Il sito web in cinese mandarino e nessun progetto realizzato lontano da Taiwan, almeno per ora. ChingJu Chen gioca in casa con il suo InOrder Studio fondato nel 2023 a Taichung, la terza città più popolosa dopo la capitale de facto Taipei e Kaohsiung. È in quelle stesse strade che l’architetto ha portato una ventata di stile e colore dietro la facciata beige di un palazzone di quattordici piani nel distretto di Wuri, punto nevralgico con la linea ferroviaria ad alta velocità che copre l’intera isola dal controverso status geopolitico.
L’appartamento di circa centoquarantacinque metri quadrati è abitato da una coppia che preferisce restare anonima: «I proprietari lavorano in ambito scientifico, hanno una carriera importante e tante pressioni. Per scaricare la tensione fanno molto sport all’aria aperta», sottolinea ChingJu Chen. Ecco perché la stanza degli ospiti è usata unicamente per nascondere gli zaini da trekking e le biciclette, con una parete di legno realizzata su misura per mettere in ordine l’attrezzatura. Il parco sotto casa è l’ideale per staccare la spina.
Le grandi finestre del quinto piano incorniciano il polmone verde e lasciano entrare la luce naturale fino a sera, quando lo skyline di Taichung riflette il fascino cangiante di una città in fermento nota per il Teatro Nazionale firmato Toyo Ito e per il Bubble Tea, la bevanda con perle di tapioca che ha fatto impazzire gli americani. «Lo spazio era completamente vuoto. Per arredarlo al meglio abbiamo considerato l’orientamento a sud-ovest che garantisce un’eccellente luminosità e un ottimo ricambio d’aria».
Ad animare gli spazi, un gioco di luci e chiaroscuri accentuato da specchi e tende alla veneziana, in un dialogo di ombre e trasparenze che continua sulle porte, caratterizzate da una serie di oblò di vetro opaco. «Il progetto ha richiesto un anno e mezzo di tempo. Abbiamo fatto una ricerca meticolosa sulla palette cromatica e sui materiali con l’obiettivo di creare un ambiente energetico e armonico allo stesso tempo», dice. Con grande maestria ChingJu ha tessuto una trama di pattern grafici a tinte pastello dove forme e proporzioni cambiano continuamente. Quadrati, rettangoli, cerchi si mescolano a pennellate blu notte e verde salvia, a piastrelle bianco lucido e pannelli di betulla.
Foto Laura Fantacuzzi e Maxime Galati-Fourcade
Scelte eclettiche nel segno di un mix&match capace di fondere design e decorazione. I contrasti però non disturbano, anzi: la poltrona di pelle e l’altra in tessuto vichy, la sedia di faggio e corda e quella in tubolare d’acciaio. E poi un susseguirsi di forme geometriche ad assetto variabile: tavoli asimmetrici, lampade cocoon, tappeti organici e un divano modulare dai volumi extrasoft. «Ogni pezzo interagisce con delicatezza senza sopraffare l’altro. Nessun dettaglio è lasciato al caso. C’è ordine e disciplina nelle idee e nell’esecuzione».
A sorpresa, tra le firme degli arredi ci sono quelle dei maestri italiani come i fratelli Castiglioni, Vico Magistretti, Cini Boeri, che affiancano nomi internazionali da Shiro Kuramata a Charlotte Perriand fino a Ludwig Mies van der Rohe. Accanto alle icone del Novecento, il tocco più contemporaneo di Patricia Urquiola e Nendo, Nathalie Du Pasquier e Sebastian Herkner. Contaminazione, equilibrio, coerenza. Tutto è orchestrato da ChingJu Chen per comporre una sinfonia creativa che non stona mai, anche lontano da Taiwan.
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