Le polemiche sulle vaccinazioni hanno riacceso la discussione estiva: il presidente dei medici italiani indica la strada e ricorda che il comitato tecnico nazionale dei vaccini non è il posto dove mettere in dubbio l’efficacia dei sieri, bensì uno strumento operativo per applicare il Piano vaccinale in modo sicuro ed efficiente.

Un tavolo tecnico, non un’arena scientifica

Per Nitag, il Gruppo consultivo nazionale sui vaccini, la missione è chiara: definire linee guida organizzative, modalità di somministrazione, tempi, categorie prioritarie. Filippo Anelli lo rimarca con fermezza, ricordando che il tavolo nasce per fornire indicazioni pratiche alle istituzioni sanitarie e non per riaprire discussioni sull’utilità dei vaccini. Confondere un organo tecnico con un luogo di disputa ideologica significa paralizzare le scelte di salute pubblica; il Paese, sottolinea, ha bisogno di direttive rapide e basate su dati convalidati, non di contrapposizioni che ritardano le campagne di prevenzione.

Secondo il presidente della Fnomceo, chiunque sia pronto a impegnarsi nella pratica vaccinale – farmacisti, medici di famiglia, pediatri, infermieri – deve avere voce in capitolo all’interno del comitato. L’attuale composizione viene definita “monca”, proprio perché priva di alcune di queste figure direttamente coinvolte nelle inoculazioni. Integrare competenze cliniche e farmacologiche, piuttosto che dilatare il confronto teorico, significa dare risposte immediate ai cittadini. Per questo, spiega, non ha senso trasformare il Nitag in un auditorium aperto a opinioni disparate: occorre renderlo un ingranaggio efficiente nella catena che porta il vaccino dal magazzino al braccio delle persone più fragili.

Il ruolo irrinunciabile del confronto scientifico

La dialettica all’interno della comunità scientifica resta essenziale. Lo ribadisce Anelli, che descrive il confronto come “sale della conoscenza”. Tuttavia, la discussione, per essere utile, deve poggiare su ricerche pubblicate e verificate. La scienza vive di numeri, non di dichiarazioni d’intenti. Nel momento in cui si valuta un intervento sanitario di massa, è determinante che i dati siano condivisi, replicabili e sottoposti a revisione paritaria. Solo così, ricorda il presidente, si può garantire trasparenza ai cittadini e rafforzare la fiducia nei protocolli vaccinali, già messi a dura prova da sovraccarico di informazioni discordanti.

Lo dimostra, afferma, l’esperienza vissuta durante la pandemia: le immunizzazioni hanno scongiurato milioni di decessi, evidenza documentata da studi condotti in ogni continente e pubblicati sulle principali riviste mediche. Se quindi «i vaccini servono» – formula che riecheggia negli interventi istituzionali – non è per atto di fede, ma perché bibliografia e statistica convergono. Negare questa convergenza significherebbe smentire l’intero metodo scientifico; da qui la necessità di incanalare lo scambio d’idee in contesti dove ogni affermazione possa essere misurata, validata e, se del caso, corretta alla luce di nuove prove.

Le professionalità che devono sedere al tavolo

In parallelo alla funzione operativa del Nitag, emerge il tema della sua composizione. Anelli ricorda che nelle riunioni recenti mancavano figure indispensabili per interpretare, applicare e monitorare le raccomandazioni vaccinali sul territorio. La presenza di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, farmacisti e infermieri non è un vezzo corporativo bensì un’esigenza organizzativa: sono loro, ogni giorno, a gestire dubbi, consensi, reazioni avverse e registrazioni anagrafiche. Senza il loro contributo, le linee guida rischiano di restare lettera morta o di rivelarsi inapplicabili nei contesti reali.

La proposta di un’integrazione più ampia trova terreno fertile in un contesto in cui le politiche vaccinali devono essere declinate regione per regione e, spesso, quartiere per quartiere. Rendere stabile il contributo di professionisti che operano negli ambulatori di base e nei punti di distribuzione farmaceutica significa anticipare criticità logistiche, ottimizzare le tempistiche di chiamata attiva e migliorare il counseling verso le famiglie più esitanti. Un organigramma inclusivo non rallenta il processo decisionale; al contrario, ne aumenta la precisione operativa, garantendo che le direttive nazionali si traducano in campagne omogenee, accessibili e, soprattutto, comprensibili.

Oltre il Nitag: le sedi possibili per un dialogo franco

Quando il confronto si sposta dall’applicazione pratica all’analisi di efficacia, Anelli indica strade alternative: l’Istituto superiore di Sanità è una delle possibili piattaforme, ma non l’unica. Già in passato, spiega, fu avviato un tavolo misto con esperti di medicine non convenzionali, in particolare omeopati, per mettere alla prova le loro teorie secondo protocolli condivisi. L’esempio dimostra che le divergenze si possono affrontare senza abbandonare il rigore metodologico e che qualunque branca voglia essere riconosciuta deve passare attraverso la verifica sperimentale, l’analisi dei risultati e la pubblicazione trasparente.

Oggi, la stessa cornice potrebbe ospitare analisi dedicate alle vaccinazioni, qualora emergessero nuovi quesiti o ipotesi da sottoporre a esperimenti controllati. Il presidente della Fnomceo mette in guardia contro i dibattiti fondati su impressioni personali o sentimenti di pancia, ricordando che il solo linguaggio ammesso in un contesto sanitario resta quello delle evidenze. In un’epoca in cui la disinformazione viaggia veloce, collocare la discussione in luoghi deputati alla ricerca significa proteggere sia la credibilità degli operatori sia la sicurezza della popolazione. A suo giudizio, questa è la via maestra per evitare nuovi fraintendimenti e costruire politiche vaccinali solide, condivise e verificabili.