di
Ruggiero Corcella

Un editoriale del BMJ propone di dotare l’Organizzazione Mondiale della Sanità di una cornice «tech-specific» per gestire in modo trasparente e responsabile le partnership con le grandi piattaforme digitali. Obiettivo: massimizzare i benefici per la salute pubblica, prevenendo conflitti di interesse, dipendenze tecnologiche e opacità nell’uso dei dati

Qual è il rapporto tra l’Organizzazione mondiale della sanità e le Big Tech? Google, Microsoft, Amazon e Meta, per non parlare di Apple, sono prmai entrate in modo prepotente nel settore della salute. Il coinvolgimento delle Big Tech nel settore sanitario non si limita alla fornitura di soluzioni software, ma si estende anche all’utilizzo dell’intelligenza artificiale (AI) e dell’analisi dei dati per rivoluzionare l’assistenza ai pazienti.

Algoritmi, infrastrutture cloud e piattaforme social influenzano oggi sorveglianza sanitaria, comunicazione del rischio, accesso ai servizi e persino priorità di ricerca: un raggio d’azione che richiede standard, obblighi e controlli specifici per il mondo digitale. Per questo Ilona Kickbusch e Louise Holly (rispettivamente direttrice e coordinatrice di ricerca al Laboratorio di Trasformazioni Digitali per la Salute, Università di Ginevra) e Barbara Prainsack (professoressa di Analisi comparate delle politiche pubbliche al Dipartimento di Scienze Politiche, Università di Vienna) in un editoriale pubblicato sul British medical journal chiedono all’Oms  di «adattarsi all’era digitale e affrontare gli impatti, positivi e negativi, del nuovo ambiente digitale con maggiore urgenza… per mantenere la propria autorità e la fiducia del pubblico nelle organizzazioni e nelle iniziative sanitarie globali».



















































L’impatto delle Big Tech sulla salute

«Le aziende Big Tech (tecnologiche) sono ormai un potente attore strutturale nella salute globale, non solo fornitori di servizi. L’impatto di questo cambiamento sulla salute è sostanziale, poiché la loro influenza abbraccia l’erogazione dell’assistenza sanitaria, gli strumenti di salute digitale, l’uso dei dati sanitari, la disinformazione e l’influenza sulle dinamiche politiche», scrivono le autrici.

Lo stato dell’arte

L’Oms non parte proprio da zero ma, scrivono Kickbush e colleghe «l’approccio alla collaborazione con le aziende tecnologiche è frammentato e necessita di aggiornamenti. Attualmente, l’OmsS opera secondo regole generali, come il Framework of Engagement with Non-State Actors (FENSA). Questo framework è stato adottato nel 2016 dopo lunghe e complesse negoziazioni. Si applica a tutti gli attori non statali, comprese le aziende tecnologiche, e fornisce un quadro politico per la collaborazione dell’Oms con organizzazioni non governative, aziende private e organizzazioni filantropiche. Tuttavia, manca di linee guida operative specifiche per le diverse tecnologie, paragonabili a quelle stabilite per il settore farmaceutico».

È vero: l’Oms ha anche sviluppato quadri e strategie per la salute digitale, come la Strategia globale sulla salute digitale 2020-25, recentemente estesa al 2027. «Sebbene la strategia offra una tabella di marcia per l’implementazione della salute digitale, non affronta specificamente le complessità del coinvolgimento con le grandi aziende tecnologiche né fornisce raccomandazioni su come i paesi dovrebbero governare le attività del settore tecnologico per garantire risultati sanitari equi. Diversi dipartimenti dell’Oms lavorano sugli impatti del settore tecnologico sulla salute, ma non hanno ancora adottato un approccio consolidato. L’Oms vanta decenni di esperienza e consolidati precedenti politici nelle sue interazioni con l’industria farmaceutica. Potrebbe imparare da questo approccio e sviluppare linee guida simili per collaborare con il settore tecnologico».

I rischi senza governance dedicata

Gli impegni diretti dell’Oms con le Big Tech sono relativamente recenti e hanno acquisito slancio durante la pandemia di Covid-19, quando le piattaforme di social media, gli strumenti di intelligenza artificiale e i sistemi di dati sanitari sono diventati vitali per gli sforzi di risposta alla pandemia.«Un esempio di ciò è stata la partnership dell’Oms con TikTok, avviata durante la pandemia per contribuire a contrastare la disinformazione sanitaria online – si rammenta nell’editoriale- . Aziende come Google, Microsoft, Amazon e Meta hanno da allora ampliato la loro cooperazione con l’Oms e il loro ruolo nel settore sanitario, sviluppando l’intelligenza artificiale per la diagnostica medica, l’archiviazione di dati sanitari basata su cloud e applicazioni per la salute digitale. Tuttavia, i quadri normativi che regolano queste collaborazioni rimangono poco sviluppati».

Le criticità

Senza una cornice esplicita, l’Oms può esporsi a tre criticità: conflitti di interesse difficili da rilevare, lock-in tecnologici che limitano concorrenza e portabilità, e un deficit di  responsabilità sugli esiti reali di progetti guidati da partner con forte potere di mercato. Per Kickbush e colleghe, l’assenza di regole chiare mina la legittimità delle collaborazioni e può amplificare le disuguaglianze tra Paesi con diversa capacità negoziale.

Trasparenza e responsabilità come prerequisiti

Secondo le autrici per affrontare queste sfide, l’Oms dovrebbe sviluppare quadri di governance specifici per la tecnologia, basati sui principi del FENSA e al contempo in grado di affrontare i rischi e le opportunità unici posti dalle Big Tech . L’editoriale chiede che i termini delle partnership con le Big Tech siano pubblici e verificabili: obiettivi, indicatori di esito (qualità, sicurezza, impatto sull’equità), gestione dei dati e diritti di recesso. La trasparenza deve essere accompagnata da responsabilità misurabile: audit indipendenti sugli algoritmi, rendicontazione periodica e meccanismi sanzionatori se gli impegni non vengono rispettati.

Dati, privacy e diritti

Oltre al loro ruolo nei sistemi sanitari, le tecnologie digitali hanno anche implicazioni più ampie per la salute pubblica. L’impatto dell’uso delle tecnologie digitali sulla salute mentale e sul benessere dei giovani è una preoccupazione crescente per molti Paesi. « La Commissione per la Connessione Sociale dell’Oms mira ad affrontare questo problema, così come il Quadro Globale dell’Oms sul Benessere e la Promozione della Salute», sottolinea l’editoriale. Ma non basta. Per prevenire derive opache, nell’editoriale si sollecitano tutele esplicite su privacy, uso secondario dei dati e tracciabilità delle decisioni algoritmiche. La raccolta e l’elaborazione di informazioni sanitarie devono avere basi legali chiare, processi di minimizzazione e strategie robuste di anonimizzazione; al tempo stesso, va garantito l’accesso equo ai risultati (strumenti, modelli, aggiornamenti), evitando che l’innovazione riproduca squilibri strutturali.

Interoperabilità contro i «giardini recintati»

Una regola pratica proposta è favorire standard aperti e interoperabilità, così da ridurre la dipendenza da soluzioni proprietarie difficili (e costose) da abbandonare. Portabilità dei dati e requisiti tecnici comuni permettono di adattare gli strumenti a contesti a risorse limitate e di preservare la capacità dei sistemi sanitari di scegliere e cambiare fornitori senza traumi organizzativi.

Un cantiere istituzionale: gruppi di lavoro e patto globale

Le autrici indicano passi concreti: istituire un gruppo di lavoro dedicato alle trasformazioni digitali in sanità, con il mandato di definire confini etici, obblighi di trasparenza e responsabilità per le partnership tecnologiche; nel medio periodo, lavorare alla costruzione di un patto globale sulla governance della salute digitale e dell’intelligenza artificiale, per fissare standard comuni riconosciuti dagli Stati membri.

Un cantiere istituzionale: gruppi di lavoro e patto globale

La riuscita del nuovo approccio dipende anche dai governi: sostegno politico alla definizione di regole condivise, co-finanziamento di funzioni chiave (valutazioni indipendenti, audit, monitoraggio), integrazione degli standard Oms nei processi nazionali di «procurement» e regolazione. Con questa architettura, collaborazioni con le Big Tech restano possibili, ma su basi pubbliche, verificabili e orientate all’interesse collettivo.

21 agosto 2025