Un reparto intero in isolamento, ottanta pazienti fragili coinvolti, protocolli d’urgenza attivati nel giro di poche ore. È la fotografia di quanto accaduto nei giorni scorsi all’ospedale di Settimo Torinese, dove il Cavs, situato al primo piano della struttura di via Santa Cristina, è stato posto in quarantena dopo l’individuazione di casi di scabbia.
Il reparto Cavs ospita uomini e donne che, al termine di un ricovero ospedaliero, necessitano di cure assistenziali di medio periodo prima di poter tornare a casa. Si tratta quindi di persone già indebolite da patologie precedenti, spesso anziane, per le quali ogni focolaio rappresenta un rischio concreto.
Secondo le prime ricostruzioni, il contagio avrebbe avuto origine da una operatrice socio-sanitaria, successivamente messa in malattia e sottoposta alle cure previste. Pochi giorni dopo, il parassita è stato riscontrato anche in un’anziana paziente. La conferma clinica è arrivata l’11 agosto dall’équipe dermatologica dell’ospedale San Lazzaro di Torino, struttura di riferimento per le malattie cutanee.
Da quel momento, la macchina delle misure precauzionali si è messa in moto. La compagna di stanza della paziente è stata trasferita in altro reparto, sebbene non presentasse sintomi, mentre un’altra operatrice socio-sanitaria che aveva condiviso i turni con la collega indicata come “paziente zero” ha scelto di sospendere temporaneamente l’attività. Contestualmente, il reparto è stato sottoposto a una sanificazione straordinaria, con l’obiettivo di interrompere subito la catena di trasmissione.
Per il personale è stata predisposta una profilassi farmacologica, mentre agli ospiti del Cavs viene applicata una procedura più complessa: docce con soluzioni antiparassitarie da ripetere settimanalmente. Si tratta di un protocollo che richiede tempo, organizzazione e personale aggiuntivo, ma che viene considerato indispensabile per circoscrivere il focolaio e ridurre al minimo il rischio di nuovi contagi.
La scabbia, provocata dall’acaro Sarcoptes scabiei, è una malattia cutanea che si trasmette soprattutto attraverso un contatto diretto e prolungato. Non rappresenta una minaccia grave per la salute, ma risulta particolarmente fastidiosa e, soprattutto, contagiosa. È per questo che comunità chiuse come reparti ospedalieri, case di riposo e scuole rappresentano ambienti nei quali l’attenzione deve restare sempre alta.
Quello di questi giorni non è un episodio isolato. Nell’ottobre del 2020, in piena emergenza sanitaria per il Covid-19, lo stesso reparto Cavs era già stato teatro di un focolaio di scabbia. Allora furono colpiti un anziano paziente e almeno cinque operatori socio-sanitari, tutti in servizio presso la struttura. Un precedente che oggi torna inevitabilmente alla memoria e che evidenzia come questo tipo di infezioni, pur non essendo gravi, abbiano una forte capacità di ripresentarsi nel tempo.
La direzione dell’Asl To4 ha confermato che la situazione è monitorata con attenzione e che il reparto resterà in isolamento fino al termine delle procedure di profilassi e alle verifiche successive. La scelta di mantenere la quarantena per tutto il Cavs rappresenta una misura preventiva di tutela, volta a proteggere non solo i degenti ma anche il personale che quotidianamente lavora a contatto con loro.
Oggi la scabbia non fa paura come altre malattie infettive, ma continua a dimostrare quanto la gestione delle infezioni in strutture sanitarie richieda rigore, tempestività e organizzazione. La vicenda di Settimo, con i suoi ottanta pazienti coinvolti, mette ancora una volta sotto i riflettori un tema spesso sottovalutato: la fragilità dei luoghi di cura quando si tratta di contenere i contagi.