L’ex coach di Federer nonché numero 3 al mondo: “Troppo caldo e umidità, non capisco perché si insista a giocare. Jannik, nessun contraccolpo se recupera subito. Ma se gli occorrerà una settimana intera allora diventa dura giocarsi lo Us Open”


Marco Iaria

Giornalista

20 agosto 2025 (modifica alle 09:38) – MILANO

Ivan Ljubicic, ex numero 3 del mondo e già allenatore di Roger Federer, attende di rivedere Sinner e Alcaraz uno di fronte all’altro, dopo la “non finale” di Cincinnati. 

Il malore accusato da Jannik quanto complica il suo piano di avvicinamento allo Us Open? 

“Dipende da quanto dura. Se recupera in 2-3 giorni, non ci sarà nessun contraccolpo. Se invece deve stare a risposo per tutta questa settimana, allora diventa complicato ritrovare la forma necessaria per vincere uno Slam. Anche se nei primi turni Jannik avrà avversari più abbordabili, la distanza dei tre set su cinque, il caldo e l’umidità di Flushing Meadows potrebbero fargli perdere tante energie”.

Tutti vorrebbero assistere alla terza finale dello Slam tra Sinner e Alcaraz. Sulla terra di Parigi ha vinto lo spagnolo, sull’erba di Wimbledon l’italiano. E sul cemento? 

“Difficile fare un pronostico su una partita che, nell’eventualità, si giocherebbe tra quasi tre settimane. Non contando giustamente Cincinnati, Alcaraz è avanti 5-2 negli scontri diretti sul cemento. Allo stesso tempo, il miglior Sinner si esprime su questa superficie. Tutto considerato, mi viene da dire che partirebbero alla pari, anche perché le loro sfide sono sempre molto combattute. Di certo sono nettamente davanti a tutti gli altri, mi sorprenderebbe se non arrivassero in fondo, col punto interrogativo della salute di Jannik”. 

Cosa potrebbe fare la differenza tra i due allo Us Open? 

“La superficie è molto importante. A Wimbledon, per esempio, Sinner ha spinto molto sul dritto di Alcaraz: sull’erba funziona, sulla terra no. Solitamente a New York i campi sono abbastanza veloci: le traiettorie alte non pagano, bisogna muoversi molto bene ed essere fisicamente al 110%. Questo è un torneo che richiede molto e che impone un tennis aggressivo. Lo praticano entrambi, nel caso di Alcaraz le varianti del top spin pronunciato e delle smorzate pagano un po’ meno. Bisognerà anche vedere il livello del servizio”. 

“Come succedeva alla generazione dei Big Three, la situazione degli sfidanti è abbastanza fluida. Può spuntare uno differente a seconda dello stato di forma. I nomi sono sempre i soliti: Fritz, Zverev, Djokovic”. 

Che cosa si aspetta dagli italiani? 

“Musetti ha perso un po’ lo stato di forma dopo il Roland Garros e sta tuttora cercando di ritrovare la condizione. Resta un giocatore da top ten, il suo livello non può essere messo in dubbio. Cobolli potrebbe stupire. Ora ci crede di più ed è più consapevole dei suoi mezzi”. 

Il corpo di Sinner ha qualche fragilità, oppure i problemi fisici incontrati nell’ultimo anno e mezzo sono frutto di contingenze? 

“Per me si tratta di casi slegati. Jannik aveva un problema all’anca che ha messo a posto, poi è stato solo sfortunato: la caduta sul gomito, il presunto virus. Non significa affatto che il suo corpo sia fragile”. 

Uno dei suoi segreti è l’ossessione di tendere verso la perfezione. Ma cosa gli manca? 

“Non gli manca niente. È vero che il servizio è il suo colpo meno naturale, ma ogni campione ha una sorta di fissa sul colpo dove si sente meno preparato. Per Jannik è il servizio, sebbene sia migliorato tantissimo”. 

Alcaraz è reduce da sette finali consecutive. Ha finalmente trovato la continuità che gli mancava? 

“Ha trovato la continuità nei risultati, perché le prestazioni sono sempre un po’ altalenanti. La grande differenza, da quando Sinner è rientrato dopo la sospensione, è che lo spagnolo ha trovato il modo di portare a casa anche quelle partite in cui non gli riescono certe giocate. È lo sviluppo naturale di un giocatore che, non dimentichiamo, ha solo 22 anni”. 

Chi arriverà primo alla fine della stagione? 

“Alcaraz è avanti di quasi 2000 punti nella Race. Se vince lo Us Open e Sinner perde nei primi turni, diventa difficile per Jannik recuperare. Ma se l’italiano lascia per strada pochi punti a New York, allora lo vedo ancora favorito. Non dimentichiamo che il Masters di Parigi e le Atp Finals, terreni di caccia di Sinner, mettono in palio 2500 punti”. 

Calendario affollato e condizioni climatiche estreme: il tennis deve ripensare il suo espansionismo? 

“Quando i 1000 duravano una settimana, i giocatori potevano gestire meglio i tempi di recupero e di allenamento. Ora è molto più difficile. Quello che abbiamo visto a Cincinnati fa riflettere. Non riesco a capire perché si insista a far giocare con quel caldo e quella umidità. Gli atleti rischiano di farsi male, il pubblico non si diverte. Bisogna fare qualcosa”.