Venerdì Antonio Decaro, ex sindaco di Bari ed europarlamentare del Partito Democratico, ha pubblicato un post sui suoi canali social nel quale rimette fortemente in discussione una decisione che per molto tempo, fino a qualche settimana fa, era sembrata scontata: la sua candidatura a presidente della Puglia alle prossime elezioni regionali previste a novembre. Decaro ha governato per dieci anni il capoluogo regionale e alle europee del giugno 2024 aveva ottenuto nella circoscrizione Sud 498mila preferenze, risultando uno dei candidati più votati in assoluto in Italia: sembrava insomma tutto pronto per la sua candidatura a presidente. La vittoria del centrosinistra in Puglia viene peraltro considerata praticamente certa da tutti i politici locali e nazionali.

Negli ultimi mesi però è sorto un problema per Decaro: Michele Emiliano e Nichi Vendola, gli ultimi due presidenti pugliesi, hanno deciso di candidarsi al Consiglio regionale. Il primo si candida nelle liste del PD, il secondo in quelle di Alleanza Verdi e Sinistra. Sono le due persone che hanno guidato l’amministrazione della regione negli ultimi vent’anni e anche due personalità estremamente ingombranti. Decaro ritiene che in questo modo si troverebbe continuamente a doversi confrontare con Emiliano e Vendola, e teme che la cosa alla lunga diventi per lui logorante.

Per questo, interrompendo un lungo riserbo, Decaro ha scritto che «a Michele Emiliano e a Nichi Vendola mi legano stima e affetto sinceri, oltre che una storia comune di cui sono orgoglioso e che non rinnego», per poi aggiungere:

Ma io voglio essere un presidente libero, capace di assumermi fino in fondo la responsabilità delle scelte. Non voglio essere ostaggio delle decisioni di chi mi ha preceduto. La Puglia non ha bisogno di un presidente a metà.

Per Decaro con le candidature di Emiliano e Vendola verrebbe in una certa misura delegittimata la sua proposta di rinnovamento e discontinuità: avere all’interno della sua maggioranza Emiliano e Vendola, in posizioni così esposte, renderebbe difficile promuovere provvedimenti in contrasto con le precedenti gestioni. Dall’altro lato Decaro sa che sia Vendola sia Emiliano sono due abilissimi politici: una volta entrati in Consiglio regionale, verosimilmente con un numero considerevole di voti, potrebbero agilmente condizionare l’operato di un’eventuale maggioranza di centrosinistra, e forse perfino tenere sotto ricatto politico il nuovo presidente.

Michele Emiliano durante una riunione sull’ex Ilva di Taranto al ministero delle Imprese, il 31 luglio 2025 (Mauro Scrobogna/LaPresse)

Martedì scorso, per provare a dirimere almeno la questione tra Decaro ed Emiliano, la segretaria del PD Elly Schlein aveva inviato a Bari un suo fedelissimo consigliere, Igor Taruffi. Quest’ultimo ha organizzato una riunione coi due contendenti, che però non ha dato l’esito sperato: non c’è stato alcun compromesso soddisfacente. A Emiliano è stato proposto di non candidarsi in Consiglio con la promessa di un posto da assessore nella futura giunta, ma ha rifiutato.

Mercoledì Vendola ha dato un’intervista al Corriere della Sera per confermare la sua intenzione di candidarsi e per criticare le pretese di Decaro; venerdì, su Repubblica, Emiliano ha fatto grosso modo la stessa cosa. A quel punto Decaro ha deciso di fare una dichiarazione pubblica.

Non è chiaro cosa succederà adesso. Molti esponenti della parte moderata del PD considerano da tempo Decaro come il loro possibile leader, e come il più accreditato sfidante in un futuro congresso per la segreteria. Il fatto che Schlein non sia intervenuta in modo perentorio per risolvere la questione, imponendo a Emiliano un ripensamento, secondo alcuni dirigenti riformisti è legato alla volontà della segretaria di indebolire un suo eventuale futuro sfidante.

Nelle scorse settimana, peraltro, proprio su una delle questioni più problematiche della Puglia, cioè il futuro dell’ex Ilva di Taranto, Schlein aveva sostenuto la posizione di Emiliano, conciliante col governo Meloni e col ministro delle Imprese Adolfo Urso: cosa che ha consolidato l’insofferenza di Decaro.