di
Flavio Vanetti

Intervista al coach della Nazionale di basket: «Non voglio parlare di DiVincenzo, Polonara mi manca anche come giocatore. Noi da medaglia? E a chi la togliamo?»

Diario dell’avvicinamento all’Eurobasket 2025, a sei giorni dal debutto contro la Grecia nel girone di Limassol: Gianmarco Pozzecco lo apre e parla a cuore aperto, gag incluse, di questa sua nuova missione da c.t. (l’ultima?). Lo fa aggiungendo una promessa: «Non starò calmo». Ahi, ahi: allacciate le cinture.

È vero che sta avvertendo, per usare una frase colorita, una pressione boia?
«La nascita di Gala, mia figlia, mi ha abituato a rimanere connesso con ciò che mi succede. Ora sono focalizzato a mettere la squadra nella condizione di dare il meglio. Pressione? Sono sereno, vedremo poi all’Europeo».



















































Che cosa significa per lei questo torneo?
«Da giocatore vivevo alla giornata, da allenatore perfino di più. Oggi sono solo contento di guidare questi ragazzi, anche se ci sono stati episodi che mi hanno fatto riflettere».

Per esempio la malattia di Achille Polonara, che lei con gesto nobile ha comunque convocato come riserva…
«Ricordo ancora il pomeriggio in cui ho capito che la questione era seria. Ho sofferto e Achille mi manca anche come giocatore, ovviamente. Ho dovuto rinunciare pure a Tonut, infortunato. Dover selezionare mi ha sempre creato disagio, ma ora è peggio: non mi era mai capitato di escludere ragazzi che mi hanno accompagnato fin dall’inizio».

Le giovanili hanno avuto un’estate gloriosa: per la proprietà transitiva ci si aspetta che pure voi andiate lontano.
«Posso condividere l’attesa e ho il diritto di pensare che i miei ragazzi siano competitivi: non nego alcun sogno. Ma durante l’inverno quasi nessuno dimostrava fiducia per la Nazionale. Comunque a coloro che parlano di medaglia chiedo: a chi tra Serbia, Germania e Francia la togliamo?».

È la miglior Italia che allena?
«Questa squadra ha un bel mix di esperienza e gioventù: forse non è ancora la migliore, ma lo potrebbe diventare. A inizio raduno ero in ambasce, ora lo sono di meno perché vedo come i vari Melli, Fontecchio, Spissu, Pajola, Ricci aiutano i giovani».

Siamo ancora scarsi di centimetri e chili?
«Ci sono squadre più complete, ma con Melli, Ricci, Diouf e Akele non mi sento inferiore. Tuttavia dovremo essere pure “piccoli” e veloci per compensare certe lacune».

Si sono visti momenti di gran gioco. E anche tante pause.
«Dovremo migliorare la continuità e lavorare duro in difesa per aggiustare le pause offensive. Sintesi: servirà vivere bene il rapporto con l’errore».

Arriviamo a fari spenti o accesi?
«Un allenatore ha due possibilità: o preparare il paracadute, nel caso tutto non funzioni, o fregarsene e ragionare per il bene della squadra. Non ho mai considerato la prima opzione, ho stima dei giocatori e non temo nessuno: l’importante sarà non avere perplessità in campo».

Il forfait di Donte DiVincenzo è un rimpianto o regala un’opportunità?
«Parlare di lui, soprattutto vedendo come si allena Darius Thompson, suo sostituto, sarebbe poco elegante. Viviamo poi in un mondo dove spiegare le cose non basta: tanti commentano come credono».

È l’era dei social, bellezza…
«Sì, ma Donte è andato a Chicago per diventare italiano, senza ricavare vantaggi. Prima o poi vestirà l’azzurro: dobbiamo essere entusiasti».

Thompson è davvero indispensabile?
«Di indispensabili ce n’è uno… e mezzo. Necessari tutti: lui è tra questi».

È vero che meditava di non chiamare Gallinari?
«Mai come quest’anno sono stato confuso. Danilo lo sapeva, sono orgoglioso della mia sincerità. Alla fine sono lieto che il Gallo sia con noi».

Qual è il «power ranking» dell’Europeo?
«È troppo complesso stilarlo. Purtroppo, o per fortuna, sarà un Europeo in cui può accadere di tutto: alla fine qualcuno sarà contento e tanti no».

Lei sarà calmo o dovremo aspettarci delle «pozzeccate»?
«Un amico mi ha fatto notare che l’anno scorso al pre-olimpico la mia pacatezza è stata un aspetto negativo. Concordo. Quindi non se ne parla che non prenda tecnici o che non rischi di essere espulso: farò quello che servirà. Al presidente Petrucci ho fatto una promessa e fin qui l’ho mantenuta: ma non è legata a falli tecnici o a espulsioni».

È al punto in cui sperava di essere quando accettò la Nazionale?
«No, più avanti. E sono felice per quello che vivo nella quotidianità, dalla collaborazione con lo staff al fatto che siamo riusciti a far amare la Nazionale».

Come vede il suo futuro?
«Con mia moglie e mia figlia, almeno adesso dormo con loro e non con… Melli (risata). Sostenevano che esagerassi quando paragonavo i giocatori ai figli: “Come fai a dirlo? Non ne hai…”. Ecco, ora ho Gala. E una moglie splendida, mamma straordinaria, che mi permette di lavorare in serenità».

Non cerchi di svicolare sui programmi da coach.
«È una fase di riflessione: sono concentrato solo sull’Europeo».

Sandro De Pol prima della finale 1999 faceva un cruciverba e una delle parole da scovare era «oro». E oro fu.
«Un paio di mesi prima Andrea Meneghin aveva fatto lo stesso a Varese, trovando “stella cometa”: vincemmo il decimo titolo del club, quello appunto della stella. Sandro a Trieste dopo Italia-Lettonia mi ha profetizzato, commosso, una medaglia. Ho toccato ferro? Non lo farei mai, Sandrino è mio fratello».

Dicono di aver avvistato Petrucci con una motosega: era appostato nei pressi della sua panchina.
(risata) «L’avrà presa nell’azienda di Aldo Vanoli, presidente di Cremona. Scherzi a parte, non sono preoccupato. E quando lascerò avrò nel cuore anche tutti quelli che formano il mondo della Federbasket».

22 agosto 2025 ( modifica il 22 agosto 2025 | 08:58)