Sette anni possono essere un periodo davvero lungo. Soprattutto se si tratta del tempo necessario per ottenere nuove informazioni sul sequel di uno dei metroidvania più amati e di successo dell’intera storia dell’industria, quell’Hollow Knight che ha contribuito a cambiare i paradigmi della categoria, ibridandoli con alcuni meccanismi mutuati dai Souls e proiettandosi verso picchi di difficoltà (e soddisfazione) inusitati. La bizzarra ma affascinante creatura di Team Cherry, infatti, rifuggiva la codifica classica del genere per proporre un’esperienza del tutto priva di guide o assistenze di sorta, confezionata con il preciso intento di sfidare il giocatore anzitutto sul piano mentale ancorché su quello meccanico.
Ebbene, è arrivato il momento di riporre nel cassetto il proverbiale naso da clown: dopo sette lunghissimi anni fatti di preoccupanti silenzi, tristi rinvii e rumor infondati, il piccolo collettivo australiano ha finalmente alzato il sipario sul tanto bramato sequel che non solo è apparso in forma tangibile durante la Opening Night Live condotta da Geoff Keighley ma pare addirittura stagliarsi all’orizzonte, con un’uscita prevista entro la fine dell’anno. In occasione dell’edizione di quest’anno della Gamescom di Colonia, abbiamo potuto provare Hollow Knight Silksong, in riproduzione sulla nuova ROG Xbox Ally Xbox ma in un ambiente di test parecchio circoscritto (stiamo parlando di un frammento di gameplay dalla durata di appena dieci minuti, basato sui primi livelli della campagna). Ecco le nostre impressioni preliminari.
La struttura alare del calabrone non è adatta al volo…
Muovendo i primi passi a Moss Grotto, la sensazione dominante è quella di una familiarità istantanea, enfatizzata da uno schema di comandi rimasto pressoché invariato rispetto al capostipite del franchise e dalla medesima direzione artistica, ispiratissima ma comunque imperniata sugli stessi stilemi concettuali dell’illustre predecessore.
C’è, però, una grossa novità, quella che più di tutte aveva incuriosito gli appassionati di tutto il mondo in fase di annuncio, ormai quasi un decennio fa: il cambio di protagonista. Il Cavaliere, valoroso eroe della scorsa edizione, lascia il posto alla sinuosa Cacciatrice, Hornet, già apparsa nel primo Hollow Knight in veste di boss e di NPC ricorrente per tutta la durata dell’avventura. Enigmatica quanto straordinariamente carismatica (complice anche l’eleganza del design tratteggiato da Team Cherry), Hornet è plasmata sulle fattezze di un calabrone, una brillante trovata sotto il profilo della caratterizzazione che le conferisce una spiccata leggiadria nei movimenti e le garantisce, naturalmente, l’accesso a un acuminato, letale pungiglione. Quest’ultimo, l’arma principale in dotazione alla Cacciatrice, in Silksong assume le fattezze di un’affusolata lancia e rappresenta uno dei maggiori punti di rottura rispetto alla passata iterazione del brand. Laddove l’iconico Aculeo del Cavaliere gli consentiva di effettuare attacchi piuttosto rapidi ma da solo da distanze abbastanza brevi, il più esteso pungiglione di Hornet le consente di mantenere una certa distanza dai famelici nemici, durante le serrate battaglie proposte dal titolo.
Il lato negativo? L’animazione dell’attacco standard in orizzontale ci è sembrata leggermente più lenta rispetto a quella tipica dell’Aculeo mentre i colpi verso l’alto e le rasoiate aeree risultano sensibilmente più rapide nell’esecuzione.Questa scelta può essere dovuta a una precisa volontà degli sviluppatori che intendevano modificare l’approccio agli scontri all’arma bianca proposti dal titolo facendo leva sulle capacità atletiche della nuova protagonista per promuovere in maniera più marcata le battaglie aree, sacrificando una parte della frenesia dei duelli a terra.
A ulteriore riprova di questo sospetto, Hornet è stata dotata di un poderoso calcio volante in caduta diagonale che va a sostituire la picchiata lineare del precedente episodio. Se scatenato all’apice del salto, questo attacco può infliggere danni ingenti ai nemici sottostanti con una manovra fulminea ma, per forza di cose, non sarà più possibile concatenare i gli impatti rimbalzanti come avveniva nel primo Hollow Knight.
Quella che può sembrare una modifica minore o di poco conto, in realtà si traduce in un’importante trasfigurazione dei ritmi di gioco, con l’introduzione di inedite logiche offensive che dovremo imparare a padroneggiare: anche se siete fan incalliti del primo capitolo, Silksong vi costringerà a riscrivere la vostra memoria muscolare, riadattandola a un contesto che, sotto le apparenze familiari, nasconde diverse variazioni strutturali.
Ci sono anche altre sostanziali modifiche al sistema di combattimento e di navigazione degli scenari.
La Protettrice di Nidoscuro, ad esempio, è capace di effettuare scatti laterali piuttosto ampi che le consentono sia di raggiungere piattaforme lontane che di eseguire repentine schivate nei frangenti di lotta. Va detto, però, che i fotogrammi di invincibilità non ci sono sembrati calibrati alla perfezione poiché molto spesso ci siamo ritrovati a subire danni anche quando eravamo convinti di aver evitato agevolmente l’offensiva avversaria. Vi chiederete, a questo punto, se tutti questi cambiamenti comportano una diluizione in materia di difficoltà generale. E la risposta non potrebbe essere più negativa. A giudicare dalla brevissima demo che abbiamo potuto saggiare, Silksong mantiene un tasso di sfida elevatissimo, specie nelle tesissime tenzoni coi boss, anche qui presenti in largo numero. Come se non bastasse, nei pochissimi minuti a nostra disposizione, abbiamo potuto incontrare un cospicuo numero di nemici da battere, profondamente differenti sia sotto il punto di vista estetico che sul piano del moveset, un fattore che dovrebbe assicurare una certa diversificazione sul lungo periodo. Insomma, pare proprio che Team Cherry abbia fatto le cose in grande, per questa seconda incarnazione della serie.
…ma lei non lo sa e vola lo stesso.
Che dire, invece, del comparto artistico? Come era lecito aspettarsi, Silksong mantiene una certa continuità stilistica con il suo predecessore, riproponendo lo stesso look ‘chibi gothic’ che ha reso celebre il titolo del 2017. Al netto della nuova eroina, più slanciata e aggraziata, la presentazione generale appare in tutto e per tutto coerente con quanto visto nella prima avventura, seppure impreziosita da un quantitativo maggiore di elementi a schermo e da una buona varietà di effetti visivi.
Se dovessimo ricercare la principale novità, sotto questo aspetto, punteremmo il dito verso le palette cromatiche adottate dallo studio di Adelaide che, in controtendenza rispetto alla (dis)avventura del Cavaliere, mette in luce colori accesi, vividi e vibranti e un’atmosfera generale un filo meno tetra. Sia l’ambientazione naturalistica di Moss Grotto che quella a tinte steampunk di Deep Docks appaiono luminose e marcatamente meno asfissianti di quanto siamo stati abituati a conoscere.