Costanzo tentò di aiutarlo

L’unico a tentare di aiutarlo fu Maurizio Costanzo: «Gli tese una mano, gli voleva bene. Ma lui fuggiva, tormentato dai suoi demoni». Poi l’accusa: «Chi doveva aiutarlo lo ha isolato ancora di più. Matteo Minna, l’amministratore di sostegno, glielo presentai io: vivo con questo rimorso, il senso di colpa mi devasta. Lo consideravo un terzo fratello, invece ci ha tradito, tra noi c’è un processo ancora in corso».

A quel punto Paolo ricadde nel vizio, e lui e Roberto si allontanarono: «Mi ero illuso che fosse stata solo una fase. Provai a dirgli di smettere: “Tu non capisci, sei il più piccolo, non conosci la vita. Lavori nell’aziendina di papà, io mi sono fatto da solo”. Quando infine smise con la cocaina la sostituì con i tranquillanti. Sono stati quelli a ucciderlo, non la droga». «Avevamo litigato proprio per il suo stile di vita – aggiunge – “Mi farai crepare di dispiacere”, urlai. L’estate prima che morisse però mi ha richiamato e abbiamo fatto pace. Voleva scappare da Roma, tornare a Genova. Si era riproposto come sceneggiatore, era bravo, ma poi ci fu il Covid e tutti i suoi progetti si bloccarono lì».