In concomitanza con l’inizio dell’ultima sessione dei lavori del comitato internazionale che dovrebbe giungere a un trattato sulla plastica, che si è tenuto dal 5 al 14 agosto a Ginevra, la rivista Lancet è scesa in campo, con  la pubblicazione di un dettagliato rapporto sugli effetti sulla salute e sull’ambiente e, parallelamente, con il lancio di una piattaforma per il monitoraggio. Un’iniziativa la cui importanza viene sottolineata quasi ogni giorno nell’ambito degli studi che si sono moltiplicati e che continuano a dipingere un quadro a tinte sempre più fosche, e il cui scopo principale è fornire ai decisori politici fatti, affinché ragionino solo su quelli. 

Numeri e fatti sulla plastica

Nello stile di quella che resta una delle riviste (di più: un polo editoriale con decine di pubblicazioni) più autorevoli del mondo, l’articolo con il quale si segnala la pericolosità della plastica non usa mezzi termini: quello dell’impatto sulla salute delle persone e dell’ambiente è un problema grave, crescente, e non riconosciuto. Per capire quanto, basta citare solo alcune delle tantissime cifre e appunto dei fatti a disposizione:

  • Oggi nel mondo ci sono otto miliardi di tonnellate di plastica dispersa nell’ambiente e negli esseri umani;
  • La produzione è in costante aumento, ed è destinata a triplicare entro il 2060;
  • Le emissioni della plastica contengono, tra l’altro, polveri sottili (PM2,5), biossido di zolfo e ossidi di azoto, e i lavoratori delle produzioni sono esposti anche a diverse sostanze tossiche;
  • Ogni anno, la produzione di plastiche rilascia in atmosfera tanti gas serra quanto l’intero Brasile;
  • Ci sono ormai forti evidenze dei danni alla salute umana, i più gravi dei quali sono a carico dei feti, dei neonati e dei bambini, e le popolazioni di Paesi più poveri sono più esposte di quelle dei Paesi più sviluppati;
  • C’è una grave assenza di trasparenza sulla composizione delle plastiche, sui volumi delle produzioni, sugli utilizzi e sulla sicurezza. Tre quarti dei materiali, e cioè il 75%, non sono mai stati studiati dal punto di vista della sicurezza;
  • Ci sono prove convincenti del fatto che le microplastiche siano responsabili di un aumento di patologie cardiache e ictus;
  • Il 57% delle plastiche viene bruciato all’aria aperta, con gravi danni sulle popolazioni più vulnerabili;
  • I rifiuti plastici sono ideali per le zanzare e i microrganismi: la loro presenza costituisce uno dei fattori di aumento della diffusione delle malattie veicolate da esse e dell’antibiotico-resistenza.

La piattaforma di Lancet su plastica e salute

Per l’occasione, la rivista ha lanciato la piattaforma chiamata The Lancet Countdown on Health and Plastics, che ha l’obiettivo di monitorare in modo indipendente ogni ambito relativo alla plastica, secondo quattro direttive: produzione ed emissioni; esposizione; effetti sulla salute; interventi e impegni. Al classico approccio di controllo delle quantità realizzate e commercializzate, si aggiunge quindi la parte positiva, che consiste nel dare visibilità alle iniziative volte a minimizzare la produzione e a contrastare gli effetti sulla salute umana.

Microplastiche sul polpastrello di un ditoLa rivista Lancet ha lanciato la piattaforma chiamata The Lancet Countdown on Health and Plastics
Lo studio sulle microplastiche nell’aria 

A conferma di quanto i livelli e di conseguenza i rischi siano ancora oggi sottostimati, pochi giorni prima era uscito, su Plos One, uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Tolosa, in Francia, che da tempo si occupa della dispersione attraverso l’aria, che aveva ottenuto nuovi dati affinando la tecnica di analisi.

In precedenza, infatti, lo stesso team aveva quantificato le microplastiche presenti indoor, nell’aria di appartamenti di diverse zone della Francia, fermandosi però a quelle con diametro compreso tra i venti e i duecento micrometri, che entrano con difficoltà nei tessuti polmonari. Volendo capire quante invece effettivamente possono penetrarvi, gli autori hanno usato una tecnica detta spettroscopia di Raman, che permette di quantificare quelle di diametro compreso tra uno e dieci micron. Con essa hanno analizzato 16 campioni di aria prelevata in stanze differenti di tre appartamenti di Tolosa (in zone molto diverse, quanto a possibile vicinanza con fonti di emissione) e da due automobili, una recente e una più vecchia, entrambe con interni in materiali plastici, ottenuti durante spostamenti da zone più industrializzate ad altre di campagna, fino a Marsiglia, sul mare.

I risultati sono stati abbastanza preoccupanti, perché la quantità media di microplastiche più piccole è risultata essere assai più elevata rispetto a quanto si pensasse.

I risultati

Negli appartamenti, la concentrazione media è stata di 528 microplastiche per metro cubo di aria, ma nelle auto è salita a 2.238. Per quanto riguarda i polimeri, i più rappresentati sono risultati essere il polietilene nelle case e la poliammide nelle auto. Nel 97% dei casi, poi, le particelle avevano la forma di frammenti molto irregolari, e nel 94% dei casi il loro diametro era inferiore ai dieci micron, fatto che lascia supporre che la maggior parte delle valutazioni fatte finora sia stata una sottostima della realtà.

polvere aspirapolvere pulire sporco donna pulizie igiene casa Depositphotos_707456310_LNell’aria delle nostre case e delle nostre auto ci sono microplastiche e nanoplastiche che respiriamo

Infine, hanno combinato i loro risultati con una serie di altri studi che hanno avuto lo stesso scopo e con le stime più condivise finora degli esperti per gli ambienti indoor, e sono così giunti a numeri che esprimono la possibile esposizione media. In base a essa, un adulto respira in media ogni giorno almeno 3.200 particelle più grandi, di diametro compreso tra dieci e trecento micron, ma ne inala ben 68mila di quelle più piccole, con diametro compreso tra uno e dieci micron. Questa stima è di cento volte superiore rispetto a quelle fatte in precedenza quasi sempre per estrapolazione e non per analisi reali.

Anche tenendo conto della grande variabilità delle misurazioni, e del fatto che i campioni sono arrivati da pochi appartamenti e poche auto (rappresentativi però, in entrambi i casi, di situazioni urbane normali e al tempo stesso differenziate), sembra evidente che il contributo delle microplastiche proveniente dall’aria di casa si superiore alle attese. E oltretutto nessuno ha ancora quantificato le nanoplastiche presenti nell’aria, che, una volta inalate, si accumulano in profondità nei tessuti. I decisori arrivati a Ginevra dovrebbero tenere conto anche di questo.

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Giallone 03.07.2025 dona ora

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Agnese Codignola