di
Daniela Polizzi

Ieri il ceo ha ribadito con forza che il mercato non gli ha voltato le spalle e anzi è stato dalla sua parte. I soci dell’istituto milanese però sono cambiati

Nel giorno più lungo, quello che secondo gli osservatori ha segnato lo spartiacque per Mediobanca, con la bocciatura in assemblea dell’offerta su Banca Generali, Alberto Nagel ha tenuto i nervi saldi. Ai colleghi più vicini e a chi lo cercava al telefono, dato che non era in Piazzetta Cuccia, ieri il ceo di Mediobanca ha ribadito con forza che il mercato non gli ha voltato le spalle e anzi è stato dalla sua parte. La prova sarebbe quel 35% di capitale che si è presentato in assemblea per dire sì all’operazione.

In queste settimane, Nagel non ha fatto che ripetere alla sua squadra che sentiva il dovere di presentare agli azionisti un’operazione migliore rispetto a quella rivale di Mps. La responsabilità l’ha lasciata ai soci. Prudenza, rigore e indipendenza sono stati i cardini che lo hanno guidato, e proprio sull’indipendenza con alcuni azionisti si è scontrato.



















































Chi va, chi arriva

Con l’arrivo del progetto di aggregazione con Mps molti soci storici hanno preferito lasciare Mediobanca: magari non ne condividevano il senso e i razionali, ma l’operazione godeva del supporto di soci che hanno investito ingenti risorse e del consenso del governo (socio di Siena con l’11,7% attraverso il Mef), interessato a creare un polo bancario alternativo a Intesa Sanpaolo e Unicredit. Così a primavera hanno venduto le loro quote il gruppo Mediolanum (3,5%), che fa capo alla famiglia Doris e a Fininvest, Gavio e pure Unipol (2%), da sempre vicino a Mediobanca e al suo ceo. Ma per uno che cede, c’è sempre un altro che compra e così tanti fondi hedge hanno fatto man bassa di titoli schierandosi con Nagel. Nel giro di pochi mesi è radicalmente cambiato il profilo del capitale della merchant bank milanese. Prima di queste vendite hanno comprato azioni le casse di previdenza, salite fino al 5,5%, ha arrotondato al 9,9% il gruppo Caltagirone e si sono mossi altri investitori che appoggiavano il progetto di Mps. Sono stati così intensi gli acquisti che ormai dal mercato il titolo di Piazzetta Cuccia era considerato illiquido.

Una macchina da oltre 600 milioni di profitti

Dopo l’8 settembre, chi prenderà le chiavi di Mediobanca potrà trovare una macchina che gira a pieno ritmo ed è pronta a decollare, secondo Nagel, il ceo che ha fatto il primo piano industriale della storia di Piazzetta Cuccia. Una realtà che, sempre secondo il banchiere, avrebbe accelerato il suo business con Banca Generali. Se l’operazione di Mps andrà in porto, Siena si troverà attività diversificate come il private banking, il corporate e investment banking, il credito al consumo con Compass che contribuiranno a dare una spinta ai conti. Incluso il wealth management che Nagel aveva introdotto per la prima volta. In 18 anni alla guida, il ceo ha trasformato la banca, portandola da istituto presidiato da soci rilevanti con in mano il 50% del capitale a realtà in cui l’azionista di maggioranza era il mercato. E 659 milioni di profitti. Una bella mutazione dalla Mediobanca eredita da Enrico Cuccia. Quel mercato, però, ieri a Nagel non è stato sufficiente.

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22 agosto 2025 ( modifica il 22 agosto 2025 | 07:10)