Su suggerimento dei compagni che si occupano di sanità, pubblichiamo, dal “Quotidiano sanità”, questo intervento di Ivan Cavicchi, che, al di là delle ovvie differenze con il nostro modo di vedere la questione sanitaria (e non solo), offre spunti interessanti.
Gentile direttore,
ho letto l’intervista a Marina Sereni, la responsabile Salute del PD, che ha presentato in anteprima
a Quotidiano Sanità la bozza programmatica del PD per rilanciare il Servizio sanitario nazionale, e la
proposta allegata in calce “Per il diritto alla salute per la sanità pubblica: dalla mobilitazione alle
proposte”.
Prima di tutto mi ha colpito che, tutto ciò, almeno fino ad ora, sia passato praticamente sotto silenzio.
Nessuno ha commentato o obiettato. Neanche chi non è del PD. Penso che, a parte il conformismo dei
tanti savantes della sanità, alla maggior parte degli altri siano sfuggite le rovinose implicazioni politiche
che questa proposta comporta.
Essa, soprattutto per la sua innegabile arretratezza e miopia nei confronti, oltreché dei gravi problemi
della sanità nel nostro paese, soprattutto nei confronti del mondo come è oggi nel tempo di Trump. Per
la Schlein ciò potrebbe costituire un enorme rischio politico.
È del tutto evidente che la proposta è stata scritta per ragioni di tenuta interne al PD, ma è altrettanto
evidente che le ragioni interne del PD sono drammaticamente in contrasto con l’attualità dei problemi
del mondo. E questo non è bene né per il PD né per il Paese e neanche per la Schlein.
La proposta, purtroppo, è la conferma, tout court, di quello che penso e dico da tempo, anche su
questo giornale: il PD chiede al governo di rifinanziare la sanità, quindi di dare più soldi a questo
settore, ma usando strumentalmente la leva del rifinanziamento, per rifinanziare tutte le controriforme
neoliberiste fatte contro l’articolo 32 e contro l’istituzione del SSN.
Due grandi contraddizioni
Intanto chiariamo subito due contraddizioni che la proposta del PD salta a piedi pari: – Le possibilità di fare salute, come dice l’articolo 32 della Costituzione e come ripropone il PD oggi, sono vanificate principalmente dalle controriforme fatte proprio dal PD negli anni ’90, cioè dalla svolta neoliberista che queste controriforme hanno imposto al sistema pubblico. Neoliberismo e welfarismo, nella pratica, si sono rivelati ovviamente incompatibili. La privatizzazione della sanità e l’articolo 32 sono una contraddizione. Se il PD mantiene le sue controriforme è inutile parlare di articolo 32. – Le possibilità di rifinanziare la sanità pubblica oggi sono inficiate in partenza da una grande contraddizione: l’enorme peso degli incentivi fiscali usati dallo Stato per incentivare il mercato privato.
Oggi, nella situazione economica data, è praticamente impossibile rifinanziare la sanità come chiede il
PD, a causa del grande peso che ha il welfare fiscale, cioè l’insieme di politiche e interventi statali che
utilizzano il fisco per favorire la privatizzazione della sanità. Oggi, ripeto, nella situazione economica in
cui siamo, è impensabile per il bilancio spendere soldi sia per la sanità pubblica che per la sanità
privata. E con questo governo è impensabile fare una riforma fiscale e mettere patrimoniali per
accrescere i finanziamenti alla sanità.
Il PD non può continuare a chiedere soldi senza risolvere il problema di dove trovarli per davvero.
Una linea democristiana
La proposta del PD sulla sanità dovremmo definirla, come si direbbe a Roma, una linea gappy, cioè
una linea piena di buchi e di contraddizioni, cioè di gap, di scarti e di divari, e che quindi, nei confronti
dei problemi della gente, risulta sul piano pratico certamente inadeguata, inopportuna ma anche
disastrosa.
La linea gappy, ma anche, aggiungo io, soprattutto “democristiana”, significa che quello che è scritto
nella proposta del PD sulla sanità non è né vero né falso, ma è anche “sia vero che falso”, quindi che è
sia favorevole al privato che al pubblico, sia per i diritti ma anche per gli interessi.
Si tratta sostanzialmente di una linea opportunista e interclassista, per riprendere una vecchia
definizione, che sulla sanità tenta di accontentare tutti, ricchi e poveri, forti e deboli, e che ha lo scopo
di “acchiappare” il maggiore consenso elettorale possibile.
Ma si può essere gappy come si vuole, ma alla fine i conti con la realtà, per quella che è, bisogna farli.
La sanità che oggi il PD ripropone è ingiusta, iniqua, cinica, cioè semplicemente neoliberista, ma quel
che è peggio è che, proprio per questo, è una proposta “ammazza diritti”. E “ammazzare diritti”, per la
Schlein che – ricordo – è stata eletta per spostare il PD a sinistra, non è una contraddizione da poco.
Fottere quel grande comparto che, come sociologo, chiamerei degli “sfigati” e che una volta si
chiamava “classe subalterna”, non è proprio di sinistra. Per il PD si tratta di una enorme aporia che già
nelle premesse contraddice il suo scopo politico di spostare il PD a sinistra.
Esclusione competitiva e out of pocket
I diritti in sanità, come ho spiegato ripetutamente nei miei libri, in questi anni sono stati ammazzati in
tanti modi, sia sul versante della “salute” sia sul versante della “sanità”.
Sul primo versante è bastato trasformare il diritto fondamentale in un diritto potestativo, sul secondo è
bastato mettere in campo un meccanismo diabolico che da anni ho proposto di definire “esclusione
competitiva”.
Nella foresta, si ha “esclusione competitiva” quando due specie di sanità, una pubblica e una privata,
sono in competizione per spartirsi le risorse disponibili. In sanità l’esclusione competitiva uccide i diritti
quotidiani di cura della gente semplicemente mettendo la salute a mercato. Mettere in pista il mercato
significa mettere ai margini lo Stato e quindi colpire i diritti più elementari delle persone.
La contraddizione, che neanche il PD può negare, è che oggi abbiamo, a causa prima di tutto
dell’esclusione competitiva: – milioni di persone che rinunciano alle cure per ragioni di reddito; – milioni di persone, cioè famiglie, che per curarsi sono costrette all’out of pocket, cioè a pagarsi direttamente le cure.
Nella proposta del PD non c’è scritto come questa contraddizione si pensa di rimuoverla. Per cui viene
da chiedersi: a contraddizioni invarianti, ma come farà la Schlein, poveretta, a spostare il PD a sinistra?
Cioè ad essere “diversamente paracula”?
Un’antinomia innegabile
La linea del PD viene da lontano ed ha alle spalle una storia lunga di discussioni e di fallimenti. Ma il
PD, ripeto, per ragioni interne, i conti con questa storia non li vuole fare.
Vorrei ricordare: – la polemica tra coloro che nel secolo scorso sostenevano la possibilità di mettere insieme il liberalismo e il socialismo (Rosselli, Gobetti, Calogero e tanti altri, fino ad arrivare a Craxi, e quindi ad Amato e da ultimo a Bindi e a Renzi); – la “terza via” negli anni ’90, prima con Blair in Inghilterra e poi con Prodi in Italia, che è la stessa strategia che oggi, in pratica, ci ripropone il PD sulla sanità e che, come dimostrano i fatti appena citati, si è dimostrata fatale e fallimentare.
L’esperienza della sanità in questi anni ha dimostrato con chiarezza che, in un regime economico
finanziario dove comanda l’esclusione competitiva, trovare un equilibrio tra il pubblico/privato, tra i diritti
e gli interessi, è praticamente impossibile. La riforma sanitaria del ’78 questo equilibrio lo aveva trovato,
fissando le regole per ammettere una sanità ausiliaria e complementare, ma queste regole sono state
annullate, in particolare con la controriforma Bindi.
Nell’era di Trump, dei dazi e delle spese militari
Ma lasciamo da parte le esperienze tragiche di questi anni, veniamo all’oggi, quindi all’attualità.
Personalmente, pur comprendendo le esigenze e i problemi interni di tenuta del PD, io al PD ho solo
una domanda da rivolgergli: fino ad ora le cose sono andate come sono andate, ma oggi, nel tempo di
Trump, dei dazi, della crescita delle spese militari, in sintesi al tempo dei grandi problemi con i quali si
dovrà misurare la nostra economia, il PD sui temi della salute e della sanità cosa pensa di fare?
La domanda nasconde una preoccupazione: se oggi la proposta del PD è quella che abbiamo letto,
siccome oggi è cambiato il mondo, come dicono tutti, è possibile che una proposta scritta fuori dal
mondo, come è oggettivamente quella sulla sanità del PD, sia quanto meno inadeguata e financo
disastrosa.
I nuovi rischi
Per esempio, oggi è possibile che, con l’aggravarsi delle condizioni economiche nel nostro paese,
l’attacco ai diritti, al SSN, quindi i meccanismi di esclusione competitiva descritti, si accentuino,
accrescendo il processo di privatizzazione della sanità che è in atto.
Cioè è possibile che dal neoliberismo in sanità si passi facilmente al neomalthusianesimo, cioè a un
vero e proprio darwinismo sociale. Se tutto dipende principalmente dal reddito e sempre meno dai
diritti, è possibile che per milioni di persone, se il reddito prende il sopravvento sui diritti, cresca
l’abbandono sociale, accrescendo enormemente il numero di coloro che già sono fuori dalle cure.
Anche immaginando di spingere l’out of pocket verso le assicurazioni (come da anni propone la
Bocconi), resta sempre alto il numero di persone che resterebbero escluse dalle cure. Per cui si
sarebbe costretti a regredire alla carità pubblica, come è stato tanto tempo fa, prima della nascita del
SSN.
Naturalmente non ce lo auguriamo, ma la questione politica resta tutta. Siccome è innegabile che siamo nell’era di Trump e che la nostra economia sarà sempre più in difficoltà, ripeto la domanda: per la salute e per la sanità oggi il PD cosa intende fare?
Se i soldi che chiede il PD non ci sono
È del tutto evidente che i soldi che chiede il PD per rifinanziare le sue controriforme, in questa
situazione economica, oggi e domani oggettivamente non ci sono, a meno di rivedere radicalmente da
una parte l’attuale sistema fiscale e dall’altra riformare, in modo altrettanto radicale, la spesa storica
della sanità, eventualità però che, con un governo di destra, escluderei.
Se non sbaglio, io resto l’unico che ha proposto una quarta riforma.
L’idea che molti a sinistra, in modo a dir il vero molto populista, hanno teorizzato, cioè di togliere soldi
alla spesa militare per finanziare il welfare, oggi si è capovolta, nel senso che oggi è più probabile che il
governo di destra tolga soldi al welfare per rifinanziare la spesa militare.
Campo largo e strategia
Secondo me, nei confronti di questi problemi, la proposta sulla sanità del PD è revocata di fatto dal suo
essere fuori dalla realtà, il che vuol dire che alla sinistra, per uscire dalla difficile situazione in cui siamo,
non resta altro che fare i conti con la realtà, vincere le prossime elezioni politiche e, una volta
riconquistato il governo, definire una strategia adeguata ai tempi difficili che stiamo vivendo e voltare
pagina. Una strategia che la destra, per sua natura, non potrà mai avere, ma che il PD, come si vede
dalla sua proposta, non è in condizione di definire.
Per vincere le elezioni, ha ragione la Schlein, ci vuole un campo largo, ma sapendo però che non
basta mettere insieme in un “insieme”, direbbe Cantor, tante sinistre o tante quasi sinistre.
Per cui ci vuole una strategia nuova che ci metta in condizione di riproporre la sinistra al governo, ma
andando oltre, ben oltre, i suoi storici fallimenti.
Slogan e populismo
Arrivati al punto centrale del mio articolo, la relazione che, secondo me, esiste come innegabile tra
campo largo e strategia, è la questione principale per cui preferisco rinunciare a chiosare la proposta
sulla sanità del PD e arrivare al sodo.
Con un’unica eccezione che si spiega sempre con l’unica questione veramente politica che ho proposto
prima: cosa farebbe il PD sulla sanità non al tempo di Prodi ma al tempo di Trump?
Nel documento del PD si recuperano proprio sulla salute due slogan: – il primo, sul quale ho già detto come la penso, è One Health, questione che la riforma del ’78 aveva già affrontato con molta concretezza e che oggi il PD, dimentico, ma non solo lui (penso soprattutto ad Asiquas), prova a riproporre; – la seconda è Health in All Policies, che è stato il tormentone degli anni del dopo Prodi, quindi al tempo di Livia Turco.
Il rapporto negato dal PD tra economia e salute
Leggendo questo repechage tardivo, oggi nel tempo di Trump, io che ho vissuto il tempo della salute in
fabbrica, quella che non si negozia e che “non è una merce”, non ho potuto fare a meno di sorridere.
La cosa che il PD ha dimenticato o sembra ignorare è che oggi, con Trump, i rapporti tra economia e
salute – da sempre difficili – rischiano di diventare apertamente conflittuali. Con i dazi sul groppone
vedo difficile la convivenza tra economia e salute. La cosa non va sottovalutata. Ma, a causa delle
controriforme del PD, abbiamo affossato la possibilità di integrare programmazione economica e
programmazione sanitaria, quella prevista nell’articolo 3 della legge 833.
Se non si recupera l’art. 3, secondo me, è molto difficile – soprattutto al tempo dei dazi – che
l’economia si preoccupi della salute. Oggi mi permetto di dire al PD che, per dare le gambe allo slogan
Health in All Policies, che lui ripropone, quanto meno bisognerebbe ricostruire i rapporti previsti dalla
833 tra economia e salute, sui quali, tra l’altro, si fondava la possibilità di applicare l’articolo 32. Se non
ci sono rapporti tra economia e salute, nel tempo dei dazi, come si fa ad applicare quello che è rimasto – a dir il vero molto poco – dell’articolo 32?
Siamo nel tempo del “si salvi chi può”
Ricordo infine che oggi non solo Trump impone i dazi, ma è sempre Trump che è uscito dall’OMS,
rompendo ogni rapporto di solidarietà con il mondo. Penso infine che, nelle difficoltà economiche create dai dazi, è più probabile che il governo di destra scelga di definire misure di sostegno all’economia ma non alla salute, e meno che mai alla sanità. Sono certo che, con un’economia in difficoltà, sarà molto difficile ridurre le morti sul lavoro.
Ripescare Health in All Policies nel tempo nel quale la vita delle persone non vale più niente – come
dimostra lo sterminio di Gaza – fa sorridere, perché oggi, prima della salute, oggettivamente, come ho
scritto anche recentemente nel mio ultimo libro dedicato alla mia nipotina Livia, viene la vita. Ma oggi
mettere la vita prima della salute è un bel cambio di passo, e non solo per il PD.
Exit strategy
A un certo punto della proposta del PD si ammette che c’è una “crisi profonda” e si dice che serve una
“svolta”. È l’unica cosa, francamente, della proposta PD con la quale sono d’accordo. Ma purtroppo la
svolta che propone il PD, come ho dimostrato fino ad ora, non è una svolta.
Per avere la svolta bisognerebbe definire una exit strategy. Il mio ragionamento è semplice: per fare il
campo largo serve una exit strategy; per fare la exit strategy serve il campo largo. Entrambi devono
essere dedotti dalle contraddizioni enormi che sono oggi, nel tempo di Trump.
Negli anni ’90, per fare l’Ulivo si fece un campo largo. Che il PD pensi di rifare lo stesso campo largo
con lo stesso programma, nel tempo di Trump, a parte essere una follia, è semplicemente una boiata
pazzesca, che – insisto – alla Schlein potrebbe costare caro.
La exit strategy serve a superare, almeno in sanità, tutte le contraddizioni che oggi rendono praticamente impossibile fare un campo largo tra le forze progressiste.
Conclusione
Per quello che mi riguarda, questa exit strategy io l’ho scritta. Da tempo prevedevo, come sanno bene i
miei lettori, che prima o poi sarebbe arrivato il momento di averne una. Per cui invito tutti, ma in
particolare il PD, quindi Elly Schlein e Marina Sereni, a leggere questa proposta, anche perché, se non
mi sbaglio, non mi pare che ce ne siano altre.
Essa è spiegata bene in due fonti alle quali ovviamente rimando: – il mio ultimo libro “Articolo 32 un diritto dimezzato” (Castelvecchi, 2025); – il saggio in corso di stampa e che sarà pubblicato a giorni nel prossimo numero de “Le Ragioni del Socialismo”, dedicato specificatamente proprio al “campo largo” e alla “exit strategy”.
L’ultima domanda che faccio al PD è inevitabile: nell’interesse del Paese, il PD è disposto a rinunciare
alla sua proposta “paracula” per scrivere una exit strategy per mandare a casa le destre e per tornare al
governo? Propongo già da ora, alla ripresa autunnale, di riaprire il discorso della exit strategy, mettendomi naturalmente a disposizione del campo largo qualora si decidesse di farlo.
Ivan Cavicchi