Tutto ovunque, tutto insieme porta sullo schermo una figura che non ha nulla di eroico in apparenza: Evelyn, una madre stanca, proprietaria di una lavanderia, oberata da scadenze fiscali, tensioni familiari, aspettative sociali. Ma il film trasforma questo carico quotidiano in una battaglia cosmica. La protagonista, chiamata a salvare l’universo, diventa simbolo di tutte quelle donne che, ogni giorno, tengono insieme mondi diversi senza che nessuno se ne accorga.
Questa prospettiva permette di lavorare con gli studenti sul tema delle pressioni invisibili: quanto pesa dover essere sempre all’altezza? Quante responsabilità sono date per scontate? E come cambia la percezione del ruolo materno quando lo si guarda attraverso i suoi conflitti?
Chi sono quando mi chiedono di essere tutto?
Il film gioca con l’idea del multiverso: esistono versioni alternative della protagonista, che ha fatto scelte diverse, ha avuto vite diverse. Evelyn può essere una cuoca, una star del cinema, una lottatrice. Ma il punto non è quale vita sia migliore. Il punto è: come si sopravvive alla sensazione di dover essere tutto, ovunque, subito?
Nel rapporto tra Evelyn e sua figlia, questa tensione si fa più acuta. Le incomprensioni generazionali si sommano a identità che si cercano e non si trovano. L’idea che ci sia un solo modo giusto di essere, una sola identità valida, viene messa in crisi.
Per la scuola, questo tema è utile per avviare riflessioni sull’identità multipla degli adolescenti, sulle attese familiari, sul desiderio di autonomia. E su quanto sia difficile, a volte, dirsi senza perdere qualcosa.
Salvare il mondo senza superpoteri
Il film non è una storia di eroi tradizionali. Evelyn non vince grazie alla forza o all’intelligenza. Vince quando accetta le sue fragilità, quando riconosce i bisogni degli altri, quando sceglie la gentilezza invece della rabbia.
In questo senso, il film può essere letto come una riflessione su un femminismo non spettacolare: non fatto di slogan, ma di resistenza quotidiana, di fatica concreta, di relazioni che si tengono vive anche quando tutto crolla.
Una madre salva il mondo perché non smette di esserci. Anche quando non è capita, anche quando è stanca, anche quando il mondo sembra esplodere.
Il senso del “troppo”
Tutto ovunque, tutto insieme è un film eccessivo: pieno di stimoli, immagini, stili, registri diversi. Però questo “troppo” non è un difetto. È il linguaggio stesso del film.
Viviamo in un tempo in cui tutto accade contemporaneamente: messaggi, decisioni, aspettative, immagini, ruoli. Il film restituisce questa condizione in modo visivo, narrativo, sensoriale. Non è solo un racconto. È un’esperienza. E chiede allo spettatore di non cercare subito un ordine, ma di attraversare il caos fino a trovare un punto di contatto.
Per la scuola, questo può essere uno spunto per discutere su cosa significa sentirsi sopraffatti, e su quali strategie si possono trovare per non perdersi.