di
Giuliana Ferraino

Trump: «Un grande affare per l’America e anche per Intel. I semiconduttori sono fondamentali per il futuro del nostro Paese». L’ingresso non prevede poteri di governance

Il governo americano diventa azionista di Intel, il gigante dei semiconduttori della Silicon Valley,con una partecipazione del 9,9%. L’operazione, annunciata venerdì da Donald Trump e confermata dall’azienda, prevede un investimento federale di 8,9 miliardi di dollari in azioni, finanziato con i fondi stanziati dal Chips and Science Act del 2022  non ancora erogati.

Il presidente Donald Trump ha confermato l’operazione in conferenza stampa, nello Studio Ovale, definendola «un grande affare per l’America e anche per Intel. I semiconduttori sono fondamentali per il futuro del nostro Paese».



















































È un passo che rompe con la tradizione del libero mercato americano, avvicinando la politica industriale di Washington a modelli di capitalismo di Stato. In passato il governo Usa era entrato nel capitale dei grandi gruppi automobilistici in difficoltà durante la grande crisi finanziaria. Ma oggi le circostanze sono diverse, sebbene il gruppo di micro chip sia in perdita e in ritardo rispetto a big del settore, come Nvidia e Amd.  

 L’accordo, negoziato con l’amministratore delegato Lip-Bu Tan, il manager che qualche giorno fa Trump voleva far dimettere per i suoi legami con la Cina, prevede che il Tesoro acquisti azioni a 20,47 dollari l’una, leggermente sotto la chiusura di venerdì a Wall Street, ma in linea con le quotazioni di inizio mese.

Un ingresso senza poteri di governance

Secondo quanto precisato dalla società, la partecipazione governativa sarà puramente passiva: nessun posto in consiglio di amministrazione né poteri speciali, e un impegno a votare con le indicazioni del board nelle assemblee degli azionisti. Intel ha sottolineato che «l’obiettivo è rafforzare la produzione americana di chip avanzati» e ha diffuso un comunicato con messaggi di sostegno da parte di partner industriali come Microsoft, Dell, HP e Amazon Web Services, che hanno già in corso progetti di produzione con Intel.  Softbank lunedì ha annunciato una partecipazione del 2%. 

I ritardi di Intel

Intel, un tempo dominatore incontrastato dei microprocessori, ha perso terreno nella corsa ai chip per l’intelligenza artificiale, a vantaggio di Nvidia e AMD. Nel 2024 il gruppo ha registrato una perdita operativa di 13 miliardi di dollari e nel primo semestre 2025 ha continuato a bruciare cassa. I ritardi nei cantieri, in particolare quello in Ohio, hanno messo a rischio la piena erogazione dei fondi previsti dall’accordo siglato con l’amministrazione Biden.

Trump ha più volte segnalato la necessità di riportare la produzione tecnologica in patria, dopo decenni di dipendenza da Taiwan e Corea del Sud. L’intervento richiama altre operazioni straordinarie della storia americana: il salvataggio di General Motors nel 2009, quando Washington arrivò a detenere circa il 60% del capitale. Ma la decisione di entrare nel capitale di Intel va oltre il concetto di bailout: rappresenta un investimento strategico in un settore vitale per la sicurezza nazionale e per la competizione tecnologica con Pechino.

La reazione in Borsa

La notizia è stata accolta positivamente da Wall Street: le azioni Intel hanno guadagnato il 5,5%. Anche altri titoli del settore hanno beneficiato della mossa, in un contesto in cui gli Stati Uniti rafforzano la linea dura sulla sovranità tecnologica e sull’uso dei fondi pubblici per garantire vantaggi competitivi rispetto alla Cina.

Trump, commentando su Truth Social, ha assicurato che «sarà il primo di molti accordi simili» e ha rivendicato l’operazione come parte della sua strategia di «riportare l’America a guidare la tecnologia dei semiconduttori».

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23 agosto 2025 ( modifica il 23 agosto 2025 | 01:07)