di
Felice Cavallaro

La storica assistente del conduttore morto a 89 anni racconta il viaggio della bara da Roma alla Sicilia e le esequie a Militello in Val di Catania

MILITELLO IN VAL DI CATANIA (CT) È tornato a casa, come dopo un grande viaggio. E i suoi concittadini di Militello che l’hanno sempre seguito, da Canzonissima a Sanremo, dai festival del cinema alle imprese teatrali e sportive, orgogliosi del loro Pippo, lo abbracciano con un funerale dove prevale il sorriso, il ricordo, come una festa.

Applaudendo già a mezzanotte, quando il feretro s’accosta al sagrato del Santuario, con un van nero da dove escono la figlia del grande Baudo, Tiziana, e Dina Minna, la storica assistente di questo presentatore, arrivato dalla camera ardente del Teatro delle Vittorie nel cuore della sua Sicilia.
Un approdo con stupore della stessa Minna fra gli applausi, due ali di folla fino al santuario di Santa Maria della Stella zeppo di intere famiglie raccolte per ore fuori la navata.



















































«Esequie notturne. Un affetto travolgente», ricostruisce questa signora che ha condiviso con il presentatore quasi 36 anni di impegno professionale, giorno dopo giorno, fra palcoscenici e studi televisivi. «E adesso devo pensare a corone, protocollo, ai parenti…», sussurrava ieri mattina quando già si preparava il secondo funerale, quello ufficiale, con la diretta tv, le autorità, il figlio di Baudo, Alessandro, giunto dall’Australia, priorità e mappe dei banchi per riservare i posti, come una prima teatrale. E lei, guardando la bara del suo maestro, quasi rimproverandogli la fatica: «Pippo, più facile organizzare Sanremo che il tuo funerale». Coglie la battuta e sorride Salvo La Rosa, il presentatore siciliano tante volte «spalla» di Baudo, anche a Sanremo, come ricorda Dina Minna accogliendolo: «Lo sai come ti chiamava, “il Pippobaudo della Sicilia”».

Capelli stirati sulla nuca, grandi occhiali, un sorriso che cela la pena, Dina Minna si aspettava il calore di questo paese amministrato da un grande amico di Pippo, Giovanni Burtone, vecchia guardia di una Democrazia cristiana che non c’è più. Ma non immaginava che cosa è accaduto percorrendo gli ottocento chilometri del viaggio da Roma: «Le macchine in autostrada rallentavano, si accostavano e dai finestrini tutti mandavano baci. Omaggi alle soste. Poi a Villa San Giovanni l’emozione più grande, il traghetto. Dalla terrazza più alta dove a lui piaceva affacciarsi, la Sicilia che si avvicinava. Ogni volta che arrivavamo in macchina, saliva su, doveva quasi sfiorare la Madonnina di Messina, prima di scendere a riprendere il suo posto in auto…».

Ascoltano, pronti a dare una mano per l’organizzazione, tre ragazzoni che vengono scambiati per i nipoti di Baudo. E un po’ lo sono perché Alessandro, Pierfrancesco e Andrea Crucitti sono cresciuti con Pippo, da bambini, figli del chirurgo del Campo biomedico di Roma, Pierluigi Crucitti, il professore, anzi l’amico che è stato vicino fino alla fine. A loro e alla mamma Laura Picalarga ha voluto affidare alcune letture del rito, Dina: «Rappresentano al microfono le voci del popolo, degli amici, della gente che ha voluto bene a Pippo».

Tutti raccolti nelle prime file, poi al cimitero. Amicizia solida. Cure offerte da Crucitti con la solerzia di un fratello in quell’ospedale dove Baudo si è spento. Anche se ieri prevaleva la luce. Con il sole come un faro su quella semplice bara accarezzata da un tappeto di rose rosse, una blu al centro. Ed è sempre la grande assistente a spiegare: «Perché la rosa blu? Perché a lui piacevano tanto. Ma non potevamo metterle tutte blu».

Aveva previsto il finale il mattatore delle scene o «l’Enrico Mattei della Rai», come l’ha definito il sindaco Burtone. E aveva scelto anche la colonna sonora, come Dina ha indicato, facendo intonare l’Intermezzo della Cavalleria rusticana all’uscita dal santuario. Scena finale del grande viaggio. E della diretta Tv. L’ultima di Pippo. Ma siamo solo all’inizio delle repliche.

21 agosto 2025