“C’è un silenzio fastidioso”: così Stanislav Gajvoronskij, il proprietario della libreria russa Itaka books a Tbilisi, la capitale della Georgia, descrive quello che da mesi succede al confine russo-georgiano, dove i doganieri di Mosca bloccano i nuovi titoli degli editori russi ordinati per il negozio. Senza una spiegazione.
Gajvoronskij è noto ai lettori moscoviti per essere stato l’ideatore della libreria Chodasevič, nel quartiere di Kitaj-Gorod, nel centro della città. Sei mesi prima dell’inizio della guerra l’ha lasciata a un gruppo di amici e si è trasferito a Tbilisi. Nonostante la crescita della diaspora russa dopo lo scoppio della guerra e le campagne di arruolamento, nella capitale georgiana il settore librario non si può definire florido o stabile. Le novità arrivano in negozio con difficoltà e per preservare la liquidità Itaka books ha dovuto organizzare diverse svendite promozionali. La scorsa primavera Gajvoronskij ha pensato di chiudere, perché non aveva i soldi per pagare l’affitto, ma grazie a un crowdfunding sui social si è rimesso in piedi. “È così che oggi vivono le librerie indipendenti”, dice con un sorriso.
Nel quarto anno dell’invasione dell’Ucraina e dell’emigrazione di massa dalla Russia, i problemi non riguardano solo le librerie all’estero, ma anche il cosiddetto tamizdat, cioè la pubblicazione e diffusione all’estero di opere censurate in Russia.
La censura editoriale è andata a pieno regime nell’estate del 2022, quando le proteste e le denunce dello scrittore nazionalista Zachar Prilepin e del regista Nikita Michalkov hanno portato al ritiro dalle librerie del bestseller di Katerina Silvanova ed Elena Malisova Leto v pionerskom galstuke (Un’estate col fazzoletto da pionieri), un romanzo di formazione che racconta la storia d’amore tra due ragazze adolescenti. Nel novembre 2022 è entrata in vigore una nuova versione della legge contro la “propaganda lgbt”, che impone il divieto totale di opere come quella appena citata, senza però specificare cosa sia esplicitamente bandito e cosa debba essere semplicemente evitato.
Nel dicembre 2022 tutti i libri sospettati di contenuti lgbt (novità e perfino classici) hanno cominciato a essere rimossi dagli scaffali delle biblioteche di Mosca.
Quando la biblioteca di stato russa ha rifiutato di attenersi alle prescrizioni di questa censura non ancora ufficiale, la duma, la camera bassa del parlamento russo, si è affrettata a vietare l’esposizione nelle biblioteche dei libri scritti da “agenti stranieri” (dal 2012 in Russia una legge impone a individui e organizzazioni che ricevono finanziamenti dall’estero, anche minimi, di registrarsi come agenti stranieri. Il provvedimento è servito a screditare e a mettere a tacere oppositori, giornalisti indipendenti e ong). Nel 2024 la comunità lgbt è stata dichiarata “organizzazione estremista” dalla corte suprema di Mosca, ed è stata vietata la pubblicazione di qualsiasi libro con un accenno di contenuti queer. Allo stesso tempo la nuova censura ha cominciato ad assumere una forma istituzionale. Nell’aprile 2024 è stato creato un “gruppo di esperti” con il compito di verificare che i contenuti dei libri fossero conformi alla legge. Tra gli “esperti” ci sono rappresentanti del Roskomnadzor (il servizio federale per la supervisione delle comunicazioni), della Società storica russa, della Società storico-militare russa, della chiesa ortodossa, dell’Istituto letterario Maksim Gorkij e di altre organizzazioni istituzionali.
Il dipartimento è subito entrato in azione, ritirando dalla vendita i romanzi Una vita come tante di Hanya Yanagihara, La canzone di Achille di Madeline Miller, Le ore di Michael Cunningham, La stanza di Giovanni di James Baldwin e il testo russo di Vladimir Sorokin Nasledie (Eredità). Tutti libri molto noti e molto venduti.
L’ultimo colpo inferto all’editoria è il cosiddetto processo agli editori: il 14 maggio 2025 il Comitato investigativo russo ha arrestato dieci dipendenti del gruppo editoriale Eksmo e del suo marchio Individuum. Tre di loro – il direttore Dmitrij Protopopov, l’ex direttore commerciale Pavel Ivanov e il responsabile di magazzino Artem Vachljaev – sono stati accusati di estremismo e “complicità con la comunità lgbt”. Le accuse riguardano Leto v pionerskom galstuke e altri libri con personaggi queer pubblicati tra il 2019 e il 2022, cioè prima dell’adozione delle leggi sulla censura. Una fonte della testata russa Rbk sostiene che i volumi fossero distribuiti dal negozio online Kiosk, fatto chiudere il 2 novembre 2024, che vendeva i titoli delle case editrici Popcorn books e Individuum. Solo in seguito i libri degli editori in questione sono comparsi sul sito del gruppo Eksmo. Gli imputati rischiano fino a otto anni di carcere.
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A maggio le forze di sicurezza hanno fatto incursione anche in alcune librerie di San Pietroburgo, Mosca e Novosibirsk. I negozi della capitale sono stati multati per la vendita di testi sul femminismo e dei diari dell’anarchico bielorusso Ihar Alinevič. A giudicare dalla solerzia delle forze di sicurezza, la repressione è solo all’inizio. Il settore è preoccupato: gli editori adesso controllano con estrema attenzione i manoscritti, alla ricerca di contenuti che possono anche lontanamente essere considerati illegali, le librerie ritirano i libri dagli scaffali e le biblioteche mandano in archivio le pubblicazioni “indesiderate” o le distruggono.
Concorrenti o c0mplementari
La risposta a questi problemi può essere, almeno in parte, il tamizdat. Sulle orme di una pratica già diffusa ai tempi dell’Unione Sovietica, il tamizdat attuale ha cominciato a svilupparsi subito dopo l’invasione dell’Ucraina e, a differenza del samizdat (la pubblicazione in proprio dei testi, il sistema più diffuso per la diffusione della letteratura proibita ai tempi dell’Urss), si è messo in moto prima che lo stato lanciasse la sua compagna repressiva.
Tra le prime imprese c’è stata la Freedom letters, nata nel marzo 2022. Il suo proprietario, Georgij Urušadze, racconta che la decisione di pubblicare all’estero è arrivata spontaneamente: “Mi occupo di libri da una vita, così a un certo punto ho deciso di creare una casa editrice. Per prima cosa ho calcolato il budget e cercato i finanziamenti: sapevo che senza sponsor un progetto culturale non aveva futuro. Tutto faceva pensare che sarebbe stata un’attività non redditizia e forse inutile”. Alla fine il progetto si è concretizzato e oggi funziona grazie al sostegno dei lettori. Ha anche incassato ottimi successi con Springfield di Sergej Davydov, sulla vita di una coppia gay nella regione di Samara, e Myš (Topo) di Ivan Filippov, un racconto distopico su un’apocalisse zombie che distrugge Mosca.
Negli ultimi anni sono state almeno una decina le nuove case editrici aperte oltre i confini russi. Meduza, per esempio, si concentra sul giornalismo e sulla saggistica politica, Vidim books pubblica autori bollati come “agenti stranieri“ o impubblicabili in Russia, come Linor Goralik, Andrej Zubov, Dmitrij Gluchovskij. Anche lo scrittore Boris Akunin ha aperto una sua casa editrice, BAbook, che diffonde, oltre alle sue opere, i testi di altri autori messi all’indice, come Michail Šiškin.
La concorrenza tra editori è pressoché simbolica, dato che i modelli letterari e gli argomenti trattati sono molto diversi. Per fare un esempio, la Papier-Mâché è specializzata in autobiografie romanzate, la cosiddetta autofiction, e prosa non canonica di autori di lingua russa, mentre la Babel offre titoli di letteratura contemporanea, come quelli di Lev Rubinstein, Evgenija Berkovič e Aleksander Delfinov.
Nel quarto anno di guerra le librerie russe all’estero continuano a moltiplicarsi: a Praga, a Lisbona, a Belgrado, in Montenegro
Secondo Urušadze lo status di agente straniero non ha interferito molto con le vendite. Anzi, spesso gli autori inseriti nelle liste vietate guadagnano in notorietà: “Per scherzare, dico sempre che il nostro dipartimento di pubbliche relazioni è composto dal capo del Roskomnadzor, dal ministro della giustizia e dal procuratore generale: ci fanno più pubblicità loro di quanta ne facciamo noi”.
Gli autori bollati come “agenti stranieri” sono d’accordo: non è questo il problema principale dell’editoria russa. “In effetti le cose non sono cambiate granché. Non seguo le regole e sui miei scritti non applico il disclaimer che sarebbe obbligatorio. Vaffanculo al ministero della giustizia. Però grazie a questo status ho potuto affittare un appartamento a Berlino: il proprietario in qualche modo voleva aiutarmi”, racconta lo scrittore Ivan Filippov.
“Credo che circa la metà dei miei lettori abituali abbia lasciato il paese, e che l’altra metà riceva regolarmente i libri e legga i miei articoli. I lettori stranieri (e in particolare gli ucraini) sono aumentati in modo significativo. Da loro ricevo continui feedback. E non è vero che il lettore russo è diventato ostile, arrabbiato, completamente assoggettato alla propaganda”, afferma Dmitrij Bykov, convinto tuttavia che esistano delle differenze tra il pubblico di lingua russa all’estero e quello all’interno del paese: “La maggior parte del pubblico che vive in Russia vuole ascoltare e leggere cose rassicuranti, in linea con ciò che già sa. Chi vive in Russia non accetta il fatto che nella sua forma attuale la cultura nazionale sia finita, che sia impossibile produrre qualcosa di davvero nuovo. Potrà ripetersi, riproporre le stesse idee e gli stessi temi. Ma non all’infinito, perché la cultura è alimentata dallo sviluppo, e oggi i requisiti per creare sviluppo in Russia non ci sono”.
Tra gli editori russi in patria e all’estero non c’è concorrenza. Piuttosto gli uni sono complementari agli altri. “Si fa quello che si può. Quando un’opera non può essere pubblicata in Russia, si stampa all’estero. Per esempio in Armenia”, spiega Vladimir Charitonov, direttore tecnico di Freedom letters.
Secondo Maksim Mamlyga, caporedattore del progetto editoriale Billi, misurare l’impatto del tamizdat sui russi che vivono in Russia non è facile: “I rischi evidenti e la criminalizzazione della libertà di parola, sui blog e sui mezzi d’informazione all’interno della Russia non troviamo riscontri sulla diffusione del fenomeno. Non sappiamo se il tamizdat è scaricato illegalmente online o se è trasportato fisicamente in zaini e valigie”. Inoltre, continua Mamlyga, a causa dei divieti e dell’emigrazione forzata di scrittori e lettori, il pubblico non sta aumentando: “Per trovare un tamizdat di tuo gradimento, ti devi impegnare e questo, in un mondo dove tutto deve essere facile e a portata di mano, sembra quasi una follia. Infine va detto che i mezzi d’informazione fuori della Russia dovrebbero dedicare al tamizdat più tempo e più spazio. Per adesso non si sta facendo abbastanza.”
Nello studio della tv indipendente Dožd (pioggia), a Mosca, 26 febbraio 2024
(Nanna Heitmann , Magnum/Contrasto)
Anche secondo Charitonov la crescita del tamizdat e l’interesse dei lettori sono ancora limitati: “Nella diaspora l’editoria in lingua russa è frenata dalla mancanza di pubblico e da questioni logistiche. Per i lettori stranieri di lingua russa il tamizdat offre troppo poco, mentre per chi vive in Russia è troppo rischioso”.
Le difficoltà dei librai
Nel quarto anno di guerra le librerie russe all’estero continuano a funzionare e a moltiplicarsi: a Praga, a Lisbona, in Montenegro, a Belgrado. Nel febbraio 2025 a Londra ha aperto Idiot books, con novità e classici. Uno dei motivi che hanno spinto i proprietari a lanciarsi in quest’iniziativa è stata la chiusura delle sezioni in russo nelle librerie Waterstones e Foyles.
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“Perché aprire proprio ora un negozio di libri in russo a Londra? Forse perché nessuno l’aveva mai fatto prima. Quanto ai margini di profitto, è troppo presto per parlare: siamo aperti solo da pochi mesi”, dice Anna Petrova, una delle proprietarie. Idiot books sta organizzando una serie di eventi per promuovere il negozio. I libri più richiesti sono i classici, mentre le novità, stampate all’estero o in Russia, si vendono molto meno. “I classici vanno meglio anche perché sono molto più economici”, sottolinea Gajvoronskij della Itaka books. Nel mercato librario c’è chi si lamenta che i libri sono troppo costosi e chi del contrario. Oggi un libro pubblicato in Russia che vuole accedere al mercato estero deve passare per diversi mediatori ed è tassato più volte. Così il prezzo finisce per aumentare sensibilmente.
Il trasporto e lo sdoganamento nei paesi dell’Unione europea di libri pubblicati in Russia comporta un aumento del 50 per cento del prezzo, fa notare il proprietario di una delle librerie russe a Praga. Tuttavia i libri russi stampati e venduti all’estero sono ancora più costosi, in parte anche per la loro scarsa diffusione. Generalmente costano intorno ai 20–25 euro, circa il doppio dei volumi venduti in Europa nelle lingue dei singoli paesi. Ma questo non frena i lettori, che continuano a comprare la saggistica di attualità pubblicata da editori indipendenti: nonostante l’alto prezzo, nel 2024 il libro più venduto in Russia è stato Patriot , il memoir postumo del dissidente Aleksej Navalnyj, pubblicato in russo in Lituania.
“Molte case editrici russe, per esempio Alpina, stanno scoprendo nuovi nomi interessanti, però il pubblico è ancora diffidente. A comprare i classici sono soprattutto i lettori georgiani, mentre i nostri clienti principali sono russi della diaspora”, spiega Aleksej Sivuchin, proprietario della catena di libri Auditorium, raccontando la sua esperienza in Georgia, dove, oltre ai problemi con la dogana, oggi ci sono anche rischi politici: a causa della legge locale sugli “agenti stranieri“ è sempre più complicato invitare ospiti dall’estero. “Le autorità georgiane sono piuttosto ostili versi gli autori russi bollati in patria come ‘agenti stranieri’. A molti è vietato l’ingresso nel paese, altri sono costretti ad aspettare ore al confine prima di essere ammessi. I russi che arrivano in Georgia hanno lasciato il loro paese per motivi diversi. In certe circostanze fare progetti per il futuro è difficile. Dall’inizio del 2025 le vendite di libri sono diminuite in modo significativo, ma ora la situazione è in ripresa, grazie al turismo e a chi torna a Tbilisi, soprattutto d’estate, perché si è innamorato del paese. Questo ci aiuta, ma non è chiaro cosa succederà in futuro”.
Di recente Auditorija ha aperto punti vendita a Belgrado e a Budva, in Montenegro. Secondo Sivuchin, i nuovi clienti aiuteranno l’azienda a restare a galla.
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Il formato del tamizdat comincia ad avere i suoi festival e premi letterari. Nel settembre 2024 il Prague book tower ha avuto più di 1.200 visitatori, e i titoli più venduti sono stati un saggio sull’emigrazione russa in Cecoslovacchia e i nuovi testi dello scrittore Viktor Šenderovič e del critico cinematografico Anton Dolin.
Cultura
I divieti negli Stati Uniti
La messa al bando dei libri è sempre più frequente negli Stati Uniti. Secondo Pen America, un’associazione per la libertà di espressione, nel 2023-24 i divieti sono stati circa diecimila, il quadruplo rispetto agli anni precedenti. Pen America definisce “divieto” la rimozione dalle biblioteche scolastiche di un volume, o la limitazione al suo accesso, a causa del contenuto. Queste misure sono decise su richiesta di genitori o politici con tendenze reazionarie.
I temi che determinano i divieti hanno spesso a che fare con la sessualità, anche se trattata in modo molto blando (la contea di Monroe, in Tennessee, ha proibito un’opera con una statua classica a figura nuda in copertina) e i traumi dell’adolescenza, che evidentemente turbano molto i genitori. Tra i libri più censurati ci sono tre opere di Ellen Hopkins riguardanti droga, autolesionismo e prostituzione. Anche la rappresentazione del razzismo suscita indignazione: alcune scuole proteggono gli studenti perfino dai classici di Maya Angelou (Io so perché canta l’uccello in gabbia) e Alice Walker (Il colore viola). Ma i volumi più bersagliati sono quelli che trattano di omosessualità e in particolare di transessualità.
Il libro più vietato in assoluto è però Diciannove minuti di Jodi Picoult, un romanzo su una sparatoria in una scuola. Il motivo non è il timore che possa spingere all’emulazione, ma la descrizione di uno stupro. Un altro volume spesso preso di mira è Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood, su un futuro dispotico in cui alle donne è vietato leggere. Tra gli stati più zelanti nell’applicazione dei divieti ci sono la Florida e l’Iowa.
Negli Stati Uniti, insomma, il dibattito su quali libri siano adatti agli studenti è particolarmente acceso e usato per mobilitare gli elettori in campagna elettorale. Preoccupato per la diffusione della censura, nel 2023 l’ex presidente Joe Biden aveva nominato all’interno del dipartimento per l’istruzione un “coordinatore per i divieti sui libri”, incaricato di occuparsi della questione. Uno dei primi atti di Donald Trump è stato eliminare questa figura. The Economist
Un’altra importante fiera di tamizdat è la Berlin Bebelplatz, che si è tenuta ad aprile nella piazza dove nel 1933 i nazisti organizzarono i famigerati roghi di libri. C’erano gli stand di 25 case editrici e sei riviste, oltre a quello dell’ong Memorial, messa al bando in Russia. I visitatori sono stati almeno 2.500, ci sono state presentazioni di libri, una serata di poesia e letture di opere teatrali.
Nel 2024 sono stati anche istituiti due nuovi premi letterari: Knigi svobody (i libri della libertà) di Freedom letters e Dar (dono), organizzato da Šiškin, che vive in esilio dall’inizio degli anni duemila. L’obiettivo è far conoscere ai lettori le opere in russo che sarebbe impossibile stampare in Russia.
Tuttavia, la prima edizione di Dar è stata segnata da diversi problemi. La scrittrice Marija Galina ha rifiutato il riconoscimento che le era stato assegnato perché convinta di essere stata premiata solo per motivi politici. Ancora più importante è stato il caso della poeta di Leopoli Galina Rymbu, che ha accusato uno dei finalisti, Denis Beznosov, di “sostenere il genocidio in Ucraina e i rapimenti dei bambini ucraini”. Rymbu ha ricordato che fino alla fine del 2022 Beznosov lavorava alla biblioteca russa di stato per l’infanzia. Secondo lei, avrebbe partecipato al programma di “rieducazione”, cioè di russificazione, dei bambini ucraini portati illegalmente in Russia, organizzando incontri e iniziative per fargli conoscere la lingua e la cultura del paese.
Per tutta risposta il giurato e critico letterario Michail Edelštejn ha definito l’intervento di Rymbu “una ripugnante manipolazione e una trovata pubblicitaria”. Šiškin, ha reagito con maggior moderazione, scrivendo che un premio letterario non è un comitato investigativo e che se le parole di Rymbu avranno conferma saranno prese le misure necessarie.
Il festival di Freedom letters è stato risparmiato dalle polemiche, ma il suo futuro è comunque incerto. “Organizziamo tutto a spese nostre (il montepremi ammonta a circa ventimila dollari). La prima selezione comprende 49 testi: un quarto di tutte le candidature, il che è un ottimo indicatore. Gli esperti a breve annunceranno i titoli finalisti, poi comincerà il lavoro della giuria. La prossima edizione dipenderà dagli sponsor: se ci saranno, ci sarà anche il premio”, afferma Urušadze.
Un’altra iniziativa è stata lanciata dalla Straightforward foundation, fondata da ex giornalisti ed editori, che sostiene “progetti impossibili da realizzare in Russia a causa delle leggi repressive e della censura militare. Libri sulla guerra, i diritti umani, l’oppressione delle minoranze, la storia politica, la corruzione, gli abusi di potere”. In due anni la Straightforward ha finanziato e sostenuto la pubblicazione di 18 libri, di cui tre in russo.
Il “processo agli editori” e l’aumento delle perquisizioni nelle librerie hanno segnato la pagina più buia nella storia del mercato librario russo degli ultimi trent’anni. Le case editrici e i negozi fuori del paese dipendono dall’andamento delle vendite, oltre che dai sussidi finanziari. Lavorare a rendita zero o in perdita non è una novità per gli editori, ma in Russia erano comunque abituati a ricevere finanziamenti pubblici. Questo sostegno è scomparso. E non si sa quali volumi saranno ritirati dagli scaffali né su quali autori investire per continuare a pubblicare e pagare gli stipendi.
Intanto le autorità statali escogitano sempre nuovi divieti. Un piccolo esempio: il direttore del dipartimento per il sostegno statale all’industria libraria del ministero delle comunicazioni, Vladimir Grigoriev, ha proposto di impedire ufficialmente l’ingresso ai libri proibiti in Russia ma stampati all’estero. ◆ ab
The Insider _è un sito d’informazione
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