Nelle sale di Palazzo Ducale Orsini-Colonna, a Tagliacozzo, riaffiorano storie dimenticate attraverso il lavoro dell’artista visiva Annu Palakunnathu Matthew (Stourport-on-Severn, Regno Unito 1964, vive e lavora a Providence, Rhode Island, Stati Uniti) a cui è dedicata la mostra Storie nascoste. Gli italiani d’Abruzzo e i soldati indiani nella Seconda guerra mondiale, a cura di Cesare Biasini Selvaggi e Maria Teresa Capacchione nell’ambito di Contemporanea 25 dal titolo Archivi della memoria sospesa (fino al 21 settembre).
La mostra di Annu Palakunnathu Matthew
La rassegna artistica diretta da Emanuele Moretti e promossa dal Comune di Tagliacozzo e dall’Associazione Culturale ARTEiX presenta anche la retrospettiva sull’artista abruzzese Concetta Baldassarre (1924-1981).Docente di arte alla University of Rhode Island, Palakunnathu Matthew ha esposto anche alla Guangzhou Photo Biennial 2009 e nel 2018 alla Kochi-Muziris Biennale e al Fotofest Biennial di Houston per il suo progetto a lungo termine ha condotto una ricerca meticolosa partendo dagli archivi dell’Imperial War Museums di Londra, che conservano i documenti dei soldati indianiche hanno combattuto in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale.
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Chi è Annu Palakunnathu Matthew
Si è, poi, spostata in Italia, prima a Cassino e poi in Abruzzo dove ha incontrato e raccolto testimonianze tra Villa San Sebastiano, Avezzano e altri paesi della Marsica. Nelle sale del palazzo dalle antiche vestigia, il percorso espositivo alterna stampe fotografiche, installazioni video e sonore della serie Sheltered (2025) e oggetti – il violino prestato dalla famiglia Fabbri che un soldato indiano donò al figlio dell’infermiere del campo di prigionia di Avezzano. L’uomo lo aveva aiutato a evadere e il registro dell’ospedale riporta i nomi e le generalità dei prigionieri – rendendo vivo il racconto delle vicende stesse di quei soldati indiani, che dopo l’armistizio riuscirono a fuggire dal campo di prigionia di Avezzano.
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Annu Palakunnathu Matthew, Sheltered – Abruzzo, 2025 (Courtesy of the Artist & sepiaEYE, NYC)
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Annu Palakunnathu Matthew a Palazzo Ducale Orsini-Colonna, Tagliacozzo (ph Manuela De Leonardis)
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Sheltered – Italians who Annu Palakunnathu Matthew, Sheltered – Hospital Records, 2025 (Courtesy of the Artist & sepiaEYE, NYC)
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Annu Palakunnathu Matthew, Sheltered – Hut, 2025 (Courtesy of the Artist & sepiaEYE, NYC)
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Annu Palakunnathu Matthew, Sheltered – Kitchen, 2025 (Courtesy of the Artist & sepiaEYE, NYC)
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Annu Palakunnathu Matthew, Sheltered – Not just Partisans, 2025 (Courtesy of the Artist & sepiaEYE, NYC)
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exhibiton view STORIE NASCOSTE. Gli italiani d’Abruzzo e i soldati indiani nella Seconda guerra mondiale, Palazzo Ducale Orsini-Colonna (ph Manuela De Leonardis)
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exhibiton view STORIE NASCOSTE. Gli italiani d’Abruzzo e i soldati indiani nella Seconda guerra mondiale, Palazzo Ducale Orsini-Colonna (ph Manuela De Leonardis)
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exhibiton view STORIE NASCOSTE. Gli italiani d’Abruzzo e i soldati indiani nella Seconda guerra mondiale, Palazzo Ducale Orsini-Colonna (ph Manuela De Leonardis)
Annu Palakunnathu Matthew e l’Abruzzo
Un campo di prigionia dove si arrivarono a registrare fino a 4000 presenze; tra i distaccamenti minori figura, invece, anche quello di “strada delle macchie” a Tagliacozzo. Dall’altro lato, affiorano le testimonianze delle famiglie abruzzesi che misero in salvo quelle persone così diverse da loro per etnia, religione, modo di mangiare, nascondendoli a costo della vita nelle loro case, cascine, stalle e ovili d dividendo con loro il poco cibo che avevano. Storie sommerse che non si leggono nelle pagine della storia, sia in Italia che in India, dove quei soldati che combatterono al fianco delle truppe degli inglesi colonizzatori (molti di loro sono sepolti nei cimiteri di guerra italiani, tra cui quello di Cassino e Forlì) all’indomani dell’indipendenza dell’India – il 15 agosto 1947 – vennero considerati collaborazionisti. Nel volume monografico Annu Palakunnathu Matthew. Archivi della Memoria sospesa (Metilene edizioni, 2025), pubblicato per l’occasione, sono presenti anche i storici di Roberto Cipollone e Alessio De Stefano del Centro di documentazione online sul campo di prigionia di Avezzano P.G. 91, un progetto della Piccola Biblioteca Marsicana.
Intervista a Annu Palakunnathu Matthew
Anche nelle opere fotografiche della serie Sheltered (2025), affiora un concetto di memoria che per te “non è un atto passivo, ma un’azione costante, un esercizio di giustizia storica”, come scrive la curatrice Maria Teresa Capacchione. Confrontare quegli accadimenti del passato con la nostra contemporaneità ha anche una valenza politica?
Penso che si possa sempre imparare dalla storia, perché questa è fatta di schemi che si ripetono. Perciò si può imparare dal passato perché la storia non si ripeta nel presente. Per esempio, in questo momento c’è la guerra, bambini senza cibo e un ritorno di fascismo ma abbiamo la possibilità di provare, dentro di noi, un sentimento di compassione e guardare gli altri con più empatia, senza creare maggiori divisioni.
Insieme alle fotografie d’archivio, negli ambienti di Palazzo Ducale Orsini-Colonna, sono esposti anche alcuni oggetti, tra cui il registro dell’ospedale con i nomi e le generalità dei prigionieri e il violino regalato da un soldato indiano al figlio dell’infermiere del campo di prigionia di Avezzano che lo aiutò a evadere. Qual è il ruolo dell’oggetto in relazione all’immagine fotografica?
C’è qualcosa di commovente nel vedere quegli oggetti perché fanno parte della storia. È quello che è successo in Abruzzo. Gli oggetti in sé credo che abbiano una resilienza ed è importante che venga riconosciuta proprio per la loro natura documentaria. Inoltre, essi interagiscono con il mio lavoro, in quanto vi proietto sopra le immagini.
La ricerca riveste un ruolo fondamentale nel tuo lavoro. Per Unremembered: Indian Soldiers from the Italian Campaign of World War II (2018-ongoing) sei partita dall’archivio di Cassino che conserva fotografie e documenti dei soldati indiani che hanno combattuto al fianco dei loro colonizzatori britannici nella II guerra mondiale, molti dei quali – circa 87mila – in Italia sono morti durante la battaglia di Montecassino. Come si è evoluto il progetto e cosa ti ha colpito di più durante questa fase di analisi delle fonti ad Avezzano?
Quanto mi sono focalizzata sui due milioni e mezzo di soldati indiani che hanno combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale, ho iniziato a collezionare le foto di famiglia e storie orali. Da lì ho trovato che cinque soldati indiani erano stati fatti prigionieri ad Avezzano e nascosti dagli italiani. Così è iniziato questo viaggio. Una delle fonti ad Avezzano è stato Alessio De Stefano, fondatore della Piccola Biblioteca Marsicana che mi ha aiutata a capire la storia. In occasione, poi, di un evento celebrativo a Cassino ho avuto modo di essere messa in contatto con dei familiari di italiani e da lì è cominciato tutto. È stato un lungo processo.
Storie rimosse, lacune e mancanze sono elementi che appartengono alla tua poetica artistica. In che modo la tua storia personale – l’essere nata in Inghilterra, il trasferimento in India a 10 anni e, soprattutto, la perdita di tuo padre all’età di 12 anni – ha “plasmato” il tuo interesse per i temi della memoria, quando hai iniziato a praticare la fotografia seguendo un corso a Chennai, nel 1986, dove ti sei diplomata in Matematica al Women’s Christian College?
Quando mio padre è morto ero molto giovane. Crescere senza di lui e non avere la sua memoria mi hanno formata. Lui era anche molto progressista per la sua epoca. In India abbiamo il “dowry system”, il sistema della dote, ma mio padre l’ha rifiutato. Non seguiva la tradizione indiana, ha preso una posizione anche per gli altri. Per me è stato un esempio e quando si è trattato di decidere che strada prendere, ho scelto quella di artista e di andare negli Stati Uniti. Anche se non era presente ha avuto una grande influenza sulla mia vita.
Sheltered – Italians who Annu Palakunnathu Matthew, Sheltered – Hospital Records, 2025 (Courtesy of the Artist & sepiaEYE, NYC)
Hai mai realizzato un progetto sulla storia della tua famiglia?
In occasione del ventesimo anniversario della sua morte, nel 1998, ho realizzato solo per me e i miei familiari un piccolo libro fatto a mano che riflette i miei ricordi in Inghilterra, dove sono cresciuta. Mio padre è morto subito dopo il nostro ritorno in India. Ho ricreato delle immagini di paesaggio inglese inserendovi le foto della mia famiglia. Facendo delle image transfer con le polaroid ho ottenuto delle immagini distorte, come lo è la memoria. Il testo, invece, parla delle mie scelte sulla vita come se lui fosse ancora vivo. Il titolo è Fabrications of The Truth.
La memoria non è mai lineare: è interpretabile anche alla luce del vissuto dell’individuo. Qual è per te la maggiore difficoltà nel mettere in relazione memorie personali e collettive, lasciando allo spettatore un margine di possibilità d’interpretazione e immedesimazione?
Se fossi una storica dovrei pormi delle domande sui problemi della storia orale, perché questa si basa sulla memoria che è sempre distorta: è una selezione di quello che ricordiamo. Come artista, però, ho la licenza di creare dei lavori su questa storia che ho visto che contiene la verità, così la gente che li vede ha desiderio di capire di più. Non posso certo mostrare la storia intera, ma posso indirizzare l’osservatore perché approfondisca la conoscenza. Questo è il mio ruolo di artista. Manuela De Leonardis
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