext Growth Milan – Segmento Professionale, che sviluppa tecnologie di intelligenza artificiale nel campo della Supply Chain: Paolo Gamberoni (le cui quote valgono 5,7 milioni), Francesco Belloni (3,8 milioni) e Corrado Creston (2,6 milioni).

Infine, al 443esimo posto, dieci posizioni più in giù rispetto allo scorso anno, c’è la famiglia Riello (la stessa alla guida di Riello Ups) che detiene quote per 3,3 milioni in Energy, società padovana attiva nell’offerta di sistemi integrati di accumulo di energia, quotata sul mercato Euronext Growth Milan.


Il freno culturale


Otto nomi su un totale di 751 «Paperoni» individuati da Milano Finanza: per rendere l’idea, la vicina provincia di Brescia ne conta 39 a dimostrazione che quello scaligero continua ad essere un territorio che, per tradizione imprenditoriale di un tessuto ancora legato, almeno culturalmente, alla piccola azienda familiare, fatica a intraprendere questa strada, per legami parentali, appunto, costi, trasparenza, difficoltà a dialogare con gli investitori esterni.

Guardando la fotografia nazionale, a guidare la classifica degli italiani con la più grande ricchezza azionaria nelle borse mondiali (non solo Piazza Affari, quindi) si confermano gli eredi di Leonardo Del Vecchio, con 51,6 miliardi di euro. Completano il podio la famiglia Rocca, a capo del colosso di tubi per l’industria energetica Tezenis, con un patrimonio di 9,9 miliardi, e la famiglia Agnelli-Elkann, con 9,5 miliardi in azioni grazie a Exor. 

Giù dal podio il duo Miuccia Prada-Patrizio Bertelli, dell’omonima casa di moda: il loro patrimonio scende sotto i 9,2 miliardi. In risalita la famiglia Doris-Tombolato: gli eredi di Ennio, grazie alle partecipazioni in Banca Mediolanum e Mfe, guadagnano 4,7 miliardi di ricchezza in azioni e ben 6 posizioni in più in graduatoria (fino al nono posto complessivo, all’interno della top ten dei «Paperoni»).

La graduatoria complessiva, consultabile sul sito milanofinanza.it, censisce 751 tra famiglie e imprenditori con patrimoni azionari per 197 miliardi di euro, che corrispondono al 20% della capitalizzazione complessiva di Borsa Italiana.