Un moderno con ancora meno sconti è quello di Daneri a Ospedaletti. Daneri è un modernista di solida fede lecorbusieriana, ma non è un manierista: il suo Serpentone, il complesso Forte Quezzi a Genova, è il Plan Obus per Algeri che ha digerito l’Unité d’Habitation di Marsiglia, ha il respiro internazionale che ritroviamo anche a Rio de Janeiro nel Pedregulho di Affonso Reidy. Ecco che, una volta in riviera, i suoi insediamenti fanno più eco all’ “habitat pour le plus grand nombre” dei CIAM francesi postbellici, o quasi alle megastrutture di Paul Rudolph, che non alla Belle Epoque rivierasca o al vernacolo dei villaggi.

Il complesso denominato Capo Pino è di nuovo una cascata serrata e ritmata, stavolta in cemento a vista, ma le unità a terra sono duplex, la vista è la priorità senza compromessi, l’attenzione agli spazi di relazione è altissima, con una spiaggia dichiaratamente artificiale ma orientata e proporzionata, così come per il vicino Capo Nero, dove l’edificio è in linea (e torna il Serpentone), assemblaggio di blocchi in linea uniti da un corridoio in altezza (e torna l’Unité) in cui si susseguono grandi appartamenti tutti finestre a nastro, riuniti in un pattern dal tratto pittorico astratto delle tende da sole verdi.

Di nuovo, a dirigere il progetto qui non è il profitto che ha scempiato il circondario, quanto la qualità dell’esperienza, anche collettiva, ma soprattutto personale del rapporto con paesaggio, con il mare, con il tempo per sé.