di
Enrico Marro
Il rapporto sull’occupazione lancia l’allarme sull’equità intergenerazionale. Gli anziani hanno un reddito superiore ai giovani. Nel 1995 era il contrario
In Italia, nonostante siano in aumento, i salari reali non hanno ancora recuperato il potere d’acquisto perso per via dell’inflazione. E nessun Paese ha fatto peggio dell’Italia, ribadisce il rapporto dell’Ocse 2025 sull’occupazione, presentato al Cnel, che quest’anno ha come sottotitolo la domanda che angoscia tutti gli economisti: «Riusciremo a superare la crisi demografica?».
Il record dell’occupazione
Nonostante il rallentamento della crescita economica dalla fine del 2022, il mercato del lavoro italiano «ha raggiunto livelli record di occupazione e minimi storici di disoccupazione e inattività». L’occupazione è aumentata dell’1,7% da maggio 2024 a maggio 2025, «trainata in particolare dalle persone oltre i 55 anni di età». Tuttavia, il tasso di occupazione in Italia rimane «significativamente inferiore alla media Ocse»: 62,9% contro 70,4%. Secondo le previsioni contenute nel rapporto, «il tasso di disoccupazione dovrebbe rimanere stabile nel 2025 e nel 2026 mentre l’occupazione totale dovrebbe crescere rispettivamente dell’1,1% e dello 0,6%».
Sul fronte delle retribuzioni, «i salari reali stanno crescendo, ma c’è ancora margine di recupero». L’Italia, confermano infatti gli esperti dell’organizzazione dei Paesi più avanzati, «ha registrato il calo più significativo dei salari reali tra tutte le principali economie dell’Ocse». Nonostante un aumento «relativamente consistente» nell’ultimo anno, «all’inizio del 2025 i salari reali erano ancora inferiori del 7,5% rispetto all’inizio del 2021». I recenti rinnovi contrattuali hanno «portato ad aumenti salariali negoziati superiori al solito» tuttavia non sufficienti a compensare completamente la perdita di potere d’acquisto, senza contare che «un dipendente su tre del settore privato» ha ancora il contratto scaduto. E la crescita dei salari reali, si legge nel rapporto, «dovrebbe rimanere modesta nei prossimi due anni».
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Il Pil pro capite destinato a calare
In prospettiva, ciò che preoccupa l’Ocse è l’invecchiamento della popolazione: «Il numero di anziani per persona in età lavorativa aumenterà del 67% entro il 2060 in tutti i paesi dell’Ocse». In Italia, tra il 2023 e il 2060, la popolazione in età lavorativa in Italia diminuirà del 34%. Di conseguenza,
se oggi per ogni 2,4 lavoratori c’è un anziano a carico, fra 35 anni il rapporto scenderà a un anziano per ogni 1,3 persone in età di lavoro. «Ipotizzando che la crescita annuale della produttività del lavoro rimanga al livello del periodo 2006-2019 (0,31% in Italia), ciò implica che il Pil pro capite diminuirà a un tasso annuo dello 0,67%».
Aumentare l’occupazione, in particolare di anziani e donne, promuovere l’immigrazione regolare e l’aumento della produttività è la ricetta indicata nel rapporto. «Se la produttività crescesse della metà del tasso osservato nell’Ocse negli anni Novanta (circa l’1%), la crescita annuale del Pil pro capite italiano potrebbe raggiungere un buon 1,34%. Tuttavia, questo obiettivo appare difficile per l’Italia, date le performance degli ultimi decenni».
Crescerà la diseguaglianza intergenerazionale
Infine, l’Ocse lancia l’allarme sull’equilibrio intergenerazionale. «Negli ultimi trent’anni – si legge – i baby boomer hanno goduto di una crescita del reddito significativamente più forte rispetto alle coorti più giovani. Se non si troverà modo di aumentare i redditi delle coorti più giovani, la
disuguaglianza intergenerazionale crescerà». I seguenti dati mostrano in maniera impressionante come è cambiata la società: « Mentre nel 1995 il reddito disponibile equivalente delle famiglie dei giovani in età lavorativa era superiore dell’1% rispetto a quello degli italiani tra i 55 e 64 anni, nel 2016 la situazione si è ribaltata a favore dei lavoratori più anziani, che godono di un reddito superiore del 13,8% rispetto a quello dei loro colleghi più giovani». Per questo il rapporto consiglia di aumentare ancora «la durata della vita lavorativa», così da avere non solo più manodopera, ma anche per alleggerire «l’onere che grava sulle generazioni più giovani, che devono
affrontare le sfide economiche dell’invecchiamento demografico mentre sperimentano un rallentamento della crescita del proprio reddito». Ma l’Italia, osservano gli esperti dell’Ocse, «ha una percentuale relativamente alta di lavori impegnativi dal punto di vista fisico (42%), che possono rappresentare una sfida per i lavoratori anziani». E quindi, anche da questo punto di vista, per il nostro Paese la sfida di contrastare il declino demografico è più dura.
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24 luglio 2025 ( modifica il 24 luglio 2025 | 20:08)
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