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Una bomba a orologeria da disinnescare per non far saltare il banco dei conti della Sanità pubblica italiana. La spesa per i farmaci pagati dal Servizio sanitario italiano per curare in ospedale o da dispensare in farmacia da qualche anno continua a correre senza sosta: negli ultimi cinque anni è salita a un ritmo di un miliardo l’anno per chiudere nel 2024 alla cifra record di quasi 24 miliardi (23.659 milioni) con una crescita dell’8,6% in un anno, quando per un decennio – dal 2010 al 2020 – si è aggirata intorno ai 16-18 miliardi. Quest’anno, anche se mancano ancora dati ufficiali, potrebbe chiudere abbondantemente oltre i 25 miliardi: in pratica quasi un euro su cinque speso in Sanità è per pagare i farmaci. Una crescita costante che ha anche un prezzo salato per le aziende farmaceutiche chiamate a ripianare con il payback metà dello sfondamento del tetto di spesa: si tratta di 12 miliardi pagati in 10 anni, di cui solo 2 miliardi nel 2024.

A spingere questa corsa c’è una popolazione che invecchia e soffre di più patologie, oltre al costo a volte proibitivo delle cure innovative – si pensi alle nuove Car-t e alla terapia genica – che però promettono anche la guarigione da patologie una volta incurabili (si pensi alle malattie rare) evitando spesso anche costose ospedalizzazioni. A contribuire alla spesa anche le troppe ricette dei medici: in Italia quasi un anziano su tre prende 10 farmaci al giorno, un effetto questo della medicina difensiva che spinge i camici bianchi a qualche prescrizione di troppo per evitare problemi e il rischio di cause. Per provare ad arginare subito questo fiume in piena il Governo già nela prossima manovra proverà a dare una boccata d’ossigeno con una dote in più di quasi 1,5 miliardi. Fondi che arrivano da un doppio intervento: il primo è il fatto che se il ministro dell’Economia Giorgetti terrà fede al suo impegno preso nei giorn scorsi con il collega alla Salute Orazio Schillaci per la Sanità ci saranno 2 miliardi in più che si aggiungono ai 4 miliardi stanziati già nella manovra dell’anno socrso, risorse che porteranno complessivamente il Fondo sanitario a 142 miliardi nel 2026. E visto che la fetta di fondi dedicata alla spesa farmaceutica è il 15,3% dell’intero Fondo sanitario l’aumento di 6 miliardi si tradurrà in circa 800 milioni di disponibilità in più. Schillaci è poi intenzionato ad alzare questa asticella del tetto del 15,3% sul Fondo sanitario di almeno 0,5 punti il che si tradurrà in altri 700 milioni disponibili per la spesa farmaceutica. Le risorse in più diffcilmente eviteranno lo sfondamento del tetto di spesa (in particolare quello dei farmaci ospedalieri), ma l’effetto payback sulle aziende farmaceutiche dovrebbe essere meno pesante del previsto. Un piccolo sollievo in vista di prossimi cambiamenti perché proprio il meccanismo del payback che prevde appunto che le imprese ripahino metà dello sformanto del tetto della spesa sui farmaci ospedalieri potrebbe essere finalmente rivisto: su iniziativa del sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato dovrebbe presto vedere la luce un testo unico sui farmaci che oltre a fare ordine su tutta la montagna di norme che contraddistinge il settore dovrebbe anche mettere mano a questo meccanismo che strangola le imprese. Un intervento – che dovrebbe concretizzarsi all’interno della delega sulla farmaceutica – su cui c’è anche la disponbilità del minsitero dell’Economia come ha confermato recentemente anche Daria Perrotta, capo della Ragioneria generale dello Stato.

Molto presto dovrebbe arrivare anche un intervento che potrebbe dare una mano a ridurre anche le troppe prescrizioni di farmaci. Già a fine agosto o a inizio settembre, dopo essere slittato ripetutamente, sbarcherà in consiglio dei ministri la riforma delle professioni sanitarie che contiene una misura attesa dai camici bianchi che rende strutturale lo scudo penale che li protegge dalle cause e liti temerarie (restano in piedi le cause civili di risarcimento). Con questa protezione in più si spera che dovrebbe ridursi il fenomeno della cosiddetta medicina difensiva.

 

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