Il destino del Servizio Sanitario Nazionale appeso a un filo tra manovra, liti politiche e riforme bloccate. Il ministro Schillaci sotto attacco.
Un autunno caldissimo si prospetta per la sanità italiana, con il ministro Orazio Schillaci sempre più isolato e indebolito. Le recenti polemiche sulla commissione vaccini, con l’ira della premier Meloni e gli attacchi interni alla maggioranza da parte di Lega e Fratelli d’Italia, rischiano di avere conseguenze pesantissime. Non si tratta solo di una poltrona che scotta, ma del destino di una serie di partite fondamentali per la salute dei cittadini. Un eventuale “commissariamento” del ministro, come paventato da alcuni, potrebbe far deragliare dossier di importanza capitale, dalla gestione delle liste d’attesa negli ospedali all’attuazione del Pnrr sanitario. Il timore concreto è che l’instabilità politica possa paralizzare ogni tentativo di riforma, lasciando irrisolti i problemi che affliggono il nostro Servizio Sanitario Nazionale. Ogni mossa falsa potrebbe rivelarsi fatale, non solo per la carriera del ministro “tecnico”, ma per l’intera architettura della sanità pubblica.
Cosa prevede lo scudo penale per i medici?
Da settimane si attende il via libera a una misura considerata dirimente per la categoria medica: lo scudo penale. La norma, attesa nel primo Consiglio dei Ministri post-pausa estiva, dovrebbe rendere strutturale la non punibilità per morte o lesioni in caso di colpa lieve, lasciando impregiudicate le cause civili per il risarcimento del danno. L’obiettivo è duplice: da un lato, frenare l’emorragia di camici bianchi dagli ospedali, spesso terrorizzati dal rischio di finire sotto processo, e dall’altro, arginare il fenomeno della medicina difensiva.
Quest’ultima, che si traduce in un’eccessiva prescrizione di esami e terapie per timore di contenziosi legali, ha un costo stimato per lo Stato di ben 10 miliardi di euro l’anno. Nonostante le pressioni del ministro Schillaci, il percorso della norma non è stato semplice, incontrando le perplessità del Ministro della Giustizia Nordio e vivendo qualche attrito tra i due dicasteri. Sebbene le divergenze sembrino superate, l’incognita sul suo approdo definitivo in Consiglio dei Ministri rimane.
Quanti fondi servono per la prossima manovra?
La grande emergenza del Servizio Sanitario Nazionale è la drammatica carenza di personale. Mancano medici, soprattutto nei pronto soccorso, e infermieri, sia negli ospedali che sul territorio. Le condizioni di lavoro, tra stipendi poco attrattivi e stress insostenibile, spingono molti a fuggire dal pubblico impiego, lasciando deserti i concorsi. Per questo, il ministro Schillaci punta a ottenere nella prossima manovra di bilancio una dote aggiuntiva di almeno due miliardi per il Fondo Sanitario Nazionale.
Queste risorse, qualora il Ministro dell’Economia Giorgetti confermasse l’impegno, sarebbero destinate in via prioritaria a un piano di assunzioni e alla creazione di incentivi e percorsi di carriera più allettanti. Già l’anno scorso si era tentato di inserire un maxi piano da 30mila ingressi in tre anni, poi rinviato per mancanza di fondi. Oltre al personale, una parte delle risorse andrà a potenziare la prevenzione, dagli screening ai vaccini, con l’obiettivo di portare la quota di spesa dedicata dal 5% attuale ad almeno il 7% nel medio-lungo periodo.
Come si sta affrontando l’emergenza liste d’attesa?
La battaglia contro le interminabili liste d’attesa rappresenta forse la sfida più sentita dai cittadini. Nonostante il piano nazionale sia in vigore da un anno, i risultati finora sono stati deludenti, con poche Regioni che hanno realmente attivato misure come visite nel weekend o l’integrazione delle agende pubblico-privato nei CUP. Ora, però, il Ministero della Salute ha a disposizione due nuovi strumenti. È da poco operativa la nuova Piattaforma nazionale che monitora in tempo reale le performance dei singoli ospedali, permettendo di individuare le criticità.
Inoltre, è stato pubblicato il decreto che introduce i poteri sostitutivi dello Stato. Questa misura, fortemente osteggiata dalle Regioni, consente a Roma di intervenire direttamente, quasi con un commissariamento, qualora un’amministrazione locale si dimostri inadempiente. Con questi strumenti, il governo spera finalmente di poter governare un fenomeno che costringe ogni anno 4 milioni di italiani a rinunciare alle cure.
Qual è il futuro della sanità territoriale del Pnrr?
Entro giugno 2026, grazie ai 2 miliardi stanziati dal Pnrr, dovrebbero vedere la luce oltre mille Case di Comunità. Queste strutture, concepite come il fulcro della nuova sanità territoriale, dovrebbero funzionare come maxi-ambulatori aperti a orario continuato, dove i cittadini possono trovare medici di famiglia, specialisti, infermieri e strumentazione diagnostica di primo livello. Sebbene la Corte dei Conti abbia certificato l’avvio dei cantieri per 1.168 strutture, il vero rebus riguarda il loro funzionamento.
Il rischio, estremamente concreto, è che tra meno di un anno ci si ritrovi con delle “scatole vuote”. Già oggi, come evidenziato in Lombardia, molte delle Case di Comunità esistenti soffrono di una ridotta operatività a causa della carenza di personale e di orari di apertura limitati. Il nodo principale resta il coinvolgimento dei medici di famiglia, il cui inserimento in queste strutture fatica a decollare a causa di una riforma che non vede mai la luce.
Perché la riforma dei medici di famiglia è bloccata?
Da anni si discute di una riforma della medicina generale, ma ogni tentativo si è finora arenato. L’obiettivo del ministro Schillaci era superare la figura del medico isolato nel proprio studio, integrandolo nel nuovo sistema della sanità territoriale. Le Regioni avevano proposto un modello a “doppio canale”, che consentisse ai medici di famiglia di scegliere tra il mantenimento della convenzione da libero professionista (con l’obbligo di dedicare alcune ore alle Case di Comunità) e un nuovo status da dipendente del Servizio Sanitario.
Questa ipotesi, tuttavia, sembra essere naufragata, anche per i timori di impopolarità in vista delle imminenti elezioni regionali. Il rischio che tutto si concluda con un nulla di fatto è sempre più alto, specialmente se il ministro non avrà la forza politica necessaria per imporre un cambiamento non gradito alla categoria. L’ultima spiaggia potrebbe essere l’introduzione di un vincolo orario settimanale da svolgere nelle strutture territoriali, da definire nella prossima convenzione di categoria.
Come cambieranno gli ospedali italiani?
Nei cassetti del Ministero della Salute giace un progetto di mini-riforma del Servizio Sanitario Nazionale che parte dalla rete ospedaliera. L’idea è quella di creare una “spina dorsale” di poli d’eccellenza su tutto il territorio nazionale, Sud compreso. Questi “ospedali nazionali di riferimento” di terzo livello otterrebbero uno status speciale, con fondi diretti da Roma e maggiore autonomia su assunzioni e acquisto di tecnologie all’avanguardia.
Questo permetterebbe loro di non dipendere esclusivamente dalle Regioni, spesso vincolate da rigidi piani di rientro, e di competere ad armi pari con i grandi hub del Nord. Lo scopo è garantire cure di altissimo livello in specialità complesse come la cardiochirurgia o l’oncologia pediatrica, riducendo la migrazione sanitaria. In questo disegno di legge delega potrebbe essere inserito anche un nuovo pacchetto di norme sui medici di famiglia, ma la partita rimane del tutto aperta.
Cosa si prevede per la spesa farmaceutica?
Un altro fronte caldo è quello del governo della spesa farmaceutica, che ha raggiunto la cifra record di 24 miliardi di euro. Il ministro Schillaci intende alzare nella prossima legge di bilancio il tetto di spesa di almeno lo 0,5%, il che, unito all’aumento del Fondo Sanitario, potrebbe tradursi in circa 1,5 miliardi in più per i farmaci.
Sebbene questo difficilmente basterà a evitare lo sforamento, l’effetto payback sulle aziende farmaceutiche potrebbe essere meno pesante. Il meccanismo del payback, che obbliga le imprese a ripianare metà dello sforamento del tetto per i farmaci ospedalieri, è da tempo nel mirino perché considerato insostenibile. Su iniziativa del sottosegretario Marcello Gemmato, è in arrivo un testo unico sui farmaci che, oltre a riordinare la normativa, dovrebbe mettere mano a questo sistema, con l’obiettivo di superarlo gradualmente nel medio-lungo periodo.