di
Paolo Condò
In serie A la difesa domina: 9 scudetti vinti negli ultimi 10 anni. In Europa, invece, vince chi segna di più. Questa differenza di mentalità spiega perché l’Italia fatichi in Champions e con la Nazionale. Nella stagione al via, Napoli favorito ma attenzione a Milan e Juventus
Il campionato riparte oggi con un disegno di trama comune e molto preciso: il ritorno. Tornano dopo un anno di pausa (Allegri e Sarri) o di distanza (Pioli) tre allenatori che vantano scudetti e coppe nel curriculum, tornano vecchi campioni che pensavamo anagraficamente perduti (Dzeko, Immobile, Bernardeschi che in realtà di anni ne ha soltanto 31, magari più in là rivedremo anche Insigne), tornano le grandi star, dal Pallone d’oro 2018 Modric a De Bruyne che avrebbe meritato analogo premio, ma il tono crepuscolare di cotante acquisizioni è innegabile.
Persino le neopromosse, generalmente sbarazzine, per salvarsi corteggiano figure di età ragguardevole: il Pisa ha preso Cuadrado, il Sassuolo tratta Matic. C’è una coerenza di fondo in queste operazioni, ed è un ecosistema basato sull’esperienza più che sulla freschezza. Banalmente, si viaggia a un ritmo inferiore rispetto agli altri campionati, il che permette agli assi stagionati di far valere il loro magistero.
Sarebbe tutto perfetto, e potremmo disporci a un altro campionato conteso e quindi appassionante — come probabilmente sarà — se la serie A fosse un’isola: ma la finale di Champions, il raggelante 5-0 del Psg all’Inter, ha confermato che il mondo sta andando da tutt’altra parte. Lo fa con denari che noi non abbiamo, perché dal Paris al Chelsea, dal Liverpool al City e al Real ci sono in giro club che spendono quanto un pil, investendo su giovani forti che corrono e pressano come dannati.
E questo lussuoso materiale umano viene educato al ritmo folle e all’atteggiamento aggressivo: l’incipit del Psg a Monaco, quella palla sparata fuori all’altezza della difesa interista per metterla subito sotto pressione, ha spalancato un mondo. Il Chelsea lo ha rifatto proprio al Psg nella finale iridata dei club, e ha vinto la partita.
Un luogo comune assolutamente vero è che a calcio si possa vincere in molti modi. Lo ripetiamo di continuo, ma la frase che segue è invariabilmente «anche con una difesa bassa e attenta». Fateci caso, in Italia non aggiungiamo mai «un attacco munito e coraggioso». Il sacro graal dell’equilibrio viene sempre declinato col freno a mano tirato. Perché le difese vincono i campionati? Certo, in serie A va così: negli ultimi 10 anni la miglior difesa ha vinto 9 scudetti, il miglior attacco soltanto 3.
Ma se usciamo dal nostro recinto si scopre che in Germania difesa e attacco sono 8-8, in Inghilterra prevalgono gli attacchi 7-5, in Spagna 6-4, in Francia 9-5. Al di là delle Alpi è chi segna più gol a vincere gli scudetti. E siccome dei cinque grandi campionati europei il nostro è quello che da più tempo non alza la Champions (2010), e la Nazionale manca i Mondiali dal 2014 — tocchiamo ferro per il prossimo — qualche domanda su questa asserita superiorità filosofica delle difese sarebbe il caso di porsela.
In partenza della nuova stagione, la speranza è che il nostro calcio impari finalmente a fare sistema, rendendosi conto che il tavolino su cui poggia è a tre gambe (campionato, coppe, Nazionali) e che la crescita sia possibile solo sviluppandole assieme. Dal punto di vista tecnico, quasi tutti cercano ancora un centravanti.
Al fixing attuale De Bruyne vale la pole al Napoli, l’Inter non ha ancora aggiunto un titolare e dunque insegue, il Milan con una gara alla settimana lotterà per il titolo, la Juve definirà il suo destino a seconda di chi riuscirà a sbarcare (e sostituire), la pressione che Gasperini ha messo alle strutture romaniste è fortissima, vedremo quanto sostenibile. La Fiorentina davanti non era così forte dai tempi di Batistuta, il Bologna ha venduto per il secondo anno i pezzi migliori, Juric a Bergamo deve aggiungere almeno 20 gol al suo storico di difensivista, Sarri è il migliore a lavorare senza mercato e Zapata rientra in un Torino rinfrescato. Fra chi poi ragiona in stile europeo — per obiettivo, organico, gioco — il Como occupa l’altra pole. Inter e Roma a fine maggio pensarono di sfilargli Fabregas, e vennero respinte. Può voler dire che le sorprese non sono finite.
23 agosto 2025 ( modifica il 23 agosto 2025 | 08:39)
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