di
Mario Sensini
Il maggior gettito fiscale che si sta registrando anche quest’anno non potrà essere usato per coprire nuove spese
Le entrate fiscali continuano ad andare bene, l’occupazione a crescere e il differenziale di rendimento dei titoli di Stato italiani rispetto a quelli europei a ridursi. I conti pubblici appaiono in buona salute la maggioranza comincia già a immaginare nuove concessioni con la legge di Bilancio, ma nessuno sembra ricordare le nuove regole europee. Tranne il titolare dei conti pubblici, Giancarlo Giorgetti, che non a caso continua a ripetere che «il tesoretto non esiste».
I vincoli del Patto di Stabilità
Quella di Giorgetti stavolta non è una posizione «politica», il classico freno alle pulsioni estive della maggioranza imposto dal ministro dell’Economia di turno (ed espresso tradizionalmente al Meeting di Rimini, dove Giorgetti sarà sabato prossimo, e al Forum Ambrosetti a Cernobbio il 7 settembre). Il fatto è che con il Patto di Stabilità europeo in vigore da quest’anno, e il controllo della finanza pubblica affidato non più al deficit ma all’indicatore della spesa primaria netta, per la politica di bilancio spuntano vincoli invalicabili. Al punto che la discesa del deficit sotto il 3% già quest’anno, un anno prima del previsto, potrebbe essere una scelta obbligata più che un’opzione politica.
Dal taglio dell’Irpef alla rottamazione
Per una nuova riduzione dell’Irpef, per una nuova rottamazione delle cartelle, per aumentare le pensioni minime o i fondi alla sanità, viste le nuove regole Ue occorreranno soldi veri. Per finanziare eventuali nuove misure bisognerà tagliare altre spese o introdurre prelievi fiscali, perché né la minore spesa per gli interessi né il maggior gettito fiscale, ad esempio, impattano sulla spesa netta, che nel 2026 secondo il percorso delineato dal Piano Strutturale di Bilancio non potrà crescere più dell’1,5%.
Ridurre il disavanzo
Il maggior gettito fiscale che si sta registrando anche quest’anno non potrà essere usato per coprire nuove spese, perché non deriva da una scelta politica del governo (le cosiddette «misure discrezionali», sia in entrata che in uscita, che invece incidono sulla spesa netta). Devono per forza essere usate per la riduzione del disavanzo pubblico, come in parte era già avvenuto con l’ultima legge di Bilancio. Lo stesso dicasi per la spesa sugli interessi sui titoli di Stato, che non è compresa nell’aggregato della spesa netta, e dunque non ha alcun impatto su questa, che è l’obiettivo da monitorare. Anche il risparmio sugli interessi dei Btp, dunque, finirà a ridurre il disavanzo pubblico. Con il bilancio di assestamento 2025, appena approvato, il governo ha già registrato per quest’anno una minor spesa per il servizio del debito di 2,3 miliardi.
Il calo dello spread
Il calo del differenziale di interesse tra i titoli di Stato italiano e quelli francesi e tedeschi ha comunque un effetto positivo sulla fiducia degli investitori, ma non è di per sé garanzia di ulteriori risparmi. Il rendimento dei Btp a 10 anni ieri era del 3,53%, ai livelli di un anno fa. Lo spread si è ridotto non perché siano scesi i rendimenti italiani, ma perché stanno aumentando quelli tedeschi, da 2,13% di un anno fa a 2,75%, più 62 punti base (e anche quelli francesi, da 2,91% a 3,43%, più 52 punti base in un anno).
Il rientro del deficit sotto il 3%
Il «tesoretto», se ci sarà, finirà dunque a ridurre il disavanzo (e farà comunque bene al debito pubblico). L’ipotesi che l’Italia esca dalla procedura per il deficit eccessivo già quest’anno, un anno prima del previsto, diventa molto realistica. In realtà l’idea è stata già discussa informalmente tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il ministro Giorgetti e il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis nella sua visita a metà luglio in Italia. Il rientro del deficit sotto il 3% e l’uscita anticipata dalla procedura d’infrazione (per quest’anno il governo aveva programmato un disavanzo del 3,3% del Pil) consentirebbero al governo di accedere alla flessibilità di bilancio prevista dalla Ue per rafforzare la difesa. L’Italia a quel punto potrebbe chiedere l’attivazione della clausola di salvaguardia, che consente di sforare il percorso della spesa netta per far fronte alle esigenze di riarmo, senza rischiare di rimanere per anni vincolata ai paletti della procedura di infrazione per deficit eccessivo.
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20 agosto 2025
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