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Il setting è stretto dentro l’abitacolo di un grosso suv nero, la premessa fa rima con una morale di fondo a grana grossa. Che succede se un giorno un furfantello viene preso di mira da qualcuno che ha molti soldi, molto cinismo e un distorto senso della giustizia? Questa manciata di elementi fa “Locked – In trappola”, diretto da David Yarovesky e remake dell’argentino 4×4 del duo di Mariano Cohn e Gastón Duprat, a sua volta simile nello spunto alla pellicola del 1998 Captured di Pieter Liapis, uscita in home video.
Siamo dalle parti della gabbia per topi à la Saw, dove un aguzzino sceglie una vittima e la sottopone a tutta una serie di angherie per provare un punto. Decisamente meno sangue, ma non meno cattiveria e diabolici marchingegni. A produrre il film, al cinema dal 20 agosto con Eagle Pictures, c’è poi pure Sam Raimi, che sugella un thriller psicologico con sempre una trovata in tasca.
Non aprire quella portiera
Tra le frotte di disperati per le strade di una città sporca, impoverita e intossicata si trascina pure Eddie. Ne indossa i panni centrandone subito in pieno il carattere Bill Skarsgård, che si muove con passo malizioso del delinquentello pronto a fregarti. Fuma lo svapo, addenta burrito prima di lanciarne la stagnola in un vicolo già lercio e butta spiccioli in gratta e vinci. Se Locked – In trappola azzecca qualcosa, è il mettere a fuoco un protagonista che galleggia tra lo sfigato e l’opportunismo, con cui l’empatia a cui da lì a poco chiamerà non è cosa immediata o dovuta.
La sceneggiatura di Michael Arlen Ross triangola insomma facile ma efficace gli spigoli di un padre troppo giovane e con una figlia piccola con la quale manca sempre l’appuntamento. E il discorso di questa caratterizzazione è cruciale perché per due terzi del film sta a lui reggere da solo la tensione e la prossimità empatica. Davanti all’ennesima tentazione, Eddie infatti non resiste: in un parcheggio vuoto vede parcheggiato un suv di lusso, trova la portiera aperta ed entra dentro per vedere se c’è qualcosa da potersi mettere in tasca.
Questo però non è un suv come tutti gli altri. Le portiere si chiudono ed Eddie resta bloccato. Qualcuno vuole fare un gioco con lui. Lo chiama al telefono una voce inconfondibile (Anthony Hopkins), che rivela chiamarsi William ed essere proprietario dell’infernale vettura. È un medico, un facoltoso, ha subìto diversi tentativi di furto ed ora ha deciso di rifarsi con gli interessi sul malcapitato, chiuso in questa automobile modificata per farne strumento di tortura.
Giustizia fai da te
Il suv al centro di Locked – In trappola è allora confine narrativo e geografico del film, ma è anche una sorta di macchinario morale. William è un super ricco e Eddie è un super povero. Il primo vuole dispensare una coscienza al secondo, costruendogliela attraverso un regime di sorveglianza con telecamere che spiano Eddie, tracciano quello che fa e permettono al suo carceriere di capire come meglio reprimerlo. Scossa elettrica o privazione del sonno? Evidente, insomma, che il macchinario morale in mano al ricco non sia altro che uno strumento “truccato dal sistema” e piegato a un giudizio che agisce secondo parametri falsati, dove a compensazione e livellamento sociale stanno l’adescamento e lo sfogo.
Al di là dell’impalcatura concettuale, in fin dei conti autoesplicativa, il film di Yarovesky vanta un decente estro su situazioni e soluzioni. Sfrutta ogni centimetro della vettura per farne un puzzle disvelato un cassettino e uno scompartimento alla volta, con un sadismo che lavora sui fianchi e cava l’angoscia dal protagonista. Alla staticità dell’impostazione iniziale c’è un limite di scadenza, così a un certo punto le regole del gioco cambiano, la macchina forse prende vita e forse regala a Eddie uno spiacevole compagno di viaggio.
Se Locked – In trappola funziona per gran parte della sua durata (avviandosi verso la risoluzione perde qualcosa in presa alla gola) è però nell’avere a gancio un attore come Skarsgård. Che non solo vanta un volto già di per sé magnetico, ma soprattutto un talento di grande versatilità e gamma di umore: dallo sberleffo alla disperazione, dalla strafottenza all’impeto. Il raddoppio con Hopkins – lo vedremo anche – è una scorpacciata di carisma che tiene in piedi tutto quanto, capace di garantire solidità anche nel momento in cui il film va in territori discorsivi un po’ meno brillanti. Da farsi un giro.
Voto: 6
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