Assicurazioni private in Italia: tra nuove esigenze e leve regolatorie, il futuro delle polizze passa per educazione finanziaria, incertezza e modelli obbligatori ben disegnati
Negli ultimi anni, il mercato delle assicurazioni private in Italia ha mostrato segnali evidenti di trasformazione. Non si tratta soltanto di una risposta all’instabilità globale – sanitaria, climatica, geopolitica – ma di un’evoluzione che ha anche radici culturali. La scelta di assicurarsi, infatti, comincia a essere percepita come atto di responsabilità individuale e familiare, non più come un’opzione per pochi.
L’assicurazione malattia: un trend che precede il Covid
Uno dei settori in maggiore espansione è senza dubbio quello della sanità integrativa. Secondo i dati ANIA, nel 2023 il comparto della malattia e infortuni ha registrato un incremento dei premi pari al +8,2%, superando ampiamente il tasso di crescita del PIL nominale italiano, che nello stesso anno si è attestato attorno al 5% (Fonte: ANIA, Rapporto Annuale 2024). Questa dinamica non è un’eccezione post-pandemica: già nel decennio precedente, le polizze sanitarie avevano segnato una crescita media annua del 6-7%, a testimonianza di un bisogno crescente di integrare – o sostituire – il servizio pubblico, spesso in difficoltà.
A contribuire a questa tendenza è anche la maggiore consapevolezza dei cittadini rispetto alla fragilità del sistema sanitario nazionale, alle lunghe liste d’attesa e alla necessità di ricevere cure tempestive. Se nel 2012 appena il 10% degli italiani possedeva una copertura sanitaria privata, nel 2024 la percentuale ha superato il 20%, secondo l’ultima indagine Censis (Censis, 2024). Un raddoppio in poco più di un decennio.
Cultura assicurativa e educazione finanziaria: un legame stretto
Questo slittamento verso le assicurazioni private non è solo una reazione alle incertezze esterne, ma anche il risultato di un lento cambiamento culturale. L’Italia ha storicamente mostrato una scarsa propensione alla protezione assicurativa, al di fuori delle coperture obbligatorie come l’RC Auto. La situazione però sta cambiando, in parte grazie a un miglioramento – seppur ancora insufficiente – dei livelli di educazione finanziaria.
Il Rapporto Consob 2024 sulla financial literacy conferma che le persone con maggiore alfabetizzazione finanziaria tendono a proteggersi di più dai rischi futuri tramite strumenti assicurativi. Ma c’è un divario importante da colmare: solo il 30% degli italiani riesce a rispondere correttamente a domande base su inflazione, rischio e diversificazione degli investimenti (Fonte: Consob, 2024).
Dunque, per far crescere ulteriormente la domanda assicurativa, politiche educative mirate – sin dalle scuole – possono rappresentare una leva strategica. Così come le campagne istituzionali e aziendali volte a spiegare, con chiarezza, le funzioni delle polizze e i benefici di una tutela preventiva.
Il ruolo degli incentivi e dei modelli obbligatori
Accanto alla leva culturale, esistono strumenti più diretti, come modelli assicurativi obbligatori o semi-obbligatori, già sperimentati con successo in altri Paesi. Uno dei più discussi è quello relativo alla copertura per le catastrofi naturali sulle abitazioni private.
Dal 2024, in Italia, è scattato l’obbligo per le imprese di assicurarsi contro eventi catastrofali (alluvioni, terremoti, frane), come previsto dalla Legge di Bilancio 2023 (art. 1, comma 101, Legge n. 197/2022). Ma resta ancora volontaria la copertura per le famiglie e le abitazioni private.
In Francia, invece, il sistema CatNat obbliga tutti i proprietari a sottoscrivere una garanzia contro i disastri naturali all’interno delle polizze multirischio. In Giappone, esiste da anni un sistema pubblico-privato che obbliga a coprirsi contro i terremoti. Questi modelli dimostrano che è possibile strutturare obblighi assicurativi senza caricarli di una connotazione fiscale, facendo leva sulla logica della mutualità e prevenzione.
Assicurarsi non è una tassa
È fondamentale evitare che questi schemi vengano percepiti come una nuova imposta. L’assicurazione non è una tassa, ma uno strumento di protezione attiva, che consente al cittadino di gestire il rischio e, in ultima istanza, allo Stato di evitare interventi ex post molto più costosi e iniqui. In un Paese come l’Italia, dove il dissesto idrogeologico interessa il 93,9% dei comuni (dati ISPRA 2024), introdurre una copertura obbligatoria per le case non è solo una questione economica, ma di responsabilità collettiva.
Una sfida politica, ma necessaria
Introdurre schemi obbligatori per le abitazioni private rappresenta però una sfida politica complessa. Comporta un cambiamento culturale profondo, un impegno da parte delle compagnie a proporre polizze trasparenti ed efficaci, e un grande lavoro di comunicazione pubblica. Per questi motivi, è difficile immaginare che una riforma simile possa avvenire nella parte terminale di una legislatura. Ma ignorare il problema oggi significa ritrovarsi impreparati domani, come dimostrano le sempre più frequenti calamità naturali che colpiscono il nostro territorio.
L’aumento della domanda di assicurazioni in Italia è il frutto di un cambiamento che va accompagnato, accelerato e regolato. Tra educazione finanziaria, incentivi e modelli di copertura obbligatoria, è possibile costruire una nuova cultura della prevenzione, dove il rischio non è più un evento da subire, ma una variabile da gestire con strumenti accessibili, equi e sostenibili.