È difficile mettere per iscritto l’ondata di emozioni che mi ha travolto all’avvio di Metal Gear Solid Δ: Snake Eater, remake dello storico Metal Gear Solid 3: Snake Eater del 2004, considerato da molti il capolavoro assoluto di Hideo Kojima. Il ritorno di una pietra miliare del videogioco, atteso da oltre un decennio, che prende finalmente forma su PS5, Xbox Series X/S e PC, e fin dai primi minuti – il monologo di Snake sulla Guerra fredda, l’eccezionale colonna sonora di Harry Gregson-Williams, il lancio HALO, lo zaino che si impiglia tra i rami, e l’atterraggio quasi supereroistico – è impossibile non lasciarsi travolgere dalla nostalgia.
Per chi non lo sapesse, Metal Gear Solid Δ: Snake Eater rappresenta il secondo, importante passo nel tentativo di Konami di riportare in vita alcune delle sue saghe storiche, dopo il convincente ritorno di Silent Hill 2 avvenuto lo scorso anno. La scelta di partire da MGS3 – anziché dal primissimo Metal Gear dell’87 o dall’altrettanto eccezionale Metal Gear Solid del ’98 – non è casuale: Snake Eater è il capitolo più accessibile della serie, il primo in ordine cronologico e, cosa più importante, è narrativamente autoconclusivo. Anche nel caso in cui il progetto remake non proseguisse con gli altri episodi della MGS Saga, quindi, Delta potrebbe tranquillamente vivere come esperienza a sé stante. È una porta d’ingresso perfetta sia per i nuovi giocatori, sia per i fan di vecchia data, ma è anche il rifacimento di un gioco per molti intoccabile, che Konami ha scelto di trattare con estrema cura, senza prendersi rischi.
ApprofondisciPlatinum Games ha sviluppato la modalità segreta di Metal Gear Solid Δ: Snake Eater
Quando – dopo aver avviato la partita – Snake ha pronunciato la frase: “Terminata la seconda guerra mondiale il mondo venne diviso in due: Est e Ovest. Tale evento segnò l’inizio del periodo denominato Guerra fredda”, ho avuto un brivido. Dopo oltre vent’anni ricordavo ancora ogni parola, ogni dettaglio. Ed è proprio questa assoluta fedeltà all’originale che costituisce sia la più grande forza del remake, sia il suo più evidente limite. Delta è una riproduzione meticolosa, quasi religiosa, di MGS3 del 2004: stessi dialoghi, stesso gameplay, stessi limiti strutturali. Se da un lato ciò garantisce un’esperienza autentica e rispettosa, dall’altro mostra quanto il design di vent’anni fa sia oggi in parte superato. Un remake curato, sì, ma forse un po’ timido nel voler davvero rilanciare un gioco che – in determinati aspetti – sentiva davvero il bisogno di qualcosa in più di una semplice tirata a lucido.
Ritorno alle origini
Metal Gear Solid Δ: Snake Eater torna a raccontare la stessa identica storia di Metal Gear Solid 3: Snake Eater del 2004. Non è stata modificata una singola riga di dialogo, scena d’intermezzo, ambientazione o interazione tra i personaggi. Per verificarlo, ho confrontato in parallelo diverse cutcene del remake con quelle dell’originale disponibili su YouTube, senza notare alcuna differenza: persino le dissolvenze in nero tra una scena e l’altra sono rimaste invariate. Ogni elemento è stato ricreato da zero con Unreal Engine 5, e il risultato è impressionante. La giungla di Tselinoyarsk, in particolare, è ora un vero trionfo visivo: fogliame realistico, riflessi dinamici, effetti di luce e modelli 3D rinnovati non solo per i protagonisti, ma anche per ogni singola guardia e animale.
All’avvio, il gioco offre diverse opzioni per personalizzare l’esperienza: sei livelli di difficoltà – da “Facilissimo” a “Estremo Europa” (quest’ultimo sbloccabile solo dopo il primo completamento) -, due modalità grafiche “Qualità” e “Prestazioni”, entrambe in grado di garantire 4K dinamici e 30 o 60 fps, e due stili di gioco distinti. La modalità Moderna propone una visuale in terza persona libera e controlli aggiornati, più vicini agli standard dei giochi d’azione odierni; la modalità Classica, invece, replica esattamente il feeling del gioco originale: filtro giallastro (liberamente selezionabile anche in modalità Moderna), visuale dall’alto e lo stesso schema di comandi, con Cerchio per il CQC e Croce per abbassarsi. Per chi se lo chiedesse: il nome di Hideo Kojima non compare nei titoli di coda, ma viene comunque citato con rispetto durante i filmati iniziali (e durante la sigla di Snake Eater), dove appare più volte accompagnato dalla dicitura finale: “Originariamente diretto da Hideo Kojima”.
i riferimenti all’autore originale sono ancora presenti.
Per chi non avesse giocato l’originale – o avesse bisogno di una rinfrescata – Metal Gear Solid 3: Snake Eater racconta la storia delle origini di Naked Snake/Big Boss, il soldato leggendario destinato a diventare il fondatore di Outer Heaven e l’antagonista (passatemi il termine) dei primissimi capitoli della saga. Ambientato nel 1964, in piena Guerra fredda, il gioco segue la sua prima grande missione: infiltrarsi in territorio sovietico per salvare Nikolai Sokolov, uno scienziato disertore. Quella che parte come un’operazione di recupero si trasforma presto in una situazione molto più complessa, che prevede anche la distruzione dello Shagohod (un veicolo in grado di lanciare testate nucleari in movimento), l’eliminazione del sadico colonnello Volgin, fanatico estremista deciso a rovesciare il governo russo e a produrre armi di distruzione di massa, e soprattutto The Boss, mentore di Snake e figura chiave del conflitto, passata improvvisamente al servizio del nemico per motivi poco chiari.
Metal Gear Solid Δ: Snake Eater ripropone questa stessa storia, scena per scena, mantenendo una durata simile all’originale. Conoscendo MGS3 a memoria, ho impiegato poco meno di 10 ore per completarlo a difficoltà media, ma chi si avvicina per la prima volta al gioco potrebbe impiegare tra le 12 e le 15 ore, a seconda dell’approccio e del livello di difficoltà scelto. Come da tradizione per Kojima, anche in questo capitolo gran parte del tempo è dedicato ai filmati – lunghi, magistralmente scritti e qui completamente ricreati in Unreal Engine 5. Fortunatamente, il lavoro visivo è eccellente: le ambientazioni sono vive e pulsanti, ma sono i volti e i dettagli dei personaggi a brillare davvero. EVA è semplicemente perfetta, e anche The Boss, Volgin e i membri dell’unità Cobra beneficiano di un restyling notevole. Personalmente non mi hanno fatto impazzire i nuovi design di Snake e Ocelot, ma è anche vero che sono tremendamente legato ai volti originali del 2004.
vent’anni dopo, Eva è ancora la mia “bond-girl” preferita, e il suo nuovo design è uno dei più riusciti, insieme a The Boss, Volgin e Sokolov.
Metal Gear Solid 3: Snake Eater era un capolavoro vent’anni fa, e la situazione non cambia con Delta. La storia – che ricorda davvero in ogni modo possibile un’avventura inedita di James Bond – rimane una delle più coinvolgenti e ben scritte di sempre, e trattandosi di un prologo all’intera saga può essere goduta appieno anche senza alcuna conoscenza pregressa. I dialoghi sono straordinari, la macchina da presa virtuale si muove con lo stesso tocco visionario che Hideo Kojima impresse all’epoca della PS2, e le inquadrature continuano a sorprendere: ad effetto, ricche di dettagli nascosti, capaci di raccontare molto più di quanto mostrano. Rivivere tutto questo a distanza di due decenni, con un comparto visivo completamente rinnovato, è un sogno che si realizza. Al contrario, il gameplay fatica un po’ di più a tenere il passo coi tempi, e il lavoro di restaurazione compiuto da Konami lo migliora solo in parte.
Cambiare pelle
Come detto, Metal Gear Solid Δ: Snake Eater segue le gesta del soldato statunitense John, alias Naked Snake, impegnato in due operazioni segrete di grande importanza: la Missione Virtuosa (introduttiva e della durata di circa un’ora), in cui il protagonista è chiamato salvare lo scienziato Nikolai Sokolov a Tselinoyarsk, e l’operazione Mangiaserpenti (Snake Eater), che costituisce il cuore della Campagna, e prevede anche la distruzione dello Shagohod e l’eliminazione del colonnello Volgin e della disertrice The Boss. Il nome “Naked” Snake riflette la natura delle due missioni: equipaggiamento minimo, nessuna risorsa iniziale e la necessità di recuperare armi e cibo direttamente sul campo di battaglia, come se il protagonista fosse metaforicamente “nudo” prima di entrare in azione.
A differenza dell’originale, in Delta è possibile cambiare mimetica al volo tramite la pressione della freccia direzionale “su”, senza l’obbligo di passare per il menu. Allo stesso modo, premendo “giù” è possibile utilizzare in qualsiasi istante il codec.
Il gameplay di Metal Gear Solid Δ: Snake Eater resta fedele all’originale del 2004, con i suoi punti di forza e le sue debolezze. La mappa non è aperta e liberamente esplorabile come in Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, ma composta da una serie di piccole aree collegate tra loro, separate da una dissolvenza in nero e un breve caricamento. Ogni zona richiede di superare soldati nemici, recuperare risorse nascoste e, di tanto in tanto, cacciare animali per mantenere alto il vigore di Snake. Essendo una missione di infiltrazione, è sempre consigliato muoversi nell’ombra sfruttando le numerose mimetiche a disposizione del protagonista, ma in qualsiasi momento si è liberi di virare verso un approccio più diretto, impugnando un fucile d’assalto e affrontando i nemici a viso aperto.
In questo senso, non c’è nulla di davvero “nuovo” in Delta: i nemici sono posizionati negli stessi punti, seguono le stesse routine e rispondono alle minacce nello stesso modo in cui lo facevano nell’originale del 2004. Il percorso verso la conclusione è sempre lineare e ben definito, con minime possibilità di esplorazione libera. Il gameplay si concentra quindi su come affrontare le guardie in ogni micro-zona, alternando l’uso delle mimetiche per passare inosservati, il visore di sopravvivenza per curarsi quando necessario, e le sempre eccezionali boss fight contro i “Cobra” – l’unità speciale di The Boss – e altri personaggi chiave della storia, che, mi preme ripeterlo, sono stati riportati in vita con dei character design spesso eccezionali, offrendo un’esperienza nostalgica ma al contempo rinnovata.
Se un tempo Metal Gear Solid 3: Snake Eater si distingueva per una longevità superiore rispetto ai capitoli precedenti, lo stesso non può essere detto per Delta. I tempi di caricamento ridotti, i miglioramenti all’esperienza utente e una telecamera più chiara dietro le spalle rendono l’esplorazione delle aree e gli scontri con i boss molto più semplici e immediati, tanto che a difficoltà media non ho mai visto la schermata di Game Over (ad eccezione di “quella” boss fight specifica in cui è obbligatorio). La situazione potrebbe cambiare per un nuovo giocatore, ma mai eccessivamente: ogni area, boss fight, componente di Metal Gear Solid 3 era stata studiata e realizzata con un certo tipo di approccio in mente, ma, nel momento in cui la telecamera cambia posizione, le mimetiche diventano selezionabili con la pressione di un tasto, e i movimenti risultano più fluidi, la difficoltà ne risente. Allo stesso modo, la possibilità di camminare da inginocchiati e di strisciare a pancia in su (idee prese da The Phantom Pain) semplificano non di poco l’esperienza complessiva.
Non voglio soffermarmi eccessivamente sulla difficoltà, visto che non è stato certo questo aspetto a consacrare Metal Gear Solid 3: Snake Eater come un capolavoro generazionale, e credo che chiunque stia considerando l’acquisto di Delta sia già consapevole – com’è giusto – di trovarsi davanti a un gioco di vent’anni fa, aggiornato sotto il profilo tecnico, sì, ma comunque strutturalmente superato e riprodotto qui senza grandi cambiamenti. Detto questo, è innegabile che l’IA senta il peso degli anni e le continue dissolvenze in nero dopo il passaggio da una zona all’altra siano fastidiose, specie nel 2025, su hardware come PS5 e Xbox Series X/S. Certo, è un compromesso accettabile, visto che ciò che si ottiene in cambio è la versione visivamente rinnovata di uno dei giochi più importanti di sempre, ricco di scene, dialoghi e momenti ormai entrati nella storia del medium, ma credo che – se avesse avuto accesso a un SSD nei primi anni 2000 – Kojima avrebbe rimosso almeno i caricamenti tra le aree senza pensarci due volte.
What a thrill ♪
Il più grande limite di Metal Gear Solid Δ: Snake Eater risiede nella sua struttura: se dal punto di vista narrativo e artistico resta un capolavoro, esattamente come lo era vent’anni fa, il gameplay – che nel 2004 appariva rivoluzionario – oggi mostra inevitabilmente i segni del tempo. Non è mai pessimo o poco divertente, ma a tratti sembra stare un po’ stretto persino alla visione del suo creatore, che con le tecnologie odierne – sono convinto – qualche modifica l’avrebbe fatta. So bene che per molti la fedeltà assoluta all’originale sarà vista come un pregio e non un difetto, ma considerando quanto fatto con Silent Hill 2 Remake, dove Konami e Bloober Team hanno dimostrato di poter aggiornare un classico senza tradirne l’identità, parte di me avrebbe voluto vedere lo stesso coraggio anche in questo progetto.
Operazione nostalgia
Ho riflettuto a lungo su quanto i limiti strutturali di Metal Gear Solid Δ: Snake Eater abbiano realmente inciso sulla mia esperienza, e la verità è che, pur notandoli, non sono mai riusciti a rovinare il piacere del gioco. È sicuramente un po’ sconfortante, nel 2025, vedere una guardia incapace di inseguirmi solo perché ho superato il confine tra due micro-aree, ma allo stesso tempo anche questo fa parte dell’autenticità dell’esperienza originale, e sfruttare questi limiti per giocare con l’intelligenza artificiale ha finito per strapparmi qualche sorriso. Ogni piccolo momento di delusione, poi, spariva non appena iniziava un nuovo filmato: rivedere Ocelot far roteare i revolver dopo vent’anni, o ammirare in alta definizione il CQC impeccabile di The Boss, è qualcosa che ancora oggi riesce a lasciare a bocca aperta.
Estrai!
“Eppure”, continuavo a ripetermi durante la mia partita, forse si sarebbe potuto fare qualcosa di più. Non so esattamente dove si trovi la linea da non oltrepassare per non tradire il lavoro di Hideo Kojima, ma i remake di Silent Hill 2, Resident Evil 4, Dead Space e persino Final Fantasy VII Remake e Rebirth (finali controversi a parte) hanno dimostrato che è possibile aggiungere, modificare e ritoccare porzioni di un’opera di grande spessore senza comprometterne l’anima, anzi, migliorandola. Metal Gear Solid 3 è indubbiamente un capolavoro intoccabile, ma forse avrebbe giovato di interventi mirati, come l’eliminazione dei caricamenti tra le micro-aree, un’estensione delle zone esplorabili, una giungla più vasta, più nemici, più animali, più possibilità di esplorazione. Nulla che stravolgesse il gioco, solo qualche aggiunta capace di valorizzare l’esperienza senza snaturarla. Anche solo relegando queste modifiche alla modalità Moderna (lasciando intatta quella Classica), si sarebbe potuto offrire il meglio dei due mondi: un remake fedele per i puristi e una versione rinnovata per chi cercava qualcosa di più.
Metal Gear Solid Δ: Snake Eater questi miglioramenti non li ha. Snake non può correre come in The Phantom Pain, ma solo avanzare a passo spedito, proprio come nel titolo originale. Sono state introdotte alcune mosse CQC inedite (tra cui nuove proiezioni e contrattacchi speciali utilizzabili contro gli ultimi due boss del gioco), ma le occasioni per utilizzarle non sono poi così tante. Anche in questo caso il vero limite risale al design del 2004: ogni area è pattugliata da due, tre o quattro soldati – a volte qualcuno in più – ma l’IA è rimasta invariata, e grazie all’efficacia delle mimetiche è difficile essere scoperti. L’arsenale a disposizione è ampio, ma raramente si è costretti a sfruttarlo appieno, a meno che davvero non si decida di vivere l’intera avventura in stile “Rambo”, facendo scattare allarmi e sparando a qualsiasi cosa si muova. Fedele all’originale, certo. “Eppure”, continuavo a ripetermi.
DA MGS3 A DELTA: EASTER EGG E CENSURE
All’avvio di Metal Gear Solid Δ: Snake Eater compare un disclaimer che avverte come il gioco contenga espressioni e temi presenti nella versione originale, oggi potenzialmente considerati obsoleti, ma che sono stati “mantenuti integralmente per rispettare il contesto storico e la visione originale del suo autore”. Durante la mia partita ho quindi cercato di attivare tutti i segreti ed easter egg di cui ricordassi l’esistenza, e, dopo circa 20 ore, posso confermare che non sono state apportate modifiche degne di nota a questi elementi.
si, persino questo minigioco è stato mantenuto!
Nonostante i tempi siano effettivamente cambiati, Konami ha scelto di preservare praticamente tutti gli easter egg e segreti dell’originale, e di non applicare censure. Sono quindi presenti i filmati in cui è possibile premere R1 per osservare le scene dalla prospettiva di Snake (anche quando non segnalato), tutte le scene con EVA – compresi gli easter egg dietro la cascata e nella sezione finale a Zaozyorje -, il teatro segreto con i filmati (inclusa la demo “sbirciare”) e il minigioco “Guy Savage”, accessibile anche dal menu principale dopo il primo completamento. Durante la mia prova ho riscontrato solo due segreti non funzionanti: il cheat per sconfiggere The Fear usando una granata stordente e il fucile automatico, e l’attivazione del “Codice Konami” per scoprire la posizione di The End a Sokrovenno.
Mi preme sottolineare questi limiti perché so che molti si sono avvicinati alla saga di Metal Gear con il più recente The Phantom Pain, il capitolo più venduto della serie e un vero parco giochi dal punto di vista del gameplay. In Delta, però, la situazione è ben diversa: qui l’approccio è molto più rigido, lineare e ancorato a scelte di design a tratti datate. Ci si muove sempre e solo verso una direzione, le mappe sono strette, e spesso non esistono percorsi alternativi o grandi incentivi alla sperimentazione. Non fraintendete: è piacevole tornare a Tselinoyarsk e rivederla esattamente com’era vent’anni fa, ma almeno nella modalità Moderna le micro-aree si sarebbero potute unire, e magari ampliare un minimo, senza rovinare il ritmo dell’esperienza. Sarebbe stato un rischio, certo, ma se Delta punta anche a conquistare una nuova generazione di giocatori, forse era un rischio necessario.
Sono certo che i fan storici apprezzeranno la fedeltà assoluta all’originale, ma credo anche che in alcuni aspetti si sarebbe potuto osare un po’ di più, senza per forza snaturare l’opera di Kojima. Queste mancanze non hanno compromesso eccessivamente il mio giudizio complessivo – è pur sempre un remake – ma credo che sia comprensibile che un neofita, abituato a standard moderni, possa trovare l’esperienza un po’ meno coinvolgente o addirittura superata. Al contrario, chi desiderava un rifacimento 1:1, privo di modifiche più audaci, troverà in Delta esattamente ciò che cercava.
anche la modalità snake contro scimmia fa il suo ritorno.
È bene inoltre sottolineare che l’offerta di Metal Gear Solid Δ: Snake Eater non si limita alla sola modalità storia. Il remake include anche il ritorno della modalità “Snake contro scimmia” con le stesse missioni dell’originale, e introdurrà questo autunno una nuova componente multiplayer online chiamata “Foxhound”, che non ho potuto testare. Presente anche la modalità New Game Plus, che incentiva la rigiocabilità grazie allo sblocco di contenuti aggiuntivi come la mimetica ottica, uniformi speciali e la mimetica facciale per le munizioni infinite. Nel menu principale è anche accessibile una sezione “Extra” ricca di contenuti: dai filmati segreti di Metal Gear Solid 3: Subsistence (alcuni ricreati con Unreal Engine 5, altri in versione originale), al manuale della HD Collection, fino a un dettagliato catalogo con modelli 3D e descrizioni di tutti i personaggi, animali e piante presenti nel gioco.
MODUS OPERANDI
Ho giocato Metal Gear Solid Δ: Snake Eater su PS5 grazie a un codice fornitomi dal distributore, effettuando la prova su una tv 4K HDR da 50 pollici. Ho completato la mia prima partita in poco meno di dieci ore, senza uccidere nessuno, ricevendo i titoli “Scorpion” e “Pigeon”, e successivamente ho iniziato un’altra partita a difficoltà Estrema. Durante la mia prova non ho riscontrato bug o crash di alcun genere, né cali di frame rate percepibili. Il gioco è doppiato in inglese e giapponese, mentre sottotitoli e testo sono disponibili in italiano. Ho anche speso un’ora abbondante completando le missioni nella modalità “Snake contro scimmia”, mentre la modalità multigiocatore “Foxhound” verrà implementata solo in autunno.
Metal Gear Solid Δ: Snake Eater è un remake visivamente ottimo, curato nei minimi dettagli e fedelissimo a uno dei capolavori più amati della storia videoludica. Ogni scena, dialogo e inquadratura viene riproposta con riverenza quasi religiosa, restituendo in alta definizione tutta la potenza emotiva e cinematografica dell’originale. Ma proprio questa fedeltà assoluta rappresenta anche il suo limite più evidente: il gameplay, l’intelligenza artificiale, la struttura frammentata in micro-aree e molte delle meccaniche del 2004 mostrano oggi inevitabilmente i segni del tempo, e Konami ha scelto di non intervenire quasi mai per modernizzarle. Chi ha amato l’originale ritroverà un’esperienza familiare e curata, arricchita con qualche contenuto extra e una modalità multigiocatore inedita; chi invece affronta per la prima volta questa avventura potrebbe trovarsi di fronte a un’opera affascinante ma un filo meno moderna, più figlia del passato che del presente. Eppure, nonostante questi limiti, il cuore di Snake Eater pulsa ancora forte: Delta non è un remake rivoluzionario, ma è la celebrazione definitiva di un classico che merita di essere (ri)vissuto.