Un tempo esistevano le letture da spiaggia, ma era lo stesso tempo in cui esistevano anche le enciclopedie e in cui i libri erano tutto: dalla letteratura ai manuali fino ai libroidi così definiti secondo Treccani dal 2018 quale «pubblicazione che ha i requisiti esteriori di un libro, ma è pensata con l’unico scopo di soddisfare il mercato editoriale». Come fosse per altro poca cosa.

Oggi soddisfare il mercato editoriale è considerato infatti una mera utopia anche perché il mercato editoriale è di per sé una sorta di misteriosa entità fatta di riti, celebrazioni e strane alchimie, il cui senso e la cui efficacia non sono mai del tutto chiare a nessuno, che siano addetti ai lavori o lettori occasionali.

Se fino a pochi anni fa per conquistare la vetta della classifica era necessario vendere almeno ventimila copie a settimana, oggi si viaggia sotto le diecimila e il primato è dato. Una caduta pericolosa che ormai non dovrebbe più riguardare il cosiddetto mercato editoriale, ma la società intera perché va bene l’editoria con tutti i suoi limiti e i suoi vizi, ma quello che si sta mettendo in gioco è la qualità culturale, con tutte le ricadute del caso, di una società che evidenzia ormai una crisi conclamata.

E se si dice sempre che per uscire da una crisi di qualunque tipo è necessario partire dalla cultura allora ancora di più lo è se la crisi risulta essere esplicitamente culturale. Tuttavia proprio la riduzione del mercato editoriale in termini assoluti determina anche una riduzione non banale di risorse e quindi di capacità di penetrazione e ideazione, e così succede – tornando ai libri da spiaggia – che ci si riduce nell’estate del 2025 a consigliare i libri per le vacanze e soprattutto per la battigia.

Occasionali e no

L’unico motivo oggi che renda possibile la lettura in spiaggia è infatti solo quello di un solido e cattolicissimo senso di colpa del non lettore o al massimo del lettore occasionale. In Italia è prevalente la figura del lettore forte, una percentuale in assoluto minima, ma con una grande capacità di spesa. Quello che manca è il lettore occasionale, colui che compone una platea vasta e ampia che sia in grado di assorbire una manciata di libri all’anno a testa.

Qui rispetto agli altri stati europei l’Italia batte il colpo evidenziando ancora una volta un’arretratezza culturale che è tipica di chi ha sempre considerato la cultura elitaria e alta, così alta da risultare non solo irraggiungibile, ma pure indigeribile. Il lavoro di alfabetizzazione del secondo dopoguerra si è sostanzialmente arrestato negli anni Ottanta dando forma a un ceto medio riflessivo per altro tendenzialmente conformista, ma soprattutto sempre più anziano e sempre più disilluso.

Mancano i nuovi lettori e allora un’editoria in crisi di risorse e di idee si affida alle solite vecchie campagne promozionali sommergendo i librai di borse, zaini e teli mare di ogni foggia e colore, ma soprattutto si affida ancora all’idea tutta anni Sessanta di una vacanza estiva infinita fatta di spiaggia e pedalò dove consumare senza discontinuità alcuna ghiaccioli e libri.

Insomma per il mondo editoriale e pubblicistico l’estate 2025 ha la forma di un’estate riminese alla Sapore di sale, come se non esistesse internet, come se non esistessero gli smartphone, lo streaming e un mondo che non solo non sembra fermarsi nemmeno a ferragosto, ma anzi è ben deciso ad accelerare i propri cambiamenti (purtroppo ad oggi molto in peggio).

Mentre qualche povero attivista viene malmenato sulle spiagge italiane solo perché ribadisce la libertà di passaggio sulla battigia e l’irregolarità di molte delle concessioni, mentre si pretendono però anche bagni attrezzati dove non perdere un minuto di tempo e restare sempre in forma, sempre attivi, sempre vivi, ecco che tra musica a palla, giochi di spiaggia che nemmeno fossero le Olimpiadi e temperature che superano i gradi di bollitura, lo sciagurato lettore si trova a fare i conti con l’ennesimo appuntamento mancato con Dostoevskij, Tolstoj e Proust.

Distrazioni e interruzioni

E dire che questa estate sembrava proprio l’occasione buona, The last dance direbbe il buon Michael. Il tentativo va detto si fa, molti tengono anche duro, le pagine scivolano sempre più sabbiose l’una dopo l’altra come i rivoli di sudore dalla fronte.

Ma la pazienza è sempre meno e non solo per problemi congeniti di concentrazione: il bambino che annega, la nonna che dorme o forse ormai non più, il papà che vuole fare un giro per vedere quanto è lunga la spiaggia e il nipote che nessuno trova più e che nessuno sta cercando. E poi la chiamata dell’amico, il messaggio dell’amica e il vocale dell’amichetto o dell’amichetta.

Tutte interruzioni sempre segnate ovviamente da una pubblicità perenne che offre un abbonamento, un salotto in sconto, una polo in spugna come non se ne vedevano in giro da anni a quel prezzo e con quei colori. La vita del lettore è dunque una forma ormai più vicina di vita mancata da non lettore.

L’ambizione non è più leggere, ma provare forse un giorno a smettere di provare di leggere. Liberarsi di quel peso che sono i libri non letti non più leggendoli come si usava un tempo, ma fregandosene come si usa oggi pressoché per ogni cosa, dal parcheggio in seconda fila fino diretti a Gaza, Ucraina e alla guerra civile in Sudan che nessun sa dove e tanto meno che c’è.

Leggere in spiaggia come evasione, si diceva una volta, ma oggi che è tutta un’evasione ci si domanda, evasione da cosa? Al massimo evasione dall’evasione, ma è proprio in spiaggia il momento giusto per farlo? Per ritornare alla vita e ai suoi irriducibili fatti?

Meglio non leggere?

La pausa oggi, come in molti film horror, non è più quel momento in cui il protagonista deciderà quale porta aprire per scappare, per liberarsi, no oggi la pausa sta esattamente in quel momento in cui il protagonista fissando le porte tenta di capire quale verrà spalancata dallo psicopatico di turno, sia che invada l’Ucraina, sia che faccia cadere un governo al Papeete, sia che proponga dazi assurdi e privi di ogni senso.

Pensare di leggere mentre da un momento all’altro si potrebbe essere raggiunti – insieme al punto di cottura – da una bomba d’acqua o da una notizia che sbatte fino a sfondare ogni protezione cinquanta, ma anche cento, lasciandoci totalmente abrasi dall’attualità è assolutamente improponibile.

Meglio non leggere, meglio non andare in spiaggia, meglio nascondersi fino al punto di ridursi a esistenti così totalmente inconsapevoli da non esistere più, come personaggi immateriali de Le cosmicomiche di Italo Calvino. Oppure provare a leggere con la fatica di un tempo ossessivo, assiduo, appiccicaticcio e sudaticcio, senza far troppo caso a chi preme e a chi pressa. Provando invece pagina dopo pagina a trasformare la nostra fatica in una forma di comprensione, in una traduzione che ci avvicini all’altro e al suo dolore. Leggere per ritrovarsi insieme senza bisogno di campo, di rete e di acquagym.

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