COURCHEVEL (Francia) – C’era curiosità. Il piano tanto a lungo sbandierato dalla Visma-Lease a Bike prometteva una battaglia senza quartiere nella tappa regina di questa edizione. Con 5.642 metri di dislivello, c’erano tutto il tempo e il terreno per sferrare un vero attacco a Pogacar. Già da qualche giorno, la maglia gialla correva con insolita cautela. Se Vingegaard fosse riuscito a portargli via una manciata del suo vantaggio, la tappa di domani avrebbe avuto un’attesa stellare e l’interesse attorno al Tour sarebbe stata superiore.
La Visma ha preso in mano la corsa a metà della Madeleine. Vingegaard ha provato poi un solo scatto
La Visma ha preso in mano la corsa a metà della Madeleine. Vingegaard ha provato poi un solo scatto
Il piano della Visma
In realtà non è successo nulla di tutto questo. Gli olandesi hanno tentato un affondo a metà della Madeleine, ma lo scatto di Vingegaard non ha costretto Pogacar neppure ad alzarsi sui pedali. Ci aspettavamo che lo doppiasse e poi facesse il terzo. Invece Jonas si è rimesso seduto con il suo passo. Se quello era il suo modo di mettere a rischio il secondo posto pur di vincere, forse domani farà bene a tenersi stretto il piazzamento.
Nel fondovalle, il gruppo della maglia gialla è andato così piano da far rientrare gli staccati. E quando si sono ritrovati sulla salita di Courchevel, gli unici segni di vita si sono segnalati nel tratto più alto. Prima con il secondo scatto di giornata da parte di Vingegaard, poi con il giusto ceffone da parte di Pogacar.
«Sono super felice e orgoglioso di come abbiamo corso oggi», dice la maglia gialla, cui riferiscono che Vingegaard lo avrebbe visto tirato dopo l’arrivo. «Il Tour non è ancora finito – prosegue – mancano ancora tre giorni. Proverò a fare del mio meglio domani, dopodomani e poi a Parigi per mantenere il mio vantaggio sino alla fine. Era tutto sotto controllo, siamo andati benissimo. La Visma ha provato il tutto per tutto sulla Madeleine, ma sono arrivato senza problemi. Il Col de la Loze è difficile a prescindere dagli avversari, ma ho avuto un grande supporto dalla squadra. Alla fine non c’è stato troppo stress, speriamo di avere la stessa situazione domani perché probabilmente ci proveranno ancora».
Sul podio Pogacar è parso contento come dopo una vittoria: una tappa in meno verso Parigi
Sul podio Pogacar è parso contento come dopo una vittoria: una tappa in meno verso Parigi
Un leader diverso
C’è qualcosa di nuovo in questo Pogacar. Che sia stanco o non abbia più tanta voglia di stupire, di colpo il cannibale giallo si è trasformato in un leader vecchio stampo e si è messo a regalare tappe in giro. Ieri a Valence ha risposto per le rime a Thomas Voeckler che in diretta televisiva aveva accusato la sua squadra di correre in modo arrogante. Tadej ha preso la parola e ha spiegato che un conto è essere arroganti e un altro correre per vincere la maglia gialla. Poi ha invitato il cittì della nazionale francese a darsi una regolata, scusandosi con ironia se l’invito fosse suonato… arrogante.
Si sono fatti i paragoni con Indurain e il suo modo signorile di gestire il comando. Non si è considerato che sua maestà Miguel crebbe come gregario di Delgado e vide in che modo i vecchi capitani gestivano la corsa. E quando a sua volta arrivò a vincere il Tour, aveva già trent’anni e un’esperienza da campione navigato. Pogacar a 21 anni era già sul podio della Vuelta e a 22 ha vinto il primo Tour: da chi poteva prendere esempio se non da se stesso? Con l’impeto dei vent’anni, non c’è stato un solo giorno in cui non abbia voluto vincere. Invece le sue parole sul Ventoux, quando si è quasi commosso assistendo alla telefonata a casa di Paret Peintre che aveva appena vinto, fanno capire che probabilmente anche lui sta diventando grande. Che a 27 anni ha capito che il gruppo è composto da persone e non solo da avversari. Anche se questo probabilmente rischia di rendere il suo Tour meno elettrizzante.
Quando ha capito che Vingegaard aveva finito la spinta, Pogacar è scattato guadagnando altri 9 secondi
Quando ha capito che Vingegaard aveva finito la spinta, Pogacar è scattato guadagnando altri 9 secondi
Stanco e infastidito da tutti
Gli chiedono: qualcuno una volta ha detto che si affronta il Tour de France con tanta voglia di vincere e poi, a un certo punto della corsa, verso la terza settimana, non si vede l’ora che finisca. E’ così che ti senti ora?
«Esatto, è il classico momento – risponde – in cui mi chiedo perché sia ancora qui. Queste tre settimane sono davvero lunghe. E allora mi metto a contare i chilometri fino a Parigi e non vedo l’ora che finisca tutto. Posso fare anche altre belle cose nella mia vita, ma cerco di godermi il più possibile ogni giorno in bici, anche se è dura. I tifosi aiutano, quindi è comunque bello pedalare anche nella terza settimana, quando sei stanco e infastidito da tutti quelli che ti circondano e vorresti solo tornare a casa. Così alla fine, quando affronti queste grandi salite e la gente ti incoraggia e ti dà una motivazione in più, ti rendi conto che non è poi così male essere qui. Soprattutto se hai buone gambe, che rende tutto piuttosto bello».
O’Connor si è sbarazzato per ultimo di Einer Rubio e ha conquistato il Col de la Loze
L’attacco di O’Connor è iniziato nel piano dopo la Madeleine: via con Rubio e Jorgenson
O’Connor si è sbarazzato per ultimo di Einer Rubio e ha conquistato il Col de la Loze
L’attacco di O’Connor è iniziato nel piano dopo la Madeleine: via con Rubio e Jorgenson
Il talento di O’Connor
La tappa l’ha vinta Ben O’Connor, che sorride come un bambino, dopo un inizio di stagione in cui non è mai riuscito ad andare come voleva e un inizio di Tour non proprio esaltante. Per essere stato secondo alla Vuelta e poi anche ai mondiali dello scorso anno, lui per primo si aspettava di più passando alla Jayco-AlUla.
«Il Tour è una gara piuttosto crudele – dice – nei primi due giorni mi sono ritrovato a terra un paio di volte, ma non per colpa mia. A Copenaghen tre anni fa, la stessa cosa. Per contro nel 2021 ho vinto e sono arrivato quarto in classifica. Quello che ho fatto oggi significa molto. Sono orgoglioso di me stesso e della squadra. Nella discesa della Madeleine ho avuto una piccola discussione con Matthew Hayman sull’ammiraglia. Volevo capire cosa fare, come avrei potuto vincere. Non avevo niente da perdere e sapevo che per vincere sarei dovuto partire dal fondovalle, possibilmente con Matteo Jorgenson che di quelli davanti era il più forte. Alla fine è andata così.
«Per me vincere così, a fine Tour – conclude – è stato lo scenario perfetto. Siamo arrivati in fondo alla discesa e avevamo già bruciato quasi 5.000 calorie. E’ un’enormità e mancava ancora un’ora. Era una di quelle situazioni in cui so di essere bravo. Si trattava di gestire lo sforzo, anche quando ti sbarazzi del tuo compagno di fuga. Devi essere sicuro che attaccare sia la mossa giusta. Sono rimasto a lungo da solo, mi è capitato altre volte nella mia carriera, quindi penso di avere un buon talento nel capire quando attaccare e quando no. E sono tanto sollevato di esserci riuscito oggi e di aver dato la vittoria alla Jayco-AlUla».
Pogacar si congratula. Gli dice che hanno fatto una grande corsa e ribadisce di non aver corso per la vittoria quando la Visma si è messa ad attaccarlo. Gli sarebbe piaciuto vincere, annota, ma ha preferito difendere la maglia gialla. Forse però questo passo in più nel lungo viaggio verso Parigi si può ritenere a buon diritto una vittoria.