La sentenza in commento si occupa di stabilire la competenza territoriale del Tribunale in un caso di licenziamento di un lavoratore il quale, sebbene avesse attrezzato la propria abitazione per lo svolgimento di smart working (con strumentazione fornitagli dal datore di lavoro), tuttavia, rivestendo la qualifica di “commerciale esterno”, è stato accertato che svolgesse principalmente la propria attività presso la clientela, nell’incontro con quest’ultima.
La sentenza muove dall’analisi dell’art. 413 c.p.c., il quale prevede tre fori speciali esclusivi, alternativamente concorrenti tra loro, per stabilire la competenza territoriale del giudice adito: il luogo in cui è sorto il rapporto, quello dove si trova l’azienda ovvero, infine, quello ove si trova la dipendenza aziendale alla quale il lavoratore è addetto.
Ebbene, con riferimento alla individuazione del “foro della dipendenza aziendale” nel caso di prestazione lavorativa in smart working, la Cassazione civile, con sentenza n. 12907/2022, ha stabilito che è territorialmente competente il giudice del lavoro del Tribunale nel cui circondario vi è la residenza del lavoratore, ogniqualvolta il dipendente svolga la prestazione da casa e questa rappresenti una dipendenza dell’azienda. In particolare, è stato affermato che per ritenere se ci si trovi in presenza o meno di una “dipendenza aziendale”, in un contesto legislativo e giurisprudenziale in cui è stato affermato che la nozione debba essere interpretata in senso estensivo (Cass. civ., Sez. VI, 15/7/2013, n. 17347), sia necessario avere riguardo sia all’esigenza di favorire il radicamento del foro speciale del lavoro nel luogo della prestazione lavorativa, da un punto di vista processuale, quanto valutare la prestazione lavorativa effettivamente espletata, da un punto di vista sostanziale. Orbene, in primo luogo va rimarcato che la ratio dell’art. 413 c.p.c., lì dove si è consentito che la competenza per territorio possa essere determinata anche con riguardo alla dipendenza dell’azienda ove il lavoratore presta effettivamente servizio, è quella di rendere più funzionale e celere il processo, radicandolo nei luoghi normalmente più vicini alla residenza del dipendente, nei quali sono più agevolmente reperibili gli elementi probatori necessari al giudizio (Cass. civ., Sez. VI, 11/1/2019, n. 506; Cass. civ., Sez. VI, 15/3/2018, n. 6458).
In tal senso Cass. civ., Sez. lav., 5/6/2000, n. 7489 aveva stabilito che il foro della dipendenza ex art. 413, comma 2 c.p.c. può identificarsi nel luogo ove si trova l’abitazione del lavoratore, qualora presso la stessa sia rinvenibile quel minimo di beni aziendali necessari alla prestazione lavorativa.
Un secondo orientamento della Suprema Corte ritiene, invece, che il concetto di “dipendenza aziendale” non sia elastico.
In particolare, Cass. civ., Sez. lav., 14/10/1999, n. 11586 ha stabilito che nel rapporto di lavoro subordinato privato il luogo ove viene svolta la prestazione lavorativa assume particolare importanza, ai fini della determinazione della competenza territoriale ex art. 413 c.p.c., solo ove la prestazione sia collegata ad una vera e propria dipendenza dell’azienda, con la conseguenza che ove il lavoratore non sia addetto ad alcuna dipendenza può assumere rilievo ai predetti fini anche il luogo di conclusione del contratto.
Può dirsi, quindi, che la “dipendenza”, quale criterio di collegamento per la determinazione della competenza territoriale in ordine alle controversie di lavoro, vada intesa come il complesso di beni aziendali dotato di una individualità tecnico-economica e destinato al conseguimento degli scopi propri della sede aziendale e, pertanto, deve essere costituita da locali e attrezzature pertinenti all’azienda e non può essere identificata tout court con il domicilio del lavoratore (Cass. civ., Sez. lav., 10/12/1985, n. 6237).
La Cassazione civile con ordinanza n. 19023 del 5/7/2023 ha specificato, però, che “sebbene l’orientamento di questa Corte si sia sempre più indirizzato nella direzione dell’ampliamento del concetto di “dipendenza aziendale” per cui esso non coincide con quello di unità produttiva contenuto in altre norme di legge, ma deve essere inteso in senso lato, in armonia con la mens legis, al fine di garantire che il foro speciale del lavoro sia il più possibile prossimo alla prestazione lavorativa (Cass. civ. n. 23110/2010; Cass. civ. n. 3154/2018; Cass. civ. n. 23053/2020; Cass. civ. n. 1285/2022), tuttavia occorre pur sempre la sussistenza di un collegamento oggettivo o soggettivo del luogo ove il lavoratore presta la sua opera con la organizzazione aziendale”.
Con specifico riguardo alla “dipendenza aziendale”, quindi, occorre far riferimento al luogo in cui il datore ha dislocato un nucleo, seppur modesto, di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa (Cass. civ. n. 14449/2019; Cass. civ. n. 4767/2017) ovvero un complesso di beni caratterizzato da un’individualità tecnico-economica e da un collegamento funzionale con il datore di lavoro (Cass. civ., Sez. VI, ord. 8/2/2018, n. 3154). Sussiste, quindi, la dipendenza aziendale ex art. 413, comma 2, c.p.c. quando l’abitazione del lavoratore non sia soltanto il luogo di adempimento della propria prestazione lavorativa ma costituisca, in definitiva, una propaggine funzionale dell’azienda presso cui lavora il dipendente. In assenza di puntuali allegazioni che caratterizzino in qualche modo l’abitazione quale dipendenza aziendale, nel senso delineato, la Cassazione ha ritenuto che tale criterio non possa essere preso in considerazione ai fini dell’individuazione della competenza territoriale, residuando unicamente i criteri del luogo di conclusione del contratto oppure della sede ove il lavoratore era addetto.
Nella sentenza che ci occupa, il Tribunale rileva che, ai fini della individuazione della competenza territoriale in caso di prestazione resa in smart-working, il criterio della residenza ove il dipendente svolge la propria attività non può sempre essere preso in considerazione. In particolare, ciò perché è risultato che l’attività lavorativa era fungibilmente espletata presso le varie residenze della clientela presso la quale il lavoratore si recava, senza che sia emersa l’esistenza di alcun collegamento oggettivo o soggettivo con la propria abitazione.
Riferimenti normativi:
Art. 413, comma 2 c.p.c.
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Tribunale di Vicenza, Sez. lav., sentenza 5 giugno 2025, n. 315