Uno studio dell’università di Tarragona ha misurato per la prima volta l’impatto dei ritardi ferroviari sul benessere emotivo. Scoprendo che…
Eugenio Spagnuolo
20 agosto – 17:07 – MILANO
Ritardi sistematici, incertezze sui tempi di percorrenza, l’ansia di arrivare tardi al lavoro. Chi prende il treno tutti i giorni lo sa bene: quello che dovrebbe essere un semplice tragitto casa-lavoro può trasformarsi in un calvario fatto di ritardi, incertezze e stress. Ora uno studio della Universitat Rovira i Virgili di Tarragona (Spagna) lo conferma: i pendolari abituali mostrano livelli significativamente più alti di ansia, depressione e malesseri fisici rispetto alla media della popolazione.
La ricerca, condotta su richiesta della piattaforma spagnola Dignitat a les vies, ha coinvolto 695 persone tra i 16 e gli 80 anni, un campione piccolo ma variegato per genere, situazione lavorativa e livello di istruzione. I ricercatori del Dipartimento di Psicologia hanno voluto capire quanto il malfunzionamento dei servizi ferroviari di prossimità incida sul benessere psicologico. La prima domanda era semplice: quante delle ultime cinque volte che avete preso il treno questo è arrivato in ritardo? L’80 per cento degli utenti ha risposto che il servizio è arrivato tardi più della metà delle volte e quasi la metà che era “sempre” in ritardo.
Per misurare le conseguenze psicologiche di questa situazione, lo studio ha analizzato 4 indicatori del malessere emotivo: ansia, depressione, ostilità e somatizzazioni, ossia quei disturbi fisici come mal di testa o problemi digestivi che spesso accompagnano lo stress. I risultati, pur non costituendo diagnosi cliniche, mostrano valori molto più elevati negli utenti del treno rispetto ai parametri della popolazione generale. E la differenza è ancora più marcata tra chi lo usa abitualmente.
In parole povere, mentre la popolazione generale presenta una media di 3,56 punti per i sintomi di ansia (su una scala da 0 a 20), gli utenti frequenti del treno salgono a 8,69 punti, quelli occasionali a 7,86. Per la depressione la media di riferimento è 5,32 punti, ma tutti gli utenti ferroviari superano quota 8. Ancora più netto l’incremento delle somatizzazioni: dai 4,26 punti di riferimento si balza a 8,38 nei pendolari abituali. “Si tratta di risultati preliminari che suggeriscono una relazione tra l’uso del treno e l’insorgenza di disagio emotivo” spiegano i ricercatori, i quali però avvertono che sarà necessario analizzare altri fattori per confermare il mal da treno. Ma i dati raccolti, per ora, sembrano duri da smentire.
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