Ci sono ricordi, nelle parole di Roberto Calissano, fratello dell’attore Paolo Calissano, ma anche tanta amarezza e rimpianti. Era la sera del 30 dicembre 2021 quando l’attore venne trovato senza vita nella sua casa di Roma, nel quartiere Balduina. Le indagini dimostrarono che il decesso era stato provocato da un’intossicazione di psicofarmaci e antidepressivi.
Il dramma di Paolo Calissano
Si trattava però dell’ultimo atto di una discesa negli inferi che per l’attore era iniziata molto tempo prima. Nel 2005 infatti una donna brasiliana, Ana Lucia Bandeira Bezerra, era morta nell’appartamento di Genova dell’attore a causa di una overdose di cocaina. Calissano, accusato di averle fornito la droga, era stato arrestato dalla polizia e aveva patteggiato i quattro anni di reclusione, finendo in una comunità per tossicodipendenti in provincia di Torino.
Nel 2008 l’attore era finito ancora una volta al centro dell’attenzione medica per via di un incidente automobilistico. In seguito è stato ricoverato all’ospedale San Martino di Genova nel reparto di psichiatrica con sintomi come dolore al petto e sudorazione fredda. Gli esami tossicologici avevano evidenziato tracce di cocaina e uno stato di alterazione psicofisica causato dall’uso di allucinogeni.
Alcuni anni dopo, nel 2021, sarebbe arrivata la tragica fine dell’attore di Vivere. Oggi suo fratello Roberto lotta ancora per ristabilire la verità sulla morte di Paolo Calissano. “Mi ero accorto che in alcune occasioni aveva reazioni sopra le righe, era aggressivo. Qualche domanda me la sono posta. Ma se gli chiedevo spiegazioni mi rispondeva: “Tu fatti i fatti tuoi”. Se avessi intuito allora quello che sarebbe successo mi sarei imposto diversamente”, ha spiegato al Corriere della Sera.
Secondo Roberto Calissano tutto sarebbe iniziato dopo la morte nel 2005 di Ana Lucia Bandeira Bezerra. “Non si è più risollevato. Non fu colpa sua, è stata una disgrazia. Mio fratello provava profonda vergogna per aver disonorato la famiglia – ha ricordato, spiegando che il fratello da quel momento sarebbe stato emarginato -. Il lavoro si è azzerato. Non lo cercavano più. Aveva scontato la pena, ma contro di lui è rimasta una censura morale fortissima. In America altri attori dalla vita turbolenta — Robert Downey Jr o Mel Gibson — sono stati perdonati”.
“Negli anni il suo nome continuava ad essere associato a quel fatto di cronaca, mentre lui anelava all’oblio – ha spiegato -. Una volta si sentì male e andò al pronto soccorso. Qualcuno dell’ospedale fece la spia ai giornali, scrissero che era fatto di cocaina, anche se non era vero. Lo invitavano in tv solo per parlare di droga. Maurizio Costanzo gli tese una mano, gli voleva bene. Ma lui fuggiva, tormentato dai suoi demoni”.
Gli ultimi anni di vita di Paolo Calissano
Roberto è convinto che la morte di Paolo Calissano sia arrivata proprio a causa del fatto che era stato emarginato e allontanato da tutti. “Una settimana prima che mancasse, gli ho telefonato per invitarlo a trascorrere insieme le feste di Natale – ha spiegato -. “Preferisco restare a casa mia”. Aveva la voce affaticata, sofferente, impastata. Era il preludio della fine”.
“Quando ho ricevuto la telefonata dell’amministratore di sostegno – “Paolo è morto” – non ci ho creduto – ha aggiunto -. Con i tranquillanti mio fratello dormiva pure tre giorni di fila. Non sentiva il telefono né il citofono. Già due anni prima lo avevamo ripreso per i capelli. Risposi: “No dai, prova a scuoterlo, vedrai che si sveglia”. “Ti dico che è morto, Roberto”. “Controlla bene, dorme soltanto”. “Guarda che è già venuta la polizia”. Erano le 10 di sera. Non l’ho voluto vedere da morto. Ancora oggi, quando guardo le fotografie, me lo ricordo perfettamente. La sua pelle, i capelli neri, il naso, come se l’avessi visto un secondo fa”.