di
Gaia Piccardi

Probabilmente a Cincinnati tra players lounge, ristorante giocatori e aree comuni circolava un virus, che può essere penetrato nell’ecosistema sinneriano

«Sto per svenire». Quando si è sentito mancare, lunedì nel quinto game della finale di Cincinnati contro Carlos Alcaraz, da guru di se stesso — il tennis gli serve anche a conoscersi sempre meglio — Jannik Sinner ha deciso che era il momento di spegnere i motori. 

La macchina-corpo, analizzata al J Medical di Torino prima della partenza per lo swing americano, è stata efficiente fino all’allenamento di domenica, benché gli occhi più attenti avessero colto i primi segnali di allarme nella semifinale con Atmane. Inutile rischiare. Per uno Slam (vedi Wimbledon con Medvedev e Australian Open con Rune) ci si può spingere negli anfratti più profondi del dolore, per Cincy anche no. Con l’Open Usa, un autunno caldissimo e le belle novità del prossimo futuro da preservare (Jannik è tra i più attendibili candidati all’accensione del braciere olimpico nella cerimonia d’inaugurazione a San Siro dei Giochi di Milano-Cortina, il 6 febbraio 2026, cinque giorni dopo la finale di Melbourne), la scelta conservativa è stata saggia. 



















































Ancora una volta, a 24 anni appena compiuti, da giovane adulto.
Gli otto ritiri in partita a Cincinnati, più Zverev sull’orlo del collasso nella semifinale con Ercolino Alcaraz, stanno a indicare che probabilmente tra players lounge, ristorante giocatori e aree comuni circolava un virus, che può essere penetrato nell’ecosistema sinneriano in occasione delle celebrazioni per il compleanno organizzate dal torneo (impossibile sottrarsi, in quella circostanza) oppure ha covato lento, per poi esplodere domenica notte («Svegliandomi, speravo di stare meglio. Invece ero peggiorato…»). Il giorno dopo, da New York, Sinner — al solito — non chiarisce. Però sdrammatizza: «Non mi sono sentito bene, può succedere. Mi riposo un paio di giorni e poi torno al lavoro».

Il torneo di doppio misto dell’Open Usa, riveduto e corretto nella formula e reso appetibile ai top dal montepremi (un’americanata, diciamocelo), com’era prevedibile è partito senza di lui, le qualificazioni sono scattate con sette azzurri aspiranti-Sinner in tabellone e la buona notizia è che Federico Cinà, 18 anni, ha passato il primo scoglio. Jannik, che al misto aveva fatto un pensierino serio se è vero che aveva chiesto di sondare la disponibilità di Serena Williams (ritirata da tre anni e fuori dai protocolli antidoping del Wta Tour), si è chiuso nel buen retiro newyorkese: il meraviglioso Baccarat Hotel dove l’anno scorso aveva festeggiato con hamburger e patatine, in una blindatissima suite all’ultimo piano, la conquista dell’Open Usa. C’erano il cantante Seal, l’ex fidanzata Anna Kalinskaya, che aveva baciato in mondovisione. Sembrano passati dieci anni, invece sono trascorsi quasi dodici mesi e altri due titoli Slam, per un totale di quattro.

Inizia quindi da mid-town Manhattan, dirimpetto al MoMa, la corsa contro il tempo di Jannik Sinner per farsi trovare pronto a Flushing, da testa di serie numero uno ma con uno svantaggio virtuale di 60 punti da Alcaraz, che difende soltanto i 50 punti dell’inusitato kappaò del 2024, al secondo turno con Van de Zandschulp. Sinner è chiamato a blindare titolo e classifica dall’assalto di Carlitos nelle condizioni che più patisce, caldo e umidità, spesso in prime time notturno, però sulla superficie che più lo fa sentire a suo agio, il cemento (sebbene all’aperto). Nulla impedisce al barone rosso di testare brevemente energie e salute tutelato dalla privacy, magari all’Accademia di John McEnroe, come fece a Wimbledon sui campi indoor dopo aver picchiato per terra il gomito nel match contro Dimitrov, depistando stampa e curiosi, prima di affacciarsi sui campi di Flushing, dove ogni sua alzata di sopracciglio sarà scrutata dalle telecamere. È la dura vita del re del tennis, pressato dagli sponsor e dagli impegni (venerdì lo attende il grande evento di Msc Crociere, di cui diventa ambassador dopo Sofia Loren), prigioniero della sua gabbia dorata: follow the money, come diceva la gola profonda del Watergate, segui i soldi, ma anche i risultati.
Alcaraz, volato a Ny e già sceso in campo in doppio con la sua passione Raducanu, non ha dubbi: «Jannik tornerà, e sarà ancora più forte». È il caso di fidarsi.

20 agosto 2025 ( modifica il 20 agosto 2025 | 07:22)