Una paziente subisce un intervento chirurgico invasivo e parzialmente demolitivo a seguito di un’errata diagnosi di tumore al seno, causata dallo scambio di provette di reperti bioptici. La Corte d’Appello aveva condannato l’ASL al risarcimento, ma la sentenza è stata annullata per un vizio processuale: il decesso dell’unico difensore dell’azienda sanitaria aveva comportato l’automatica interruzione del giudizio (Cassazione civile, sez. III, 04/11/2024, n.28257).
Lo scambio delle provette e la vicenda giudiziaria
La Corte d’Appello dell’Aquila ha accolto la domanda risarcitoria proposta dalla paziente nei confronti della ASL per le conseguenze pregiudizievoli causatele dall’errata diagnosi di tumore al seno, dovuta ad uno scambio di provette di reperti bioptici, a seguito della quale era stata sottoposta ad un inutile intervento chirurgico invasivo e parzialmente demolitivo, liquidando, previo rinnovo della CTU medico-legale, la maggior somma di €54.467,70, oltre accessori, a titolo di danno biologico, ferme quelle di €4.672,50 e di €13.346,81, già liquidate dal primo Giudice.
Rigettata, invece, la domanda risarcitoria proposta dai prossimi congiunti conviventi della donna (il marito e le due figlie), sul rilievo della mancata prova del danno da loro asseritamente subìto, condannandoli a rimborsare alla ASL le spese del grado concernenti il relativo rapporto processuale.
Il ricorso in Cassazione
La ASL propone ricorso per Cassazione lamentando che la sentenza di appello sarebbe intervenuta nelle more del termine per il deposito della memoria di replica ex art. 190 c.p.c., e che fosse intervenuto il decesso dell’unico difensore dell’azienda sanitaria e, quindi, il giudizio dovesse ritenersi automaticamente interrotto.
In sostanza, l’ASL sostiene che nel giudizio d’appello, all’esito del rinnovo della CTU medico-legale, della conseguente chiusura dell’istruttoria e dell’udienza di precisazione delle conclusioni mediante “trattazione scritta” (celebratasi il 28 aprile 2020), la Corte territoriale, con ordinanza notificata l’8 maggio 2020, aveva concesso il termine di giorni 20 per il deposito delle comparse conclusionali e di ulteriori giorni 20 per il deposito delle memorie di replica.
Dopo il deposito delle comparse conclusionali, in pendenza del termine per il deposito delle memorie di replica, era sopravvenuto, in data 30 maggio 2020, l’improvviso decesso dell’Avvocato difensore della ASL, la quale non aveva quindi potuto provvedere al tempestivo deposito della memoria di replica. Quindi la sentenza della Corte di appello, depositata il 23 novembre 2020, dovrebbe ritenersi nulla, per non aver tenuto conto del principio secondo cui la morte dell’unico difensore della parte costituita determina automaticamente l’interruzione del processo, a prescindere dalla conoscenza o meno di tale evento in capo alle altre parti, con conseguente preclusione di ogni attività processuale e nullità di quella eventualmente compiuta.
L’interruzione del processo per morte dell’unico difensore
La doglianza è fondata. Costituisce ius receptum il principio secondo il quale la morte dell’unico difensore della parte costituita, che intervenga nel corso del giudizio, determina automaticamente l’interruzione del processo, anche se il Giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, e preclude ogni ulteriore attività processuale, con la conseguente nullità degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata.
La circostanza che il decesso dell’unico difensore dell’Azienda Sanitaria Locale sia avvenuto in pendenza del termine per il deposito della memoria di replica toglie rilievo alla questione se la parte colpita dal detto evento (ed interessata a far valere la nullità della sentenza deliberata nonostante il mancato deposito di tale atto processuale) debba dimostrare o meno di avere subito un “pregiudizio effettivo” in conseguenza di esso.
Il vizio processuale
La questione in parola non ha ragione di porsi quando il vizio processuale incide, limitandola o escludendola, sulla stessa possibilità della parte di depositare gli atti difensivi conclusivi (comparse conclusionali o memorie di replica), poiché in tal caso l’effettività del pregiudizio è data dalla stessa lesione di un interesse costituzionalmente tutelato e, precisamente, dall’impedimento frapposto alla possibilità di svolgere con completezza il diritto di difesa. Invero, la violazione del principio del contraddittorio, al quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all’atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo (SU 25/11/2021, n. 36596).
Pertanto, gli Ermellini cassano la sentenza impugnata in relazione con rinvio alla Corte d’Appello dell’Aquila in diversa composizione, la quale rinnoverà il giudizio d’appello avverso la sentenza del locale Tribunale pronunciata tra le parti. Sono utilizzabili e soggetti al libero apprezzamento del Giudice gli atti istruttori assunti prima del verificarsi del vizio che ha determinato la nullità della sentenza cassata, ivi compresa la CTU medico-legale.
Avv. Emanuela Foligno
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