Il nome “Meguro” vi dice qualcosa? Eppure è da lì che sono nate le maximoto Kawasaki, dall’azienda originata dall’alleanza di Kawasaki Aircraft, che si occupava di aerei, con la Meguro, produttrice di veicoli terrestri con sede proprio nella città di Meguro. Il nuovo partner già produceva la Stamina K1 ed è su quella che il marchio di Akashi intervenne, riprogettandola: la moto dopo la cura perse 16 kg, passando da 210 a 194 kg, vide notevolmente migliorata l’affidabilità e contemporaneamente anche la velocità massima, passata da 145 a 165 km/h. Si chiamava Kawasaki 500 Meguro K2 e divenne la base per la 650-W1, la prima maximoto tutta Kawasaki, che ebbe un telaio in tubi e un motore bicilindrico sviluppati a quelli partire da quelli della Stamina. Fu l’inizio di una saga arrivata fino ai giorni nostri.

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La Meguro 500 fu la base per la prima maxi Kawasaki

1965 650-W1

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Kawasaki era già entrata nel mercato statunitense con la 125B8 ma per attaccare il segmento delle grosse cilindrate allestì una versione maggiorata della K2, aumentando di 8 mm l’alesaggio del motore bicilindrico di 496 cm³ e portandolo a 624 cm³. Il prototipo fu esposto al 12º Salone dell’Automobile di Tokyo del 1965 ma nel frattempo nello stabilimento Kawasaki di Akashi era già iniziata la produzione in serie dello storico modello W1, quello che sarebbe stato il capostipite. Mentre la velocità massima della K2 era di 165 km/h questa poteva superare i 180 km/h, e nell’accelerazione sui 400 m da fermo aveva fermato il cronometro in 13,8 secondi. Era pensata espressamente per il mercato americano, per cui sfoggiava un serbatoio a goccia di un brillante rosso caramella impreziosito da elementi cromati, in netto contrasto con i colori tenui usati fino a quel momento per le moto giapponesi. Tutto lo styling era pensato in chiave USA e in effetti quando nel 1965 venne presentata la moto ebbe grande successo, gli ordini piovevano prima ancora dell’inizio delle vendite ma soprattutto con questo modello W1 Kawasaki ottenne il riconoscimento mondiale come produttore di moto di grossa cilindrata.

1967 650-WW1SS/W2SS

Per offrire una scelta più ampia al vasto mercato nord americano Kawasaki sviluppò due varianti della sua maximoto. 

La W1SS (qui sotto) aveva decalcomanie con le bandiere a scacchi sui cofani laterali, marmitte corte che emettevano un rombo di scarico entusiasmante e parafanghi corti e sportivi. 

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La versione W2SS (qui sotto) in più aveva doppi carburatori, valvole di aspirazione di maggior diametro e di conseguenza una potenza superiore, passata da 47 CV a 6500 giri/minuto a 53 CV a 7000 giri/minuto.

1968 650-W1S

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Per Kawasaki era importante anche il mercato interno oltre quello americano, per cui realizzò questa versione W1 Special dedicata al Giappone. Le differenze erano poche: aveva due carburatori come la W2SS e la stessa potenza di 53 CV, ma era disponibile anche in una versione blu elettrico ed erano diversi la strumentazione con i quadranti separati, il fanale e gli indicatori di direzione.

1968 650-W2TT

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La famiglia delle “W” Venne arricchita da una versione scrambler per cavalcare un settore che si stava affermando proprio in quel periodo. Era completa di marmitte alte secondo i canoni della categoria mentre il serbatoio cromato negli anni successivi del sostituito da uno completamente verniciato.

1971 650—W1SA

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Il marchio Kawasaki stava divenendo sinonimo di moto di grossa cilindrata grazie all’introduzione della serie H1/H2 nel mercato nord americano, che nel 1972 venne affiancata dalla Z1 (900 Super Four). La W1 col suo motore bicilindrico verticale continuava ad essere apprezzatissima nel mercato giapponese e nel 1971 arrivo questa versione W1SA con i comandi a pedale secondo lo stile europeo, cioè leva del cambio a sinistra e pedale del freno a destra , invece che all’inglese, con il cambio a destra.

1973 650RS (RW3)

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 Fu la prima Kawasaki a montare due freni a disco sulla ruota anteriore. In quello stesso anno il costruttore nipponico lanciò una versione della Z1 900 ridotta a 750 cm³ e questo determinò un boom di quella cilindrata, ma le particolari caratteristiche della serie W e in particolare il feeling del suo motore 650 bicilindrico continuarono ad essere apprezzate, soprattutto tra i giapponesi appassionati di motori tradizionali. Al punto che quando si seppe che le vendite della 650RS nel 1974 sarebbero terminate, il prezzo dei nuovi modelli lievitò, cosa piuttosto rara per quell’epoca.

1999 W650

È la moto del ritorno della serie “W” dopo un quarto di secolo, con un motore tutto nuovo ma sempre bicilindrico verticale raffreddato ad aria. Per sottolineare il collegamento tra la vecchia serie e il nuovo corso la moto fu chiamata W650 anche se la cubatura effettiva era di 675 cm³. Le differenze naturalmente andavano ben al di là della maggiorazione: l’albero motore fasato a 360° rendeva l’erogazione più corposa, la distribuzione non era più comandata da una catena ma da un albero con coppie coniche come sui motori Ducati di quei tempi e la testata era monoalbero a otto valvole. Anche la nuova carrozzeria era all’altezza della fama della “vecchia” W. La produzione durò una decina d’anni e si concluse nel 2009 con una edizione finale in serie limitata.

2006 W400

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Per adeguarsi alle categorie di patente giapponesi nel 2006 Kawasaki mise in produzione è questa W400 che si rivolgeva a un pubblico più giovane e meno esperto. Proprio per questo aveva la sella ribassata e prestazioni più “tranquille”, ed aprì le porte del mondo”W” a una nuova generazione di motociclisti .

2011 W800

Più potenza e più tiro per la moto che sostituì la W650. L’alesaggio era 5 mm maggiore e le nuove misure caratteristiche di 72 x 83 mm portarono la cilindrata da 675 a 773 cm³. La sagoma era quella intramontabile della famiglia, così come il rombo evocativo. Un family feeling mantenuto anche nei dettagli come la tradizionale strumentazione a doppio quadrante e i parafanghi in acciaio cromato. Venne prodotta fino al 2016, anche in questo caso celebrata da una edizione finale.

2025 W800, W230

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Intramontabile. Ancora oggi la famiglia ”W” fa parte della gamma Kawasaki, con due modelli di cilindrata diversa: W800 e W230. Tutti nuovi ma ancora con lo stesso spirito della progenitrice e con unaimpostazione tecnica e stilistica vicinissima a quella originale: serbatoio a goccia, motore bicilindrico parallelo dal temperamento pacioso, manubrione a corna di bue e un’aria che allora era moderna ed oggi è vintage ma resta sempre piacevolissima. Sia nella versione di 800 cm³ con motore bicilindrico parallelo, sia in quella più piccola nella quale il motore è monocilindrico. Sono passati 60 anni esatti e la W ha ancora un suo perché.