Seicentonovanta miglia dal luogo del soccorso, 450 dal punto in cui adesso si trova la nave di Mediterranea, che ha la Sicilia e i suoi porti a un passo, una manciata di ore, e invece deve viaggiare per altri tre giorni prima di attraccare. Insiste il Viminale. Nonostante i report medici che attestano le precarie condizioni dei dieci ragazzi tirati letteralmente fuori dall’acqua nella notte fra mercoledì e giovedì, per il ministero dell’Interno non esiste luogo che possa accoglierli più vicino di Genova.
“Inumano e inaccettabile”
“È inumano e inaccettabile”, afferma il capomissione Beppe Caccia “che dieci persone siano esposte a inutili ulteriori sofferenze”. Sulla carta, la prassi dell’assegnazione di porti lontani, che ha accompagnato con la sua scorta di circolari l’entrata in vigore del decreto Piantedosi che impone un salvataggio unico pena multe e fermi, sarebbe legata alla necessità di non congestionare gli scali siciliani e in generale del Sud. Ma a bordo di Mediterranea ci sono dieci ragazzini, fra cui tre che a stento possono essere definiti adolescenti, che tre giorni fa sono stati lanciati in mare dai due uomini che li avevano costretti a salire a bordo di un motoscafo militare, minacciandoli anche con le pistole.
Scaraventati nel buio del mare
Sono in salvo solo perché dalla nave ong avevano già calato i rhib e i team di soccorso, nonostante il buio pesto, sono riusciti a individuarli tutti e portarli in salvo. C’erano onde alte un metro e mezzo quella notte, oggi si arriva a due. E per chi lì in mezzo, meno di due giorni fa, ha seriamente pensato di morire è trauma nel trauma. Perché anche se Mediterranea è grande e sicura, il mare si fa sentire, prende allo stomaco, alla gola, ricorda i momenti in cui sembrava una tomba. Pochissimi dei sopravvissuti questa mattina sono usciti dagli shelter in cui vengono ospitati, i pochi che lo hanno fatto, sono raggomitolati sul ponte avvolti nelle coperte.
La guardia costiera salita a bordo ieri controlla i report sui migranti
“Un passato di torture e violenze”
“Per quello che hanno vissuto in mare e a cui noi abbiamo assistito, sono tutti da considerarsi vulnerabili per il trauma che hanno vissuto secondo le linee guida stabilite peraltro dal ministero dell’Interno”, spiega la responsabile del team medico-sanitario, la dottoressa Vanessa Guidi. “Dalle visite emerge un passato di torture, violenze fisiche e psicologiche, che impongono una presa in carico a terra il più rapidamente possibile, anche perché presentano quadri evolutivi chiari”. Traduzione? “Si sta mettendo a rischio la vita e la salute fisica e psicologica, presente e futura, delle persone”.
“Dovete andare a Genova”
Della stessa opinione è il Cirm, centro internazionale radio medico, che è stato consultato su indicazione del Mrcc di Roma, il centro di coordinamento e soccorso responsabile delle operazioni di soccorso in mare nelle acque italiane. Con una comunicazione inviata ieri a tutte le autorità competenti ha sottolineato la necessità di far sbarcare le persone a bordo il prima possibile. Un’ulteriore verifica è stata fatta dai medici dell’Usmaf, accompagnati a bordo da una motovedetta della Guardia Costiera all’altezza di Lampedusa e andati via senza pronunciarsi dopo un breve colloquio con i medici e un’occhiata ai certificati. Quale sia l’esito della loro valutazione non è dato sapere, a quasi ventiquattro ore da loro non è arrivata alcuna comunicazione formale. Solo Mrcc si è manifestata in piena notte per ribadire: “Dovete andare a Genova”.
La guardia costiera mentre si approccia alla Mediterranea per i controlli
Sbarco entro le 200 miglia nautiche
In realtà, la nave Mediterranea tecnicamente neanche potrebbe. Un certificato del Rina, ente internazionale che si occupa della classificazione navale, prevede che lo sbarco delle persone soccorse debba avvenire entro 200 miglia nautiche dal luogo dell’operazione di salvataggio in mare. “Ma non è questo il punto cruciale – spiegano da bordo – La questione è che non ha senso infliggere ulteriori, inutili sofferenze a persone già in grave stato di stress psicofisico che potrebbero facilmente toccare terra nel giro di poche ore. Devono sbarcare ora”.