di
Mara Gergolet

Finora Berlino, come l’Italia, l’aveva escluso, ma adesso si dovrà iniziare a parlare del dopo e delle garanzie di sicurezza da dare a Kiev. E si apre il dibattito

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
BERLINO – Prima ancora che si fosse capito com’era andato l’incontro alla Casa Bianca, se tutte le lusinghe degli europei con Trump avessero avvicinato i negoziati di pace in Ucraina, l’estrema destra AfD aveva già tratto le sue conclusioni. O meglio, montato la sua campagna. Facendo girare un’immagine del cancelliere tedesco creata dall’AI, nella posa di zio Sam dal ghigno maligno e con gigantesche mani predatorie, che incombe dall’alto su cinque ragazzi tedeschi: «Merz ti vuole mandare in Ucraina? NOI NO»

È puramente un caso che il Cremlino, poche ore prima, avesse liquidato le incerte aperture americane sulle garanzie di sicurezza, replicando: «Un solo soldato Nato in Ucraina, e sarà l’escalation!»? Forse no.



















































L’Afd non ha perso tempo. Ma in ogni caso, in Germania il vaso di Pandora è stato scoperchiato, e la domanda delle domande è sulle prime pagine di tutti i giornali: manderemo i soldati in Ucraina? Finora, Berlino al pari dell’Italia l’aveva escluso. In primo luogo, perché mentre si combatte, qualsiasi discorso era irreale. 

Se però si comincia a parlare del dopo — ossia su come garantire la tenuta della pace —, come farà il primo finanziatore dell’Ucraina per armi e soldi (dopo gli Usa), il perno della difesa dell’Est se non altro per la sua geografia, a restarsene con le mani in mano?

E infatti, è stato lo stesso cancelliere Merz a voler porre il tema, con una frase circospetta, cauta, all’apparenza lineare e logica pronunciata già alla Casa Bianca. Dovrò consultarmi con i partner a Berlino sul contributo che può dare la Germania, ha detto, «inclusa la questione se potremmo dover prendere decisioni che richiedono un mandato, che il Bundestag tedesco dovrebbe adottare». «Decisioni soggette a mandato»: così Merz ha definito una missione militare, un intervento. Ma mascherato da linguaggio parlamentare, in qualche modo ha rotto il tabù. E così infatti l’hanno capito alleati e avversari.

A prescindere dalle forme, mettere gli stivali sul terreno è comunque un gigantesco tema per la Germania. Nessuno sa cosa esattamente pensi la popolazione. In un Paese che fa puntali sondaggi su tutto, l’ultimo rilevamento risale a febbraio: il 49% era a favore dell’invio di truppe in Ucraina per stabilizzare la pace, il 44% contrario. Un sondaggio volante sul sito dello Spiegel ieri dava il 72% per il sì, ma dura il tempo di un clic e certo non può ritenersi scientifico.

E c’è poi la tenuta politica. Se Merz andasse al Parlamento, i voti li avrebbe, i Verdi sono convinti sostenitori dell’interventismo (ieri sono stati consultati dalla Cdu). Ma come reagirebbero i socialdemocratici? Un voto rischia di dilaniarli, perché se i vertici Spd sono a favore, le schiere filo-russe nel partito, tradizionalmente «pacifiste» che guardano senza tante riserve a Putin, sono ampie e rumorose. E non si inviano soldati se il governo rischia di spaccarsi.

Il primo pericolo di tutto questo parlare di «truppe di terra» — prima che qualsiasi ipotesi venga formulata — è che generi ansia e rifiuto. Tanto più che nessuno a Berlino manderebbe mai truppe sul fronte. Per dirla con Yaroslav Trofimov, scrittore e primo commentatore del Wall Street Journal, «è ingenuo pensare che gli Stati Uniti e l’Europa, troppi timorosi di abbattere missili e droni russi sull’Ucraina oggi, domani andranno in guerra contro la Russia per l’Ucraina». Toccherà ancora agli ucraini. 

Un grande esperto militare tedesco, Nico Lange, traccia un più realistico scenario per il «dopo» in 5 tappe: 1) Forze armate ucraine efficaci, le cui capacità continueranno a crescere; 2) Una presenza militare europea e/o americana in Ucraina a loro sostegno, ad esempio con aerei da combattimento a supporto della difesa aerea. 3) Sorveglianza marittima e protezione costiera nel Mar Nero (coinvolgendo la Turchia); 4) Deterrenza convenzionale tramite armi a lungo raggio, tipo Tomahawk; 5) Coordinamento politico.

Si ragiona, come si vede, nelle retrovie. Ma anche questo dispositivo di sicurezza richiede stivali attorno a Kiev. Prima di qualsiasi «missione», però andrà convinta la popolazione, gli elettori, andranno conquistati i cuori a casa. E non è un caso che l’estrema destra si stia organizzando con messaggi martellanti. A rivedere quella foto di Merz, colpisce quanto sia fasulla, perfino menzognera. I cinque ragazzi non rischiano nulla: non perché non esistono, generati come sono dall’intelligenza artificiale come tanta propaganda AfD, ma perché l’esercito tedesco è professionale. 

Chi andrà — se andrà – sarà soldato per mestiere, spesso un super tecnico, e si tratterà di poche migliaia di persone, non certo di civili. Ma la propaganda AI è facile da creare, semplice da spalmare sui social, e i russi sanno di avere alleati — che prendano ordini o agiscano per ideologia e opportunismo — in tanti paesi europei. Non è una campagna che si fermerà solo in Germania.

20 agosto 2025