Non sta andando come previsto, nel Veneto orientale, l’introduzione del nuovo numero per le emergenze “116-117”, previsto da una riforma europea e che si sta declinando ora nei vari territori del Veneto: è già partito nella Ulss 3 Serenissima dal 23 luglio. Il numero unico europeo per l’accesso alle cure mediche non urgenti e ad altri servizi territoriali che, di fatto, sostituisce il servizio di continuità assistenziale (l’ex guardia medica).
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Da quando a fine luglio è arrivata la notizia della novità, che avrebbe dovuto prendere il via a settembre nella Ulss 4, la guardia medica di San Donà (che ha sedi a Jesolo e Cavallino) ha registrato dimissioni di massa (16 su 18), e a cascata anche in altri ospedali del territorio, dove vengono pescati i medici che devono coprire i buchi creatisi a San Donà, alcuni medici di continuità assistenziale stanno iniziando a dare le dimissioni. Ma perché? «Avremmo più carico di lavoro, per gli stessi soldi, e per offrire un servizio peggiore» sintetizzano alcuni dimissionari.
La riforma del numero 116 117
Di fatto la riforma prevede un centralino composto da “laici” (personale non medico) che con l’aiuto di sistemi informatici, protocolli e intelligenza artificiale reindirizzerà le richieste (trasformate dal centralinista in “ticket”) a medici di base e guardia medica. Ma i medici di base si sono opposti, quindi questi arriveranno soprattutto ai servizi di continuità assistenziale, che mentre oggi coprono soprattutto gli orari in cui i medici di base non lavorano (la sera e la notte), si troverebbero a dover gestire richieste raccolte lungo tutta la giornata. E, secondo chi si dimette, senza possibilità di programmare le visite, dato che dal centralino arriveranno già dei “ticket”, delle richieste con tempi e modi definiti. Quindi, per poter visitare e curare i pazienti in maniera dignitosa, finendo molto oltre l’orario di lavoro previsto, per lo stesso stipendio di oggi.
Organico carente da San Donà a Portogruaro
Non è però il “numero unico”, che è già in vigore dal 23 luglio nell’Ulss 3 con problematiche simili, ad aver dato il la alle dimissioni collettive. C’è anche un nuovo modello organizzativo, presentato alla fine di luglio e congelato dopo le rimostranze del territorio, che prevederebbe di istituire prestazioni “on demand” (insomma col medico che si trasferisce in auto apposta per la visita) chiudendo alcune sedi. Già oggi la situazione è di pesante carenza di organico. «Ci troveremmo nell’impossibilità di gestire i pazienti, perciò abbiamo dato questo segnale» spiega uno dei dimissionari.
L’Ulss 4, contattata per un commento e per sapere come stesse affrontando la situazione, risponde «non è stato rilevato alcun problema di dimissioni collettive per quanto riguarda la continuità assistenziale». Nonostante risulti che più dimissioni si siano concentrate nello stesso luogo negli stessi giorni. «Si è rilevata la preoccupazione di alcuni medici della continuità assistenziale relativamente al nuovo numero/servizio» con i quali ci saranno incontri, già avviati, per illustrare loro tutte le novità. Dall’Ulss 4 ricordano che si tratta un servizio che non riguarda solo questo territorio ma che verrà ampliato ovunque, trattandosi del numero unico europeo.
Non si tratta della prima volta che la regione Veneto incontra difficoltà nell’introduzione di nuovi numeri unici richiesti da riforme europee: anche il numero unico per le emergenze (112), annunciato con avvio entro il 2023, non è ancora attivo.