Che i rapporti tra Ungheria e Ucraina non fossero buoni era un fatto ormai assodato da tempo, ma raramente le relazioni tra i due Paesi si sono deteriorate al punto di arrivare a un vero e proprio scambio di minacce reciproche attraverso i profili ufficiali dei rispettivi Ministri degli Esteri. Nei giorni passati, tuttavia, la perenne crisi alla quale assistiamo da anni ha raggiunto un nuovo livello e si è concretizzata nello scambio di messaggi che di diplomatico hanno, purtroppo, ben poco.

Secondo quanto affermato dal Ministro degli Esteri e del Commercio ungherese, Péter Szijjártó, Kiev avrebbe effettuato, il 13 agosto, un primo attacco all’oleodotto Družba (Barátság, nella denominazione ungherese). Una nuova, e probabilmente più profonda, incursione ucraina sarebbe poi avvenuta nella giornata di lunedì 18 agosto, causando danni tali da comportare l’interruzione momentanea del flusso di petrolio russo verso l’Ungheria. L’attacco alla linea Družba ha naturalmente generato la ferma condanna e il monito di Budapest, che ha ricordato come l’approvvigionamento di petrolio sia un interesse strategicamente vitale per il Paese. Szijjártó ha inoltre aggiunto che, sin dall’inizio dell’invasione russa, tanto Kiev quanto Bruxelles hanno più volte provato a trascinare l’Ungheria nel conflitto, ma la posizione ungherese rimane e rimarrà sempre quello della neutralità e della pace.

Le parole del Ministro degli Esteri ungherese non sono state accolte positivamente dalla controparte ucraina che, attraverso l’account X di Andrii Sybiha, Ministro degli Esteri di Kiev, ha ricordato come sia stata la Russia a iniziare il conflitto e come, nonostante questo, l’Ungheria abbia continuato a persistere sulla strada della dipendenza energetica da Mosca. Riconducendo indirettamente l’attacco al contesto bellico, Sybiha ha poi aggiunto che eventuali rimostranze (e minacce) ungheresi non devono essere rivolte a Kiev, bensì a Mosca, responsabile morale di quanto avvenuto.

E prontamente è arrivata la risposta di Szijjártó, in quello che sembra essere diventato un duello a colpi di tweet. Rispondendo al messaggio del collega ucraino, il Ministro magiaro ha ricordato come il flusso di petrolio russo sia attivo da decenni e che questo risponde agli interessi nazionali ungheresi. Quello che, invece, va contro gli interessi strategici ungheresi è l’interruzione del transito a causa degli attacchi di Kiev alla linea Družba. A conclusione del post, Szijjártó ha lanciato una minaccia diretta a Kiev, ricordando come l’Ucraina importi la maggior parte dell’elettricità elettrica proprio dall’Ungheria, con una quota che, l’anno passato, ha toccato il 42% delle importazioni totali. 

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Alle parole di Péter Szijjártó hanno fatto eco quelle di Tamás Menczer, deputato e direttore della comunicazione di Fidesz, il quale ha invitato l’Ucraina a sospendere gli attacchi all’oleodotto e ha ricordato una volta di più che la maggior parte degli approvvigionamenti energetici di Kiev dipende da Budapest e che senza l’elettricità fornita dall’Ungheria, l’Ucraina collasserebbe in breve tempo. Le provocazioni, ha affermato Menczer, devono finire, come devono cessare i tentativi di trascinare Budapest in un conflitto che non le appartiene e al quale non vuole prendere parte.

Secondo alcuni analisti, l’attacco del 18 agosto non vuole rappresentare una minaccia diretta agli interessi energetici di Budapest, ma un ulteriore, e ben più drastico, passo verso rinnovate pressioni politiche sul governo Orbán nel più ampio contesto della serie di incontri susseguitisi al summit tra Donald Trump e Vladimir Putin avvenuto in Alaska il 15 agosto. Se questa dovesse veramente essere l’intenzione del governo ucraino, il risultato non sembrerebbe essere stato ottenuto. Nel momento in cui scriviamo, ossia nel tardo pomeriggio del 18 agosto, il Primo Ministro Viktor Orbán non ha ancora preso una posizione chiara sul tema, ma nel corso della giornata ha ricordato come nessun leader dell’Europa centrale, ossia quella regione direttamente a contatto con il conflitto, sia stato invitato al summit che si terrà a Washington e ha inoltre esortato l’Europea a muoversi nella direzione tracciata da Trump, proponendo la necessità di un incontro tra l’Unione Europea e la Federazione Russa.

Un nuovo episodio, quindi, della perenne crisi diplomatica tra Ucraina e Ungheria, della quale abbiamo già scritto in passato. E se gli scambi di accuse avvenuti in seguito alla morte di József Sebestyen, sulla quale la Procura nazionale ungherese ha aperto un’indagine, non erano arrivati al punto di rottura, l’attacco alla sicurezza energetica ungherese ha generato reazioni forte portando a vere e proprie minacce di rappresaglia da parte di Budapest. Beninteso, l’interruzione del flusso di petrolio attraverso l’oleodotto Družba rappresenta certamente un colpo importante per l’Ungheria, ma non mette a repentaglio la fornitura complessiva di greggio russo che, come abbiamo riportato in precedenti articoli, giunge a Budapest anche attraverso il TurkStream.

Tuttavia, nel contesto di rapporti fortemente deterioratisi nel corso degli ultimi decenni, ogni offensiva ucraina che potrebbe ledere gli interessi ungheresi rischierebbe di far precipitare ulteriormente la situazione. E se, per ora, sembra di essere di fronte a un duello a colpi di tweet tra Ministri degli Esteri, non possiamo sapere cosa porterà il futuro, soprattutto se Budapest dovesse veramente prendere la decisione di compiere la rappresaglia minacciata e interrompere le forniture di elettricità all’Ucraina.